Scuola e TFA. Solita estate “calda” sul fronte scuola. Intervista al Dirigente del MIUR di David Busato, Corriere Nazionale 11.8.2014 Roma. Consueta estate calda per il mondo scolastico. Anche quest’anno ci sono diversi spunti su cui riflettere: PAS, Graduatorie ad esaurimento, TFA e molto altro. Ma cosa c’è dietro a quello che solitamente compare cioè il Ministro dell’Istruzione? Un lavoro di squadra immane, a volte farraginoso, ma comunque fondamentale per mandare avanti quella macchina chiamata Istruzione. Marco Bruschi detto Max, ex consigliere dell’ex Ministro Gelmini, in questa intervista descrive cosa c’è dietro le quinte, concentrandosi specie sul fronte TFA secondo ciclo, che proprio in questi giorni sta dando i primi responsi con inevitabile coda di polemiche e minacce più o meno concrete di ricorsi di massa.
1) Ispettore. Bruschi, prima di tutto, da quanto tempo lavora con il ministero? Sono entrato la prima volta a viale Trastevere l’8 maggio 2008, assieme all’allora neo Ministro Mariastella Gelmini. In precedenza, mi ero occupato di normativa scolastica dall’altro lato della “barricata” Stato/Regioni, collaborando con uno degli autori della Legge Moratti, il compianto Marino Bassi, all’epoca direttore generale vicario dell’assessorato all’istruzione, formazione e lavoro della Lombardia. Nel 2008, ero anche consigliere provinciale d’opposizione a Milano per Forza Italia, e dunque preferii non ricoprire ruoli amministrativi, ma solo una posizione da consigliere del Ministro. Quando cessò il mandato politico, decisi di occuparmi solo di amministrazione scolastica, ottenendo un incarico da dirigente al personale e poco dopo da ispettore presso l’USR Lombardia. In forza di un incarico (gratuito) rinnovato dai vari capi dipartimento che si sono via via succeduti, due giorni alla settimana sono a Roma, presso l’amministrazione centrale. A occuparmi, come dice un mio carissimo collaboratore, di “chirurgia normativa eroica”.
2) Lei é diventato “noto“ quando era ministro la Gelmini. Le capita di ripercorrere quella esperienza? Cosa può dirci?
Sempre… alle volte, vorrei riportare le lancette indietro, perché con
le capacità che ho acquisito in questi anni, probabilmente potrei
fare molto di più… Anche rispetto alle “persone”. Ne ho conosciute
alcune, anche recentemente, che all’epoca sarebbero state
preziosissime e che fanno onore all’amministrazione. Parliamoci
chiaro: quando cambia ministro, c’è un duplice pregiudizio: di chi è
all’interno e guarda con sospetto alle figure di staff; e di chi, da
fuori, non si fida dell’amministrazione. Il problema è spesso dato
dal “legal devide” (non saprei come altro chiamarlo) tra i due
livelli, dallo “scarto” anche linguistico… Da un lato, gli “intrusi”
sono accusati di muoversi come elefanti in una cristalleria; gli
interni come vecchi elefanti da abbattere… la mia fortuna è stata il
parlare la stessa “langue”, anche se la “parole”, per dirla con i
linguisti, era magari diversa, dell’amministrazione. Ed è
probabilmente questo l’unico motivo per il quale ho cambiato ruolo
ma, unico esterno di quell’epoca, sono “sopravvissuto”.
3) Con la Gelmini è stato istituito il TFA. Cosa può commentare, in attesa che inizino i corsi del II ciclo? Mi sembra un buon regolamento, rispetto agli scopi che si era prefissato, che erano quelli di condurre una severa selezione e di “asciugare” il percorso SSIS concentrando la formazione sugli aspetti “pratici”. Intervenni quando alcune scelte erano già state prese (in particolare, si era optato per l’anno aggiuntivo di TFA, e non per lauree abilitanti, ma su questo torneremo dopo). Purtroppo, in Italia abbiamo due vizi: il primo è di non dare continuità agli atti amministrativi. Se adottassimo questo principio, sacro in tutti i paesi civili, oggi saremmo al IV ciclo di TFA… oltre ad aver avuto, in 13 anni, 4 concorsi a cattedra anziché solo uno… Il che non significa, per i ministri, non poter “cambiare”: ma avere l’accortezza di mantenere il “vecchio” in attesa di attuare il nuovo. Invece, al di là delle decisioni politiche, alla burocrazia cadono le penne dalle mani. E si generano ritardi inconcepibili, a danno degli interessati e della stessa amministrazione, costretta a rincorrere. Secondo vizio, il confondere le norme (che magari manco si sono lette: alcuni commenti al TFA lo mostrano chiaramente) con la loro errata applicazione o con comportamenti umani che, con le norme, non hanno nulla a che vedere. E’ un atteggiamento che offusca la capacità di giudizio e ci fa vivere nell’illusione della “palingenesi” del riformare. Aggiungo: forse si continua a “riformare” proprio per non attuare e verificare. Se proprio dovessi intervenire sul TFA (discorso sulle lauree magistrali a parte), agirei sul fronte delle borse di studio, attualmente non previste, e soprattutto condurrei il monitoraggio previsto dalla norma ma rimasto inattuato.
