I prof somari non si toccano? di Pasquale Almirante La Tecnica della Scuola 16.9.2013 Mario Giordano riprende su “Libero” l’antica battaglia della destra contro i prof somari e contro i sindacati che li proteggerebbero. È un modo semplice per sparare sul pianista ed altrettanto sbrigativo per sviare il problema L’idea del governo, di mandare a “ripetizione gli insegnanti delle classi che cascano miseramente sul test Invalsi”, è azzeccata, dice Giordano, e soprattutto al Sud dove “uno studente siciliano di seconda superiore totalizza al test d’italiano 183 punti, un suo coetaneo della Lombardia 214 (34 punti di differenza); uno studente sardo di seconda superiore totalizza al test di matematica 178 punti, un suo coetaneo di Trento 226 (48 punti di differenza). La media della scuola italiana è un apostrofo sbilenco fra due realtà completamente diverse: una frattura aggravata dal fatto che poi, al momento della maturità, le più alte percentuali di punteggi massimi si verificano proprio nelle malandate scuole del Sud. Com’è possibile? Tutti geni incompresi al test Invalsi e tutti Pico della Mirandola all’esame finale? “ Tuttavia, dice Giordano, l’idea del ministero dell’istruzione, di mandare gli insegnanti di quelle classi dove si totalizza al test Invalsi risultati significativamente al di sotto della media, ad un corso di formazione “ha subito scatenato la reazione dei sindacati che hanno risposto con il solito «no pasaran»: la colpa di una classe che non funziona, dice per esempio a Repubblica Francesco Scrima, leader della Cisl scuola, non è mica del professore. Macché: è «delle condizioni di contesto». E in questa risposta, purtroppo, c’è tutto il male della scuola e (forse) della società italiana. Le condizioni di contesto sono, infatti, una di quelle espressioni del giustificazionismo attraverso cui è stata cancellata totalmente la responsabilità individuale. Il mitico «contesto» copre tutto, garantisce l’immunità da qualsiasi colpa. È un alibi perfetto.” Ma il giornalista di Libero va ancora più oltre, sollevando tuttavia una questione importante, quella del merito: “Tutti coloro che salgono sulla cattedra devono essere uguali, trattati allo stesso modo, che siano i migliori professori del mondo o dei pazzi. I bravi e meno bravi, quelli che ti formano per sempre e quelli totalmente incapaci, gli scrupolosi e i cialtroni, gli sgobboni e i lavativi, i sempre presenti e gli assenteisti: continua a vincere questo assurdo egualitarismo verso il basso, un appiattimento disastroso, l’abolizione totale della meritocrazia. Una pratica che, alla fine, premia soltanto i professori peggiori. Per questo”, conclude Giordano, “l’idea di usare finalmente quei test per controllare non solo la preparazione degli studenti ma anche quella degli insegnanti non è per nulla sbagliata. Anzi, è sacrosanta.” E si potrebbe essere d’accordo con Giordano se non liquidasse con troppa semplice demagogia quella questione del “contesto” che, gli ricordiamo, non riguarda solo il deficit sull’istruzione, ma anche sulla disoccupazione, sul Pil, sull’emigrazione e l’emarginazione, sul lavoro minorile e il suo sfruttamento, sui servizi, tutti i servizi: dal trasporto alla viabilità all’edilizia alle nuove tecnologie; per passare ai consumi, agli abbandoni e alle dispersioni scolastiche, al precariato, dalle nuove tecnologie fino alle Wi.Fi e così via, che non solo deprimono ma impastoiano gli abitanti del Sud. E il giornalista sa anche bene che il 50% del successo scolastico dipende proprio dalle condizioni economiche e sociali, compresa l’assenza di giornali a carattere nazionale stampati al Sud. È facile sparare sul pianista e spolverare un po’ di sano populismo, ma se la macchina del Sud s’inceppa e se la grande marea di disoccupati cerca nella scuola una certa sicurezza per sopravvivere, visto il vuoto assoluto negli altri settori, lo Stato, che poi è costituito dai vari Governi che gli hanno dato l’impronta, ha per anni scordato forme di reclutamento dei docenti attendibili e uniformi, mentre i troppi quartieri a rischio criminalità organizzata nelle grandi città del Sud e delle scuole di frontiera sono fattori che dovrebbero fare riflettere bene prima di fucilare senza processo. Anche perché in quelle scuole, dove gli abbandoni raggiungono vette del 35/40%, promuovere anche con buoni voti, per tagliare altre e ben più pericolose bocciature malavitose, spesso è un rimedio inevitabile. Ma questo non ci vuole molto per capirlo, anche perché se togliamo la scuola a questi ragazzi cosa rimane loro in alternativa? |