L’esercito di supplenti Ore cruciali per la riforma della scuola. Il mistero resta quelle delle coperture. Specie se dovesse essere confermato il progetto di 100 mila assunzioni per colmare i posti vacanti. Lorenzo Vendemiale, La Stampa 28.8.2914
ROMA
Difficile quantificare con precisione questo tipo di incarichi. Nelle
graduatorie d’istituto che li assegnano sono iscritti quasi mezzo
milione di insegnanti. E circa 140mila sono coinvolti, in una
maniera o nell’altra, nel sistema delle supplenze. Senza di loro la
scuola italiana non funzionerebbe: per arrivare all’ organico di
fatto, necessario allo svolgimento dell’anno scolastico nel
2014/2015, il Ministero ricorrerà per esempio a 27.700 precari
(senza considerare quelli già compresi all’interno degli organici di
diritto).
Gli incarichi più ambiti sono quelli che durano 12 mesi: di fatto
cattedre in piena regola, che potrebbero essere assegnate in pianta
stabile e invece vengono rinnovate in maniera sistematica. A questa
situazione hanno portato una serie di problematiche. La mancata
sostituzione dei pensionati ha aperto migliaia di posti vacanti,
nonostante la legge non prevedesse per la scuola alcun blocco del
turnover. Colpa di ritardi nei concorsi, dei tagli, e di una
programmazione confusa. Poi ci sono le posizioni rese disponibili
dalle aspettative per impegni amministrativi, di studio o personali;
dai distaccamenti sindacali e associativi (dal primo settembre
verranno dimezzati dal dl Madia), e da esoneri vari. Ogni anno per
sopperire a queste assenze vengono chiamati in servizio circa 42mila
insegnanti. Supplenti solo dal punto di vista contrattuale, non del
lavoro svolto.
Poi c’è la selva delle supplenze brevi. Sono quelle che si rendono
necessarie per emergenze, quasi tutte riconducibili a motivi di
salute: malattie, operazioni e convalescenze, maternità. Impossibile
tenerne il conto, allo Stato costano circa 600 milioni l’anno. Fino
a 10 giorni vengono coperte con i docenti di ruolo già a
disposizione (in casi estremi addirittura accorpando le classi), a
quel punto scatta la chiamata esterna. la supplenza, insomma, è inevitabile. E rappresenta un problema per le scuole: non a caso in tutte le segreterie c’è un amministrativo che si occupa praticamente solo di questo.
Non è facile trovare un sostituto. Bisogna innanzitutto rivolgersi
alle graduatorie (e interpretarle correttamente: il ricorso è dietro
l’angolo). Poi si attiva la procedura di chiamata, che è chiara ma
non rapidissima: una volta contattato, il docente in posizione utile
ha 24 ore per rispondere. Può non farlo, non essere disponibile o
esserlo solo parzialmente: in quest’ultimo caso c’è da verificare la
possibilità di incastrare le ore di supplenza richieste con gli
incarichi già svolti in altri istituti. Se la risposta è negativa,
si deve procedere ad una seconda chiamata, a volte anche ad una
terza. Per questo per i presidi la supplenza rappresenta un
grattacapo non da poco. Qui si inserisce il progetto del governo Renzi. Anche dal Ministero sottolineano che sarà impossibile eliminare completamente le supplenze, come invece ha dichiarato Stefania Giannini. Il sistema però verrà certamente rivisitato: l’assunzione (in forma parziale) dovrebbe interessare i docenti che già attualmente svolgono le supplenze annuali. L’altra novità dovrebbe essere quella degli organici funzionali: contingenti supplementari di insegnanti precari, assegnati a reti di scuole con incarico triennale, per far fronte ad ogni evenienza. In totale si prevede un’informata di 100mila nuovi docenti di ruolo. Inutile dire che entrambe le misure avranno un costo. Quello della stabilizzazione è stimato in circa 550milioni. I soldi che già vengono spesi per retribuire i supplenti (circa 600 milioni) potrebbero essere reinvestiti negli organici funzionali (su cui però il Ministero dell’Economia ha sempre opposto resistenza in passato). C’è da definire la platea dei beneficiari del provvedimento, l’estensione dei nuovi organici e a quali ipotesi di incarico ricondurli. Ma la trattativa è ancora lunga.
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