Il trasformismo mediatico del ministro Carrozza Sette domande semplici alle quali dovrebbe rispondere, una volta tanto con chiarezza, il ministro Carrozza. Per farci capire come la pensa davvero di Marina Boscaino Globalist, 29.10.2013 Una decina di giorni fa, il 16 ottobre, registravo le dichiarazioni del ministro Carrozza durante un convegno dell' Flc-Cgil "Valutazione nella conoscenza per la qualità dei diritti", tenutosi a Roma presso il Cnr. Il ministro dell'istruzione aveva appena affermato: "Ci sarà un ripensamento complessivo rispetto al Sistema nazionale di valutazione per scuola e università. Bisogna innanzitutto chiarire quali siano gli obiettivi del sistema scolastico e di quello universitario. Non è corretto che un'agenzia di valutazione definisca gli obiettivi del sistema". Grande pertanto la mia sorpresa - e di tanti con me - quando, appena 5 giorni dopo, la stessa Carrozza dichiara in un'intervista alla "Stampa": «È necessario però valutare le competenze in uscita dall'università e confrontarle. Partendo dal metodo Invalsi che va migliorato e adattato all'università: voglio sapere se gli studenti escono dagli atenei con una laurea in grado di essere alla pari con quelle di altri Paesi ...la media dei laureati italiani ha competenze paragonabili a quelle di uno studente di scuola secondaria del Giappone". Così, senza il minimo imbarazzo, tutto e il contrario di tutto. Un modello sostanzialmente rinnegato un giorno, diventa tanto efficace da essere proposto e allargato anche ad altri settori pochi giorni dopo. Come se l'università non avesse già le sue belle gatte da pelare con l'Anvur, peraltro... Il 21 ottobre Vincenzo Pascuzzi registra le schizofreniche dichiarazioni su Tecnica della scuola, avanzando una serie di domande, come si vedrà abbastanza sensate, cui finora nessuno ha ritenuto doveroso dare seguito. Si badi: si tratta di quesiti specifici (non a risposta multipla, ma a risposta aperta. - raggelante ironia da prof. -) sulla grande confusione ingenerata dalla contraddittorietà delle dichiarazioni. Per un ministro fan della valutazione e della necessaria rendicontazione degli operati dei singoli soggetti che determinano il sistema, non dovrebbe esserci davvero nulla di strano nell'interloquire. Ancor meno, se il medesimo ministro ha a più riprese sottolineato la volontà di ascolto - sua e del governo di cui fa parte - nei confronti del mondo della scuola. 1) Carrozza ha cambiato idea in pochi giorni oppure il ripensamento complessivo è già avvenuto in tempi fulminei? 2) L'Invalsi ha avuto qualche ruolo in questo cambiamento? 3) Se dice il vero l'analisi Ocse-Pisa, non conviene prima intervenire sulla scuola secondaria e allinearla a quella giapponese? 4) Ci saranno tanti test Invalsi per ogni tipo di laurea? Oppure ci sarà un test unico per tutti? 5) Ha senso misurare (ammesso che Invalsi misuri) i neo-laureati o i laureandi, cioè al termine dell'università? 6) Il ministro ha un'idea dei tempi, dei costi e delle modalità per avviare l'iniziativa ipotizzata per l'università? Verrà affidato tutto all'Invalsi che avrà carta bianca e nessun vincolo e controllo? 7) In qualche paese Ocse, esiste qualche iniziativa paragonabile? Sono sette domande. Rimaste per il momento prive di una risposta. Mi chiedo se esista qualcuno, in tutto l'arco parlamentare, nel governo delle larghe intese e fuori di esso, disposto a farle proprie o semplicemente a proporle, per chiedere conto delle opposte direzioni di due messaggi quasi contemporanei pronunciati da chi ha la responsabilità di amministrare l'istruzione nel nostro Paese. Non è la prima volta che questo ministro dà l'idea di attaccare i buoi dove vuole il padrone: rilasciare dichiarazioni anche completamente differenti, a seconda dell'interlocutore che ha davanti. Il problema è che nell'autoreferenzialità del falso ascolto e nell'inerzia di una gran parte della scuola passano impuniti provvedimenti, voltafaccia, bugie, mistificazioni. In un unico guazzabuglio difficilmente ricostruibile, se non a costo di una pedante vigilanza e di una incessante denuncia. Ciò in cui Carrozza continua ad essere specializzata è la dichiarazione a scopo mediatico da Guerra Santa dell'istruzione. Il 24 ottobre ecco l'evangelica esternazione della ministra su FB: "Serve una vera alleanza tra gli Enti locali e il ministero dell'Istruzione per rimettere al centro del dibattito il tema della scuola. I sindaci, i comuni, i dirigenti scolastici - come ho detto oggi a Firenze all'Assemblea dell'Anci - devono essere le nostre antenne sul territorio, per dare ai ragazzi non solo e non tanto un certificato, ma vere competenze per riuscire a trovare una strada e un futuro in una società sempre più difficile e competitiva. Oggi l'istruzione rischia di diventare per alcuni un bene di lusso e non possiamo permettercelo. Il Paese non può permettersi di avere ancora aree in cui il tasso di dispersione scolastica è drammatico, non possiamo e non dobbiamo lasciare indietro interi territori. Penso che come Ministro il mio ruolo sia di sostenere chi è in grado di andare avanti più velocemente ma fare di tutto perché chi fa più fatica non venga abbandonato. La scuola e l'istruzione devono tornare ad essere il vero ascensore sociale di questo Paese".
Il tema istruzione sta talmente a cuore a questo governo ed è
talmente centrale, come hanno più volte dichiarato gli esponenti del
PD, che i sindacati proprio oggi hanno indetto una giornata di
mobilitazione con manifestazione nazionale della categoria il 30
novembre a Roma, che segue quello dello scorso 18 ottobre indetto
dai Cobas, con una piattaforma che va dal rinnovo contrattuale (il
contratto è bloccato da 4 anni), a scatti di anzianità, piano
nazionale di formazione per il personale della scuola, piano
pluriennale di investimenti, per allineare la spesa italiana in
istruzione alla media europea; al ripristino delle posizioni
economiche orizzontali del personale ATA; alla risoluzione delle
questioni aperte su inidonei e docenti ITP e sui pensionamenti
"quota 96"; alla Garanzia del sostegno agli alunni disabili. A
leggere i motivi della manifestazione, non sembra proprio il governo
abbia davvero inserito nella legge di stabilità elementi di sostegno
alla scuola. E il trasformismo mediatico di questo ministro non fa
che confermare questa evidenza. |