Scioperare stanca se manca l’unità
Lettera di quattro docenti siciliani alle
segreterie di Cgil e Flc Cgil: Unità per “progettare e istruire la
‘madre di tutte le vertenze’, un’unica grande matrice” per “una
rivendicazione di diritti legittimamente acquisiti e di ritrovata
cittadinanza”. inviato da Polibio, 29.10.2013
Lettera
di quattro docenti siciliani (Antonio Pirrone, Maria Saeli, Claudia
Pappalardo, Marzia Gullotta) dell’Istituto comprensivo “Federico II
di Svevia”, nel comune di Mascalcia in provincia di Catania, alle
segreterie nazionali della Flc Cgil e della Cgil e Flc Cgil, e alla
segreteria ragionale della Sicilia e alla segreteria provinciale di
Catania della Flc Cgil: “Progettare e istruire la ‘madre di tutte le
vertenze’, un’unica grande matrice che realizzi, finalmente e
funzionalmente, l’unità delle OO.SS. ai fini di una rivendicazione
di diritti legittimamente acquisiti e di ritrovata cittadinanza”.
Naturalmente, per azzerare la politica e i comportamenti dei
politici delle disastrose “riforme epocali” del sistema di
istruzione e di formazione che, oltre alla perdita di 140.000 posti
di lavoro a causa della riduzione delle ore di didattica settimanale
e dell’aumentato numero degli alunni nelle singole classi
(moltissime sono diventate “classi pollaio”), hanno fatto
precipitare la scuola italiana nella graduatoria delle scuole dei
Paesi dell’Unione europea.
Adesso che la
ministra Carrozza è dell’idea di portare da 5 a 4 anni il percorso
della scuola secondaria superiore, ovviamente eliminando un anno di
scuola e riducendo di parecchie centinaia di ore l’attività
didattica che attualmente si svolge in 5 anni scolastici, e
conseguentemente riducendo di circa 50.000 unità l’organico dei
docenti, resterebbero senza lavoro altrettanti docenti che da
parecchi anni sono precari e in permanente attesa di un contratto a
tempo indeterminato. Precari con molti anni di insegnamento nella
scuola, addirittura più dei tre anni di servizio, anche non
consecutivo, nella scuola, che diventeranno disoccupati, e tali
resteranno per chissà quanto tempo. Eppure, hanno maturato magari da
parecchio tempo il diritto all’assunzione a tempo indeterminato per
avere svolto attività didattica con contratto a tempo determinato,
anche non consecutiva, per complessivi ben oltre tre anni. Ma,
riferendoci a quanto di precario e di insufficiente e inadeguato è
del tutto evidente, i politici del nostro Paese sono stati, e
purtroppo continuano a esserlo, sordi, muti e ciechi di fronte ai
diritti dei cittadini italiani, tra i quali il diritto
all’assunzione con contratto a tempo indeterminato, principio
riconosciuto e attuato in Europa, se anno svolto attività
lavorativa, nel caso di specie nella scuola pubblica statale, per
complessivi tre anni, sommando i periodi di attività lavorativa
svolti anche se intervallati da interruzioni (e sappiamo bene che
nella scuola, oltre alla saltuarietà delle supplenze, addirittura i
contratti cosiddetti “annuali” non coprono tutt’e dodici i mesi
dell’anno “scolastico, dall’1 settembre al 31 agosto dell’anno
successivo.
L’Italia occupa
una delle posizioni di coda in diverse graduatorie: l’abbandono
scolastico è a quota 17,6, mentre la percentuale media dell’Unione
europea è 12,8; è di appena il 21,7 la percentuale dei giovani in
possesso di una qualificata istruzione superiore rispetto alla
percentuale media europea, che è del 35,8 per cento. L’Italia
investe assai poco sull’istruzione, sull’università e sulla ricerca
scientifica, ma ha speso e spende parecchio, e quindi con notevole
spreco di risorse, sull’assurdo, sull’inutile, sul clientelare, sul
faraonico. Il comparto della scuola pubblica statale è stato
“demolito e derubato” a partire dal 2008, scrivono i quattro docenti
nella loro lettera ai vertici della Flc Cgil e della Cgil. Uno
sciopero fa certo sentire che le organizzazioni sindacali ci sono e
che denunciano “i diritti calpestati e le retribuzioni falcidiate …
dalla italica classe politica”, ma potrebbe essere “ormai un’arma
spuntata” se non c’è l’effettiva unità delle organizzazioni
sindacali. E allora occorre “cambiare linguaggio, strategia”,
aprendo una “grande vertenza” – “anziché proclamare una ‘grande
giornata di sciopero’” – “per difendere i diritti costituzionali,
abbondantemente offesi”.
