In classe 736.654 alunni
con cittadinanza non italiana

Carrozza: su studenti stranieri non c’è emergenza

  La Stampa 19.9.2013

Sono 736.654 i ragazzi con cittadinanza non italiana che siedono tra i banchi di scuola nel Bel Paese. Sono quasi il 10% dell’intera popolazione scolastica.

Il picco di presenze, 271.857, rileva il servizio statistico del ministero dell’Istruzione, si registra alla primaria. Seguono la secondaria di secondo grado (180.515 alunni con cittadinanza non italiana) e quella di primo grado (169.963) mentre nella scuola dell’infanzia sono 114.319.

Il 44,2% di questi studenti è nato in Italia. La regione in cui risiedono il maggior numero di studenti con cittadinanza non italiana è la Lombardia con 178.475 alunni, seguita dall Emilia Romagna con 86.697, dal Veneto con 83.430, dal Lazio con 71.254 e dal Piemonte con 70.209. La regione con meno alunni stranieri è il Molise con 1.612 studenti.

Il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Maria Chiara Carrozza, in un’intervista ha così commetanto la sistuazione. «La scuola italiana sta facendo tantissimo per l’immigrazione, per l’accoglienza, per l’integrazione» ha aggiunto. Secondo il ministro, nelle classi costituite per la maggior parte da bambini stranieri, «bisogna intervenire ma caso per caso, non sarà il ministero a farlo con provvedimenti generali».

Carrozza ha inoltre invitato fare una «distinzione tra i ragazzi che arrivano in Italia già grandi e magari non conoscono bene la lingua e i figli di immigrati che nascono in Italia o che sono arrivati piccolissimi».

Il ministro ha anche annunciato che non intende cancellare «per il momento» la circolare dell’ex ministro Gelmini che stabiliva un tetto del 30 per cento di bambini stranieri in classe. «È un’indicazione generale - spiega la Carrozza - che nei casi particolari, e già succede, può non essere rispettata date le oggettive condizioni socio-territoriali. Inoltre occorre fare una distinzione tra i ragazzi che arrivano in Italia già grandi e magari non conoscono ancora bene la lingua, e possono aver bisogno di un supporto maggiore per l’integrazione culturale oltreché linguistica. Non possiamo considerare allo stesso modo degli altri i figli di immigrati che nascono in Italia o che sono arrivati piccolissimi da noi e conoscono la lingua quando cominciano le primarie».