Registratori, telefonini, fotografie e fotocopie
per tutelarsi contro le falsità
dei presidi-padroni e dei loro complici

Non è facile dimostrare ciò che è accaduto se non si possiede una prova documentale oggettiva e certa. Infatti, è frequente l’ignavia di chi non testimonia in difesa delle vittime per timore di ritorsioni. E c’è anche chi “conferma” la falsità.

inviato da Polibio, 12.9.2013

Non è facile dimostrare ciò che è accaduto se non si possiede una prova documentale oggettiva e certa. Infatti, è frequente l’ignavia di chi non testimonia in difesa delle vittime per timore di ritorsioni. E c’è anche chi addirittura “conferma” la falsità. Magari per conservare il “posto”, qualsiasi tipo di “incarico”, o la “collaborazione” da “individuato”, e il “compenso” che anno dopo anno ha incassato e intende continuare a incassare. “Quote” che da 300 ore arrivano anche a 800 ore, ciascuna pagata 17 euro, e che corrispondono da 5.100 a 13.600 euro. E ci sarebbe molto da “riflettere” sulle 800 ore, ma anche sulle 600 e sulle 300. Infatti, 800 ore corrispondono a 18 ore per 42 settimane, ovvero a 294 giorni (domeniche comprese). In ogni caso, togliendo le domeniche, i giorni sono 252. Quindi, quel “collaboratore” del preside, con o senza distacco totale o parziale dall’insegnamento, è “presente” in media altre 18 ore ogni settimana. Sostanzialmente sempre, perché per il resto, oltre al giorno libero e alle domeniche, l’assenza è coperta dalle ferie. Ma anche le 500 sono notevoli: 18 ore per 28 settimane, oppure 12 ore per 42 settimane, ovviamente di “presenza” sempre oltre l’orario normale. Ciascuno rifletta sul “fondo d’istituto” e quindi sull’utilizzazione dello stesso, purtroppo in costante riduzione: il “fondo”!

 

Ritorniamo al tema “registratori, telefonini, fotografie e fotocopie per tutelarsi contro le falsità dei presidi-padroni e dei loro complici. Ma anche per provare la “trasformazione” della verità in menzogna, la “trasformazione” del pronunciato in ciò che è il contrario del pronunciato, nei verbali, per esempio, del Consiglio d’istituto, oppure determinate “modifiche” in “sovrapposizione” in qualsiasi altro “documento” addirittura manoscritto.

 

Tra i presidi c’è purtroppo, ed è per questo che si tratta di presidi-padroni, chi – peraltro arrecando gravissimo danno all’immagine della  categoria e soprattutto ai presidi rispettosi delle norme di legge, del contratto collettivo nazionale di lavoro, dei diritti individuali e della professionalità dei docenti e del personale ata – utilizza nei confronti, per esempio, di un’insegnante o di una dsga, espressioni assai sconvenienti, anche con riferimento a dirigenti del sindacato al quale quella persona aderisce, e comportamenti irriguardosi.

E c’è anche chi attiva procedimenti disciplinari basati su falsità per colpire chi gli contesta (chi “ha osato” contestargli) comportamenti illegittimi e chi pone in essere atteggiamenti denigratori e vessatori. Si tratta di sopraffazione, e pertanto è legittimo, oltre che etico, porsi decisamente contro chi la attua. Tutelarsi dalle falsità e dagli abusi è un diritto dei lavoratori. Le registrazioni, servendosi di registratori e di telefoni cellulari, nonché le fotografie e le fotocopie, sono assolutamente utili e legittime per difendersi e per proteggersi dalle sopraffazioni da chiunque messe in  atto.

Per tutelarsi contro le falsità, registrare, “anche di nascosto, i colloqui e le riunioni cui si è presenti è un diritto”, riconosciuto già parecchi anni fa dalla Corte di Cassazione a Sezioni unite. Polibio ha in un precedente articolo sull’argomento evidenziato il contenuto di un articolo di Rino Di Meglio (“vessazioni e legittima difesa”), pubblicato il 31 maggio 2005: “Tra le mura scolastiche, con la frequente ignavia di molti colleghi che non testimoniano in difesa delle vittime per timore di ritorsioni, si consumano talvolta veri e propri reati quali le minacce, le ingiurie, i tentativi di estorsione (l’estorsione è quel reato che commette colui che afferma:‘se non fai questa cosa, ti farò questo… prenderò il tale provvedimento’) … Insomma, l’uso di un registratore può essere un ottimo strumento di difesa per tutelarsi da chi ritiene di restare impunito per l’assenza di testimoni o per il timore che può incutere la sua posizione”.