Questo, qui di
seguito, il testo della lettera inviata dagli insegnanti Antonio
Pirrone, Claudia Pappalardo, Maria Saeli e Marzia Gullotta
(dell’Istituto comprensivo “Federico II di Svevia”, nel comune di
Mascalcia in provincia di Catania) alla Segreteria nazionale della
Flc Cgil, alla Segreteria nazionale della Cgil, alla Segreteria
regionale della Flc Cgil Sicilia e alla Segreteria provinciale della
Flc Cgil di Catania.
Ora che il
Governo ha licenziato il testo della “legge di stabilità” (la
stabilità è da intendersi dedicata ai “mercati”, ché altrimenti si
innervosiscono), toccherebbe al Parlamento e alle Commissioni
procedere a eventuali aggiustamenti, modifiche, emendamenti.
Se si devono
“stabilizzare” i mercati, ne consegue che si devono “temprare
d’acciaio” le ganasce sul blocco dell’adeguamento del contratto e
sugli scatti di anzianità. L’eccezionalità si evolve, mutandosi in
regola.
Perché, per
senso di responsabilità, non si possono lambire, né tantomeno
toccare altri interessi. Altri e anonimi interessi. Anonimi, come
per esempio, i 90 mld di euro, più qualche spicciolo, evasi dalle
società di slot machine (fonte: Procura Regionale della Corte dei
Conti del Lazio).
Si può intuire
che il Pd, partito che detiene la maggioranza assoluta alla Camera e
relativa al Senato, non opererà grandi “sconvolgimenti”, considerato
che l’Italia è un paese sequestrato dalla “trimurti” BCE, UE, FMI,
dispensatori dell’ortodossia economica finanziaria e quindi
dell’“austerità espansiva” (macché simpatica formulazione…: come
“guerra umanitaria!”).
(Per caso, è la
stessa ortodossia concertata in Germania dal 1929 al 30 gennaio del
1933?).
Ma il Pd è un
grande partito, dotato di grande coerenza, senso del dovere e senso
di responsabilità.
Infatti, il Pd,
con inaspettata compattezza e prontezza circondate da sacrale e
indotto silenzio, nel tepore delle notti primaverili del 2012, si
prodigò (perinde ac cadaver), insieme a Pdl e centristi, per
inserire in Costituzione, con il novellato art. 81, il pareggio di
bilancio, l’equilibrio fra le entrate e le spese.
(L’art. 53 della
Costituzione non è stato scritto da un comitato ristretto di
“saggi”, né da parlamentari devoti al “porcellum”).
Si può anche
ipotizzare che le varie Camere del Lavoro, o strutture organizzative
della Cgil, abbiano funzionato, durante le campagne elettorali, da
cassa di risonanza del Pd. Come una “cinghia di trasmissione”.
E si può intuire
che la Cgil e la Flc Cgil tutto questo lo sappiano.
Giusto. Ci
mancherebbe altro. Per esempio, fare campagna elettorale per il PdL?
Con il pericolo di ritrovarsi al Governo gli alfani, i quagliarelli,
e quindi imbarcare tutta l’egemonia culturale del berlusconismo che
inneggia all’abolizione dell’Imu, dopo aver demolito e derubato il
comparto della scuola pubblica statale? (2008/2011con i
sacconigelminibrunettatremonti; 2011/2012 con i
grilliprofumoforneropatronigriffi e con il Pd sdraiato, ma con
grande senso di responsabilità, in maggioranza). Ci mancherebbe
altro.
Ma “l’altro”
potrebbe essere descritto attraverso la dissipazione di 4 miliardi
di euro targati Mps, rifondati dal “solito” carico fiscale, l’80%
del totale, che grava sui “soliti” lavoratori dipendenti, pensionati
e piccole imprese. Potrebbe essere. Ma non si dice, per carità di
patria. Non è ora di pensare agli interessi personali. È l’ora delle
responsabilità.
Così, si può
anche intuire che verrà proclamato uno sciopero, un’energica e
civile azione di protesta, per far sentire che le OO.SS. ci sono e
che denunciano i diritti calpestati e le retribuzioni falcidiate,
anche dall’ortodossia di cui sopra e dall’inadeguatezza strutturale,
se non di peggio, della italica classe politica.
