Sponsor privati e merito, stop ai supplenti precari:
ecco la riforma della scuola
Allo studio nuove forme per finanziare il
riassetto del sistema. Nel disegno di legge del governo è prevista
una revisione delle scuole professionali e un nuovo rapporto tra
cultura e istruzione. Possibile detassazione delle iscrizioni negli
istituti privati
di Concita De Gregorio, la Repubblica
scuola
26.8.2014
RIMINI - L'ingresso dei
capitali privati nella scuola pubblica: un'esigenza fin qui bloccata
da "pregiudizi ideologici". L'abolizione del precariato, anzi la
"cura definitiva della piaga del precariato" calcificato da decenni
di alchimie burocratiche. Eliminare il ricorso alle supplenze,
"agente patogeno del sistema scolastico, batterio da estirpare".
Rivedere il rapporto tra istruzione professionale e lavoro secondo
il modello tedesco "che funziona bene da trent'anni". Valutare gli
insegnanti per il merito e non solo per l'anzianità: introdurre
anche scatti di reddito ma sulla base di una progressione della loro
attività professionale. Finanziare la formazione, dunque, poi
valutarla e "premiare chi fa, penalizzare chi non fa il suo dovere".
Riunificare cultura e istruzione "per evitare che chi studia
restauro finisca in un call centre", creare scuole di
specializzazione collegate a enti culturali sul modello francese.
Modificare i programmi: potenziare lo studio di storia dell'arte,
musica. Dare un'effettiva libertà di scelta educativa "che nel
nostro paese non è mai stata davvero garantita": sul rapporto con le
scuole paritarie evitare le trappole ideologiche, non fermarsi al
tema dei soldi, guardare alla bontà dell'offerta formativa.
Concentrarsi sulle scuole medie inferiori "che hanno davvero bisogno
di cura".
Stefania Giannini, ministro
dell'Istruzione Università e Ricerca, ha scelto la platea del
Meeting di Cielle, a Rimini - platea naturalmente molto interessata
al tema del sostegno alle scuole private di matrice cattolica - per
dare qualche prima indicazione su quella che chiama una
"rivisitazione rivoluzionaria delle regole del gioco". Non una
riforma, una rivoluzione. La presenterà ai ministri venerdì, «Renzi
ha annunciato una sorpresa e non sono qui per rovinarla». Però fra i
corridoi dello stand del Meeting dove Vittadini la accoglie
entusiasta e la presenta come «la prima vera erede di Berlinguer»
(pazienza per Moratti Fioroni e Gelmini, a loro tempo pure osannati
a queste latitudini) Stefania Giannini racconta di quanto «lavoro
silenzioso» ci sia dietro questo testo, «che guarda ai prossimi
trent'anni e non ai prossimi tre, una visione dei bisogni della
scuola e della sua “infrastruttura umana”, dieci milioni di studenti
e le loro famiglie, il corpo docente, parliamo dei due terzi del
Paese». Cita due volte Don Milani, una Renzo Piano a proposito di
«periferie fertili», una don Giussani sul «rischio educativo»:
«Ecco, è anche questo il rischio che voglio correre. Mettersi in
gioco, mettersi alla prova davvero», dice. È un progetto diviso in
quattro parti. Governo della scuola, personale docente, contenuti
didattici, autonomia degli istituti. Questo è quel che Giannini ha
anticipato, per capitoli e con le sue parole.
SCUOLA PUBBLICA/SCUOLA PRIVATA
«Noi dobbiamo offrire un progetto educativo complessivo. Pensare una
scuola che sia organizzata dallo Stato o dall'iniziativa privata. La
libertà di scelta educativa nel nostro paese non è mai stata
garantita. La legge Berlinguer del 2000 non è stata applicata. Il
finanziamento alle paritarie è sempre stato preteso, concesso,
negato, negoziato. Dobbiamo uscire dalla logica che ci siano gli
amici delle famiglie contro gli amici dello Stato. L'uno affonda
senza le altre e viceversa. Il rapporto con le paritarie si risolve
insieme senza pregiudizi ideologici, che pesano più dei soldi». Del
tema si occupa il sottosegretario Toccafondi, ciellino proveniente
dal Pdl poi Udc, che ha presentato la sua proposta al ministro. Una
delle ipotesi è intervenire non su finanziamento diretto ma sulla
detassazione.
