Insegnanti dal Sud I torinesi di Fabio Albanese e Mariateresa Martinengo, La Stampa 2.8.2014 Per il prossimo anno scolastico le scuole della provincia attendono un esodo di massa di docenti dalle regioni del Sud. La recentissima pubblicazione delle graduatorie, soprattutto per quel che riguarda le elementari e le medie, l’aggiornamento triennale ha portato ai primi posti quasi tutti docenti del Meridione, Sicilia e Calabria soprattutto ma anche Campania e Puglia, che hanno approfittato della «finestra» di quest’anno per dire basta alle attese senza speranza nelle graduatorie delle proprie città, lunghe e con scarsa disponibilità di cattedre, per tentare la fortuna all’altro capo della Penisola. Il fenomeno non riguarda solo Torino ma buona parte delle città del Nord dove una maggiore disponibilità di cattedre e i punteggi dei docenti precari locali che non sono quasi mai molto alti, hanno invogliato migliaia di precari meridionali. Per dire, per trovare il primo nato a Torino nella graduatoria di Francese bisogna arrivare al 23° posto, al quindicesimo in quella di Italiano, al decimo in quella di Educazione artistica, al settimo in quelle di Tedesco e di Educazione musicale, al quarto per la Matematica. Prima di loro, tanti docenti con luogo di nascita a Catania (moltissimi), Messina (molti), Reggio Calabria, Palermo, Ragusa, Agrigento, e poi Cosenza, Sassari, Catanzaro, Napoli, Lecce, Brindisi. «Ce lo aspettavamo ma non in questo modo. Nella primaria - rivela Teresa Olivieri, segretaria Cisl scuola - su 105 in graduatoria, 101 vengono dal Sud, è un dato eclatante. Nel francese, chi era primo lo scorso anno ora è 47° e non so se nei prossimi 3 anni avrà il ruolo. È una guerra tra poveri». Questo nuovo «fenomeno migratorio» della disperazione trova base nella grave mancanza di lavoro al Sud che, nel mondo della scuola, si trasforma in precariato storico di docenti con decine di anni di insegnamento sulle spalle (e relativi corposi punteggi) e una mancanza di cattedre progressivamente maggiore che, di anno in anno, toglie loro la possibilità di raggiungere il tanto agognato «ruolo», la cattedra di diritto, il ruolo, il posto fisso. «Dopo 15 anni di servizio - dice Cristina, marito e un figlio, una catanese pronta a trasferirsi - dovevo fare una scelta. A 49 anni non posso più permettermi di aspettare oltre. La Sicilia resta nel cuore ma mio figlio deve crescere lontano da qui». Anche Maria, tre lauree e sei abilitazioni, tra un mese si trasferirà dalla Sicilia: «Non è stata una decisione a cuor leggero, sfido chiunque a chiudere casa, salutare la famiglia e andare dall’altro lato dell’Italia. Ma cosa dobbiamo fare se ogni anno da noi c’è sempre più il rischio di non avere nemmeno una supplenza? Mi hanno detto “Statevene a casa invece di rubarci i posti”, non è bello sentirsi dire certe cose». Ma perchè proprio quest’anno se è vero che, al precedente aggiornamento delle graduatorie, tre anni fa, nulla del genere era accaduto? Una spiegazione la offrono gli stessi precari in trasferta: nel 2011 la scuola scontava un vecchio provvedimento del Miur che imponeva, a chi si trasferiva da una provincia all’altra, di restare per 5 anni nel nuovo incarico. La norma sostituiva quella, in vigore da molto tempo, che consente di chiedere trasferimento dopo un anno, se ci sono i requisiti (avvicinamento al coniuge, figli piccoli, genitori bisognosi di assistenza, per esempio). Alcuni ricorsi al Tar hanno fatto decadere la norma dei 5 anni e si è tornati a quella precedente. E chissà quanti dei prof in arrivo a Torino per il prossimo settembre saranno in cattedra qui nell’anno scolastico successivo. |