4) Durante il ministero Gelmini ci furono feroci polemiche sui tagli… Nessun ministro taglia volentieri il proprio bilancio. Ma, e questa è una regola aurea per qualunque governo di qualunque schieramento, si deve cercare di fare il meglio che si può con quello che si ha. E quello che si ha, lo dispone il Parlamento. Prendo ad esempio i nuovi ordinamenti della secondaria. Se avessi dovuto progettare i licei senza “tagli”, l’unica modifica sarebbe stata portare il biennio a 27 ore sino a 30 ore, lasciando alle istituzioni scolastiche la possibilità di decidere del loro utilizzo sulle materie fondamentali, in modo da poter rafforzare le competenze di base. E, sono sincero, mi sarei messo ben più di traverso rispetto a una riforma dei professionali che non mi piaceva allora e ancora meno oggi. Quando qualcuno provò a impormi, sventolando l’Europa, il “biennio unico” anche ai licei, lo feci accomodare alla porta… Ma il ministro volle che il lavoro fosse svolto in continuità col precedente governo, e dunque tecnici e soprattutto professionali “soffrono” (ma, ovviamente, si possono avere opinioni diverse) di una matrice, come dire, “berlingueriana”. Il paradosso di quella riforma e di quel periodo, è che nessuna delle ipotesi precedenti (a “zero tagli”), a partire da Luigi Berlinguer, prevedeva quadri orari superiori… perché al fondo tutti riconoscevano che i percorsi Brocca o “superBrocca” (sino a 38 ore), con spezzettamento in 15, 19 discipline erano inefficaci per la didattica. Aggiungo che, a percorsi NON riformati, non si sarebbe potuto procedere alle assunzioni su tutti i posti vacanti e disponibili, perché tutto ciò che andava oltre i vecchi quadri orari gentiliani era considerato (ed in effetti era) una “sperimentazione”… Insomma, una riforma ben condotta poteva aprire le porte a una diversa gestione del personale, con un abbattimento drastico del precariato “patologico”, non dovuto alle supplenze, ma alla mancata assunzione su posti che sono, a tutti gli effetti, disponibili e vacanti. Nessuno ricorda che alla Gelmini e alle pressioni esercitate segnatamente da un sindacato, la CISL, si deve un piano triennale di assunzioni, pienamente e tempestivamente attivato sotto il suo dicastero: terminato il quale, a un parto con la messa definitiva a ordinamento dei nuovi cicli scolastici, si sarebbe potuto procedere a regolarizzare le assunzioni sul 100% dei posti vacanti e disponibili.
5) Dopo la Gelmini si sono succeduti diversi ministri. Come sta la scuola? Non ho un ruolo politico, e dunque mi astengo da qualsiasi commento sui successori del Ministro Gelmini. La scuola non sta né peggio né meglio, se badiamo a ciò che ci dovrebbe premere, e cioè alla qualità dei giovani che formiamo: una qualità che dipende soprattutto (a volte mi viene da dire solo…) dalla qualità degli insegnanti. Se leggo le linee di azione presentate al parlamento dal ministro Giannini, e lo dico da “tecnico”, mi ci ritrovo in pieno. I due nodi del sistema sono stati centrati: valutazione e gestione del personale, punto quest’ultimo da affrontare non solo in termini di quantità, ma di qualità. Continuo a ripeterlo: non è che 100.000 posti in più migliorano la qualità della scuola… sicuramente, migliorano la qualità della vita di quelle centomila persone, o di quelle duecentomila. Il che non è poco in termini sociali, ma c’entra relativamente con la “mission” dell’istruzione. Se vogliamo incidere davvero, dobbiamo far sì che qualsiasi sia il numero delle immissioni, lo standard degli assunti sia all’altezza. Tra tutti coloro che si sono lamentati (inutilmente: perché la legge è inequivocabile, e inequivocabile è la Costituzione) per il trasferimento in massa di aspiranti da una regione all’altra, nessuno ha sottolineato che le scuole ove saranno assunti potranno far sì che l’anno di prova non sia una barzelletta, ma selezioni il buon insegnante dall’insegnante che buono non è, a prescindere da dove sia arrivato e con quale percorso. E’, e lo dico da ispettore, l’ultimo sbarramento che le magistrature considerino valido, perché dopo l’anno di prova difficilmente un docente, per quanto incapace sia (e ce ne sono, come ce ne sono di entusiasmanti), può essere licenziato.