 

Polibio sarà sempre disponibile a intervenire, con i suoi articoli, sulla base dei documenti (fonti primarie) che gli saranno forniti, nonché di quelli che si trovano nel suo archivio, per denunciare i comportamenti arbitrari, illeciti e illegali e per sostenere coloro nei cui confronti si riversa la collera di chi non li ha rispettati nella qualità di lavoratori, uomini e donne con eguali diritti, e che si serve di mezzi e di strumenti arbitrari, illeciti, illegittimi e illegali per colpirli e per arrecargli grave e ingiusto danno.

 

L’uso del registratore” è consentito a chi partecipa a qualsiasi riunione, a qualsiasi colloquio, anche per essere stato soltanto ammesso a essere presente. Si può registrare (e la registrazione è “prova documentale” in sede processuale, con riferimento al nuovo codice di procedura penale) anche tenendo il registratore in tasca, oppure registrare con il telefono cellulare, chiamare col telefono cellulare il numero di casa collegato alla segreteria telefonica munita di apposito nastro. E far valere quelle registrazioni nelle sedi opportune, tra le quali, oltre al Miur, all’Ispettorato per la funzione pubblica (art. 60, comma 6, del d.lgs. 165/2001, versione novellata dall’art. 71 del d.lgs. n. 150/2009) e all’Ufficio scolastico regionale di riferimento, quelle della magistratura civile, penale, amministrativa e contabile.

 

Attenzione: chi registra deve trovarsi, col registratore in funzione, nell’ambiente in cui si svolge la conversazione, alla quale partecipano, prendendo la parola, anche più di due persone, e persone, ammesse a essere presenti o comunque presenti, che non prendono la parola. Chi fa uso del registratore deve essere presente, perché costituisce reato penalmente perseguibile nascondere in un qualsiasi punto lo strumento di registrazione e andarlo a riprendere dopo la conclusione del colloquio che è intercorso tra altre persone. Essendo presente, e partecipante attivamente, ma anche restando in silenzio, chi registra può tenere il telefonino o il registratore in tasca, dentro una borsa, non rendendolo evidente a nessuno dei presenti, oppure può tenerlo in mano o poggiato sul tavolo, su una sedia. Può far vedere che sta registrando, ma non deve spegnerlo ancorché gli venisse richiesto.

Per registrare il colloquio, è anche possibile chiamare, dal luogo della conversazione, col proprio telefono cellulare un numero di telefono fisso con aggregata segreteria telefonica, precedentemente fornita di un nastro mignon dalla lunga durata, continuando a registrare in propria presenza quanto avviene, soprattutto se qualcuno si permette di attivare qualsiasi tipo di comportamento illecito e illegale: violenze verbali, insulti, minacce, ecc.

 

Sono importanti e fondamentali, addirittura inconfutabili (e prova che potrebbe non avere bisogno di nessuna testimonianza verbale o scritta), le registrazioni (con o senza filmato) effettuate con telefono cellulare o con registratore, naturalmente garantendo il diritto alla privacy per quanto concerne le persone presenti che non hanno partecipato alla discussione, ma che in seguito potranno essere chiamate come testimoni durante la fase processuale, sia civile, sia penale. E anche in sede amministrativa: Miur e Ufficio scolastico regionale. Cioè, in sede di procedimento disciplinare attivato dal dirigente scolastico nei confronti di un docente, di un dsga, di un assistente amministrativo o tecnico, di un collaboratore scolastico. E anche in sede di procedimento disciplinare che ai sensi delle vigenti norme di legge, nonché di quelle intervenute col d.lgs. 150/2009, deve essere attivato dall’Usr nei confronti del dirigente scolastico dopo essere state verificate dallo stesso Usr le prove documentali inviate in allegato all’esposto da chi (insegnante, dsga, assistente amministrativo, assistente tecnico, collaboratore scolastico) ha ritenuto sussistenti determinati motivi, anche gravi, per rivolgersi all’Ufficio scolastico regionale, avendone l’Usr oggettiva conoscenza dal momento dell’avvenuta verifica del/dei documento/i per quanto concerne la decorrenza dei termini per la contestazione scritta dell’addebito. Importanti e fondamentali anche le fotografie e le fotocopie, di documenti ufficiali di ordinario accesso, soprattutto anche dalla parte denunciate, a rappresentare prove testimoniali inconfutabili.

