Il finanziamento pubblico della ricerca. Nell’ultimo decennio i governi dei paesi europei hanno perso terreno rispetto agli Stati Uniti nel finanziare la ricerca, ma la Germania ha adottato una politica anticiclica che l’ha messa in grado di far ripartire la propria economia nella fase di ripresa del ciclo. di Giorgio Sirilli, ROARS 26.9.2013 Qualche tempo fa Jose Mariano Gago, ex ministro della ricerca portoghese, ha tenuto un interessante seminario sulla politica della ricerca in Europa. La sua analisi ha preso in considerazione un indicatore della volontà dei governi di investire in ricerca mediante i finanziamenti alle istituzioni pubbliche ed ai privati mediante erogazioni a progetti o sostegni finanziari: gli stanziamenti delle amministrazioni pubbliche centrali dei paesi europei (Government Budget Appropriations or Outlays for R&D – GBAORD). La Figura 1 mostra che nel 2000 i bilanci pubblici per la ricerca dell’insieme dei paesi europei e degli USA erano simili; successivamente le due curve hanno cominciato a divergere, con gli USA che hanno nettamente distanziato l’Europa. Ma c’è di più; se si analizza la situazione all’interno dell’Europa, l’andamento sostanzialmente piatto dell’investimento pubblico per R&S (i dati della Figura 1 sono a prezzi correnti) nasconde una preoccupante divergenza tra i paesi membri.
Figura 1 – Stanziamenti delle amministrazioni pubbliche centrali dei paesi europei (Government Budget Appropriations or Outlays for R&D – GBAORD) (milioni di $ correnti a parità di potere d’acquisto)
Come mostrato nella Figura 2, nel 2000 la Germania e la Francia presentavano bilanci simili; a distanza di un decennio, nel 2010, la Germania è l’unico paese che ha costantemente aumentato i finanziamenti pubblici non solo in termini monetari, ma anche reali (in valori costanti a Parità di Potere d’Acquisto – PPA).
Figura 2 – Stanziamenti delle amministrazioni pubbliche centrali dei paesi europei (Government Budget Appropriations or Outlays for R&D – GBAORD)
La Francia ed il Regno Unito si sono mantenuti press’a poco allo spesso livello; Spagna e Portogallo hanno fatto registrare un aumento, mentre per l’Italia è iniziata una continua flessione a partire dal 2007. La Figura 3 mostra l’andamento del Fondo Ordinario degli enti di ricerca vigilati dal MIUR che, in un decennio, è diminuito in valori costanti del 20 per cento.
Figura 3 – Fondo ordinario degli enti di ricerca italiani
In una decade segnata dalla recessione e da problemi economici e di bilancio, nel periodo 2008-2011 la gran parte dei paesi membri non è stata in grado di aumentare il rapporto tra GBOARD e Pil, con la significativa eccezione della Germania e di alcuni paesi caratterizzati da un’elevata intensità di ricerca o quelli che di recente sono diventati membri della Comunità. In termini assoluti, la crisi economica sembra aver dunque prodotto, almeno dal 2007-2008, un significativo divario un Europa, con un continuo aumento delle risorse in Germania ed in alcuni paesi scandinavi, rispetto una riduzione relativa in altri paesi come l’Italia, la Francia, il Regno Unito, la Spagna (vedi la Figura 4 in cui viene riportata la differenza, espressa in termini percentuali, tra il tasso di crescita del GBAORD e quello del Pil).
Figura 4 – Differenza tra il tasso di
crescita del GBAORD
Dunque la Germania e pochi altri paesi hanno puntato, nel periodo della crisi, al futuro canalizzando le risorse pubbliche verso la ricerca; nello stesso periodo gli altri paesi hanno dato priorità ad altri settori di intervento pubblico, tipicamente di più corto respiro. La loro politica anticiclica ha consentito di uscire più velocemente e meglio dalla crisi, posizionandosi nei mercati internazionali su più elevati livelli di competitività basata sulle nuove conoscenze. Nel caso italiano ancora una volta abbiamo perso il treno, e sarà difficile recuperare il terreno perduto. Comunque ci possiamo consolare se non con i fatti, almeno con i simboli: il presidente Napolitano ha appena nominato quattro nuovi senatori a vita scegliendo tra indiscusse personalità della ricerca e della cultura – lui, almeno, nella ricerca ci crede davvero. |