6) Tfa secondo ciclo. In questi giorni stanno uscendo i risultati con conseguenti polemiche. Cosa può commentare?
Sulle prove di accesso ci sono stati alcuni errori che NON ci dovevano
essere. Molti meno della volta scorsa, ma, davvero, a volte
sconcertanti. Detto questo, si è scatenato un “assalto” che, a torto
o a ragione, ha cercato la replica degli incredibili abbuoni del I
ciclo. Ora, la commissione ha fatto il suo lavoro, rivedendo ciò che
ha ritenuto opportuno rivedere. Per me la partita si chiude qui: ho
comunicato, come altri, le mie valutazioni sulle varie
contestazioni, ma non è compito mio sindacarne la conclusioni. Devo
invece dire che quest’anno le prove erano decisamente meglio
calibrate, non c’è stato l’eccesso di nozionismo, a volte con punte
di sadismo, che ha reso difficilissime alcune tra le prove del I
ciclo: anzi, e parlo delle classi di concorso di lettere, forse c’è
stato qualche eccesso in senso opposto. Casomai, inviterei a
un’altra riflessione, più ampia, sull’offerta formativa dei nostri
atenei, sui livelli in uscita e sui tipi di apprendimento che si
raggiungono oggi, in media, al termine di una magistrale. L’aver
consentito di “abbuonare” la parte istituzionale di molti dei vecchi
esami ha drasticamente abbattuto il set di conoscenze dei nostri
laureati; e a volte, leggendo i programmi dei corsi, noto la netta
predominanza della manualistica sulla lettura diretta dei testi.
7) Che indicazioni può dare sulla seconda prova scritta del TFA? D’ora in poi, la “palla” passa alle università, nei limiti di quanto disposto dal regolamento e dai decreti attuativi. E ogni ateneo è sovrano per quanto concerne la tipologia delle prove e i loro “contenuti”. Se potessi dare un suggerimento, direi di concentrarsi, per quanto possibile, sulla capacità di applicare i “ferri del mestiere” delle varie discipline e sul possesso dei relativi fondamenti epistemologici. Oltre che, ovviamente, sulla correttezza dell’espressione scritta. Ora, per poter emanare i bandi, gli atenei dovranno aspettare ancora un po’, diciamo la “conclusione” dell’offerta formativa (AFAM compresa) e comunque il decreto direttoriale di indicazione degli ammessi agli scritti. Nulla vieterebbe, e lo consiglio caldamente, agli atenei di anticipare i contenuti e i programmi delle prove…
8) Il ministro Giannini ha parlato di laurea abilitante, che ne pensa? Nulla in contrario, anzi, era una delle ipotesi sul tavolo, poi scartata. Ma con alcune avvertenze. Primo, sino a che non entreranno in vigore, occorre non sospendere i percorsi di abilitazione attuali; secondo, lasciare in pace SFP che, da oramai tre lustri, funziona alla perfezione; terzo, progettare delle lauree magistrali significa “mettere la mordacchia” agli Atenei che fanno un uso spregiudicato della propria autonomia, e fissare in maniera ferrea gli ordinamenti didattici e i livelli in uscita attesi; quarto, ricordarsi che il TFA potrebbe e forse dovrebbe comunque essere utilmente mantenuto come “secondo canale”, e ciò per tre ragioni: occorre dare una possibilità a tutti coloro i quali una laurea ce l’hanno già; occorre prevedere che non tutti i “settori” si prestano ad avere lauree specifiche per l’insegnamento (pensiamo a medicina, a giurisprudenza, a ingegneria); occorre dare una possibilità anche a chi matura una vocazione “tardiva”. |