 

I contenuti delle registrazioni possono, in alternativa, essere tenuti riservati fino al momento di produrli, insieme alla perizia tecnica di trascrizione e alla copia del cd, in sede di causa civile e/o penale. E risultano una vera sorpresa soprattutto per chi ha agito (il/la preside) nei confronti di un docente o di un ata, addirittura sanzionandolo disciplinarmente, sapendo di agire arbitrariamente, proprio perché ciò che contestava era assolutamente falso. Insomma, dalla registrazione verrebbe a risultare la falsità di quanto dichiarato dal/dalla preside, con le corrispondenti conseguenze. Per quanto concerne l’Ufficio scolastico regionale, il direttore generale, di fronte al comportamento illecito posto in essere dal/dalla preside nei confronti di uno o di più lavoratori (insegnanti e/o ata), oltre all’avvio del procedimento disciplinare e a comminare la sanzione (che potrebbe essere addirittura quella del licenziamento senza preavviso), ha il dovere, nella qualità di pubblico ufficiale, di trasmettere gli atti alla Procura della repubblica se ritiene che possano essere stati commessi i reati di cui, tra gli altri, agli articoli 323 (abuso d’ufficio) e 571 (abuso dei mezzi di disciplina) del codice penale.

 

La sorpresa è ancora più eclatante se qualcuno/a, magari interrogato quale “testimone” in sede di audizione del/della dipendente sottoposto/a a procedimento disciplinare da parte del/della preside, ha dichiarato, da “testimone”, e quindi consapevole delle responsabilità che assumeva per falsa testimonianza e delle conseguenze che in tal caso sarebbero ricadute su di lui/lei, che nella sostanza quanto contestato dal/dalla preside rispondeva al vero, e invece ben sapeva, come lo sapeva il/la preside, che era assolutamente falso. Conseguentemente, la registrazione inchioderebbe anche quel “testimone”, con conseguenti responsabilità disciplinari, nonché penali e civili, derivanti dalla consegna al direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale, e dalla trasmissione degli atti alla Procura della repubblica, della perizia tecnica di trascrizione di quanto era stato registrato e del corrispondente nastro registrato, del cd, ovvero dell’apparecchio contenente la registrazione di quanto era effettivamente e oggettivamente accaduto.

 

Pertanto, oltre alle decisioni della magistratura, e comunque di fronte a irregolarità accertate da ispettori tecnici ai quali è stato conferito l’incarico di provvedere, appare legittimo applicare nei confronti del/la preside-padrone/a – che grida e minaccia, che pratica comportamenti da mobbing, che attiva procedimenti disciplinari contestando falsità (e ben sapendole tali) con l’intento di punire chi legittimamente rivendica la correttezza, che colpisce disciplinarmente chi gli/le contesta comportamenti scorretti e illegittimi – il codice disciplinare, con apertura di procedimento disciplinare e, se dai comportamenti tenuti non emergono idonei e sufficienti elementi che possano escludere la responsabilità, irrogazione della sanzione disciplinare, compreso il licenziamento senza preavviso. E se ha causato un danno economico allo Stato, è bene che risarcisca quanto è venuto a costare il suo comportamento allo Stato quale conseguenza del danno patrimoniale e non patrimoniale arrecato al/alla dipendente.

In assenza di registrazioni, di fotografie e di fotocopie di documenti ufficiali, e soprattutto anche a causa dell’ignavia dei molti che per timore di ritorsioni non testimoniano in difesa delle vittime, viene a mancare lo strumento di difesa oggettivamente fondamentale per tutelarsi da chi ritiene di potere agire con prepotenza, arbitrarietà e falsità, e di restare impunito per l’assenza di testimoni o per il timore che può incutere la sua posizione.