PRECARIATO
«È frutto di decenni di scelte miopi. Abbiamo un corpo docente
frammentato, un lavoro che non si chiama lavoro. Gae, Sgis, Tfa,
concorsone. Una selva di figure professionali in cui chi è di ruolo
finisce per essere contro chi ha vinto il concorso e chi ha vinto in
concorso contro chi è in graduatoria. Quello delle supplenze è
l'agente patogeno del sistema scolastico, un batterio che dobbiamo
eliminare. In Italia non abbiamo tutti i docenti che ci servono a
far funzionare la scuola. Mancano docenti. Il ricorso ai supplenti
fa male a tutti: agli insegnanti agli studenti, alla scuola. Abbiamo
bisogno di figure stabili, di ricondurre tutto a un sistema
unitario. Faremo in modo di lavorare sulla pianta organica di fatto,
non su quella di diritto. Una riforma funzionale che guarda alle
esigenze reali e non a quelle sulla carta». Potrebbero essere
riviste se non abolite le graduatorie provinciali d'istituto, circa
400 mila persone. Una parte dei precari dovrà essere stabilizzata.
Ci sarà entro l'anno prossimo un nuovo concorso. Non ci saranno
tagli per finanziare le spese. Su questo Giannini è stata
categorica: «L'idea di tagliare a destra per spostare a sinistra
appartiene a una vecchia logica. Servono soldi, è vero, ma non li
sottrarremo ad altri comparti della scuola. Abbiamo studiato
meccanismi di finanziamento molto innovativi». L'idea degli sponsor
è una ipotesi. «Bisogna uscire dallo stereotipo che il mercato è
nemico della scuola».
MERITO
«Faremo una proposta molto articolata e consistente per
l'aggiornamento e la formazione degli insegnanti. Ci saranno criteri
di valutazione. Sarà premiata l'attività positiva, anche con aumenti
di stipendio, e penalizzato chi non fa il suo dovere. Non possiamo
più attenerci solo a un criterio di anzianità. Sono certa che
nessuno avrà timore di essere valutato nel merito».
SCUOLE PROFESSIONALI
«In Italia 4 milioni e mezzo di ragazzi non studiano né lavorano.
Dobbiamo recuperarli. Trovare la via italiana al sistema duale, in
Germania funziona da trent'anni. Mettere in pratica l'alternanza
scuola-lavoro a partire dalle esigenze, dalle richieste. Penso a
stage professionali negli ultimi anni di media superiore, penso
all'investimento delle imprese private nella scuola pubblica. È un
tabù, ma una realtà in gran parte del mondo. Faccio anzi un appello
agli imprenditori, anche medi e piccoli, perché intervengano nel
finanziare, ad esempio, i laboratori. Abbiamo bisogno di strutture
moderne, non di luoghi di antiquariato. I ragazzi devono uscire in
grado di lavorare. Il capitale privato è benvenuto».
CULTURA VS ISTRUZIONE
«La divisione fra cultura e istruzione, a partire dalla spartizione
di competenze fra ministeri e di conseguenza figure, autorità,
poltrone è figlia di una cattiva gestione politica ma in un paese
come il nostro, che ha dato al mondo il Rinascimento, deve
scomparire. Penso all'esempio francese delle scuole di
specializzazione che immettono nelle reti culturali giovani pronti
per entrare al lavoro nei luoghi in cui si sono formati. Lo fa il
Louvre, perché non possono farlo gli Uffizi, Pompei? Abbiamo bisogno
di intervenire sui programmi scolastici. Potenziare la storia
dell'arte. Introdurre la musica fin dalla scuola primaria, siamo il
Paese di Verdi e Puccini. Non possiamo consentire che chi studia
restauro finisca in un call centre. Col ministro Franceschini
abbiamo un protocollo d'intesa».
SCUOLA SUPERIORE
«Portare a quattro anni il ciclo delle medie superiori per
equiparare l'età di congedo scolastico a quella di molti altri paesi
non può essere il frutto di un calcolo da spendig review», dice
Giannini. Per concludere: «Ci vorrà molto tempo per mettere a regime
la nostra proposta, ma non dobbiamo guardare ai prossimi mesi.
L'orizzonte è quello dei prossimi trent'anni. Chi nasce oggi va a
scuola nel 2018 ed esce nel 2038. La scuola che cambiamo adesso
arriverà a destinazione allora».