 

Procedendo per esempi, sia pure, se così li si vuole ritenere, immaginare, come si potrebbe altrimenti provare, in mancanza di registrazione, che in un determinato Consiglio, mettiamo a proposito della presenza di qualcuno che non poteva partecipare perché in orario di servizio, era stata data una “formale” risposta e poi nel verbale era stata scritta una ben diversa risposta? E come poter provare, in assenza di un’immagine fotografica, che, con riferimento al verbale della seduta, esisteva, manoscritta dall’interessato, una trasformazione per sovrapposizione nella parola successiva a “Consiglio”, con entrata e uscita dalla scuola, mettiamo alle ore 8, per partecipare a quell’altro “Consiglio” quando invece la presenza era nel Consiglio d’istituto? In questo caso, qualcosa appare strana: come si può “affermare” di essere, per sovrapposizione grafica sul termine successivo a “Consiglio”, altrove quando invece ci si trova nel “Consiglio” d’istituto, nel quale  poteva esserci se non era in orario di servizio, ma non poteva esserci (e invece c’era) perché doveva essere altrove, in un diverso “Consiglio”? E allora le registrazioni, le fotografie, i documenti ufficiali e gli accertamenti delle autorità competenti (certamente dell’Ufficio scolastico regionale, finalizzati agli eventuali provvedimenti con seguenti) sono indispensabili per svelare verità che altrimenti resterebbero nascoste.

Ciò, a parte la considerazione che una pesante mannaia potrebbe colpire, data l’ignavia di chi per timore di ritorsioni non testimonia, oppure per “complicità” e con l’intento “comune”, chi legittimamente esercita il diritto di opporsi a falsità e a inadempienze, e pertanto nei suoi confronti vengono praticati comportamenti da mobbing. Eppure c’è qualche preside che, di fronte ai ripetuti inviti al rispetto delle norme di legge, lamenterebbe che da parte delle Rus, anche singolarmente, e da delegati sindacali verrebbero  praticati nei suoi confronti compartimenti da mobbing. Insomma, come dire che, di fronte al deciso comportamento delle delegazioni sindacali al tavolo delle trattative, tra le quali quella del rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro, ma anche per le numerose fortissime rivendicazioni per l’affermazione piena dei diritti dei lavoratori e del diritto allo studio, diritti sanciti dalla Costituzione, il ministro dell’istruzione se ne uscisse con un lamentoso “vengono praticati nei miei confronti comportamenti da mobbing”!

 

Un altro esempio. All’insegnante o al personale ata viene contestato dal/dalla preside d’aver tenuto un determinato comportamento. Tuttavia, assolutamente falso. Peraltro, viene contestato dal/dalla preside come un comportamento irriguardoso e verbalmente aggressivo, caratterizzato da una sequenza di grida. Quel comportamento era stato invece tenuto nei confronti dell’insegnante o del personale ata dal/dalla preside, che da parte sua, con quel suo comportamento, aveva messo in evidenza, ritenendo di poterlo impunemente dire, l’esistenza di una certa irregolarità riguardante un determinato documento ufficiale della scuola. Aveva poi agito con la contestazione e con l’avvio di un procedimento disciplinare nei confronti di chi rivendicava un legittimo diritto, ritenendo, ritenendosi impunibile nonostante la clamorosa falsità, che la persona “incolpata” non avrebbe affatto potuto dimostrare il contrario, e cioè la falsità dell’accusa. Ancora di più se il fatto di cui alla contestazione rivolta all’insegnante o al personale ata fosse stato “confermato” dalla “testimonianza” di un’altra persona (magari, da uno dei due collaboratori) che era stata presente. Ebbene, soltanto la registrazione può dimostrare la verità, con le conseguenze sul piano penale, civile e disciplinare (per quest’ultima, a seguito di circostanziata e documentata istanza al direttore generale, corredata della perizia tecnica di trascrizione della registrazione e del cd) nei confronti del/della preside e, se complice per falsa testimonianza, anche nei confronti di chi era stato accondiscendente all’azione del/della preside, pur consapevole che la sua “testimonianza”, assolutamente falsa, avrebbe arrecato grave in ingiusto danno, soprattutto non patrimoniale, all’insegnante o al personale ata coinvolto/a.

 

La questione viene ad assumere una gravità maggiore se il/la preside ha insistito nel procedimento disciplinare e ha irrogato una qualsiasi sanzione disciplinare all’insegnante o al personale ata, perchè in tal caso, oltre a incorrere in un procedimento disciplinare con sanzione che potrebbe anche essere quella del licenziamento senza preavviso, la questione assumerebbe anche rilevanza penale (artt. 323 e 571 del codice penale).

 

Polibio

polibio.polibio@hotmail.it

 

Polibio informa i suoi lettori che presto sarà attivato il sito http.//www.polibio.net. Si sta provvedendo a inserire in archivio tutti gli articoli da lui scritti dal 10 luglio 2010 al 31 dicembre 2012.