Insomma, ancora
una giornata di sciopero, come quelle proclamate durante il
quinquennio 2008/2012, le quali sono state utili, utilissime,
ditelo Voi, a depotenziare, se non addirittura azzerare, le
controriforme gelmobrunettiane…
Certo, meno male
che poi è intervenuto l’accordo sul lavoro pubblico dell’11 maggio
2012, certificato e scudato dagli scioperi, che ha contribuito al
lavoro di bonifica delle controriforme “epocali”.
Ma si può anche
ipotizzare che è ormai un’arma spuntata. Lo sciopero. Non sposta.
Non è più efficace. Ormai la “disinfestazione” è stata compiuta, e
quindi ne è valsa la pena “fare sciopero”.
Allora, a chi
gioverebbe? A chi sciopera? Alle nomenclature delle OO.SS. e dei
partiti viciniori? Alle idrovore del Mef? A chi gioverebbe?
Di più: a CHE
giova?
E, allora,
perché non cambiare linguaggio, strategia, perché non aprire una
“grande vertenza”, anziché proclamare una “grande giornata di
sciopero”, per difendere diritti costituzionali, abbondantemente
offesi, e “riprodurre” ciò che Avvocatura dello Stato e magistrati
hanno già formalizzato e indirizzato alla Consulta?
Sono di un altro
Stato, o sono di un altro “stato”, e quindi figli di un dio
maggiore? A quali grandi OO.SS. appartengono? Come si chiamano? Ci
si può iscrivere, anche solo virtualmente, e ottenere gli stessi
risultati?
Così, ci si può
augurare che l’importo della trattenuta effettuata per lo sciopero
possa essere destinato, su base volontaria naturalmente, agli uffici
legali delle OO.SS per progettare e istruire la “madre di tutte le
vertenze”, un’unica grande matrice che realizzi, finalmente e
funzionalmente, l’unità delle OO.SS ai fini di una rivendicazione di
diritti legittimamente acquisiti e di ritrovata cittadinanza.
Etica e
pragmatica. Suvvia, uno sforzo di fantasia e di immaginazione!
21 ottobre 2013
I docenti
dell’IC di Mascalucia (Catania): Antonio Pirrone, Maria Saeli,
Claudia Pappalardo, Marzia Gullotta.
Già, dice adesso
Polibio, la scuola pubblica statale italiana è in gran parte
disastrata, a partire dell’edilizia per quanto concerne la
sicurezza, e spesso gli istituti scolastici sono mal gestiti, niente
affatto controllati (e non soltanto per l’ultra decennale carenza di
ispettori tecnici, tuttora priva delle poche decine di posti
corrispondenti ai “vincitori” di un concorso durato molti anni e
oggetto di ricorsi e di accertamenti in ordine al suo svolgimento) e
non valutati. Istituti scolastici statali che hanno visto non pochi
presidi condannati per comportamento antisindacale, per arbitrari
procedimenti e irrogazioni di sanzioni disciplinari, magari per
mobbing e per reati penalmente perseguibili, mentre
l’amministrazione pubblica ha dovuto pagare danni patrimoniali e non
patrimoniali e spese di giudizio come disposto dalle sentenze della
magistratura del lavoro, di quella amministrativa e di quella civile
(e nulla si sa se sono stati attivati i procedimenti nei confronti
di coloro che si sono resi responsabili).
La gestione del
fondo d’istituto, ovviamente ridotto rispetto agli anni precedenti,
vede attribuite somme notevoli (fino a 800 ore, ciascuna al prezzo
di 27 euro) a collaboratori del dirigente scolastico, mentre ci sono
stati dirigenti scolastici condannati per comportamento
antisindacale poiché non intendevano rendere trasparente il quadro,
del tutto pubblico trattandosi di risorse finanziarie derivanti dal
pagamento delle tasse da parte dei contribuenti onesti,
dell’utilizzazione e della ripartizione del fondo d’istituto.
Il d.l. 6 luglio
2012, n. 95, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 7
agosto 2012, n. 135, ha per titolo “disposizioni urgenti per la
revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai
cittadini”. Il comma 27 dell’articolo 7 (Dematerializzazione di
procedure in materia di istruzioni, università e ricerca”) così
recita: “Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della
ricerca dispone entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore
della legge di conversione del presente decreto un Piano di
dematerializzazione delle procedure amministrative in materia di
istruzione, università e ricerca e dei rapporti con le comunità dei
docenti, del personale, studenti e famiglie”. Un Piano di
dematerializzazione, fondamentale per la realizzazione del “registro
elettronico”, che tuttora, se esiste, si trova chiuso nel limbo,
sostanzialmente, in termini di concretezza, inesistente. D’altra
parte, per l’attuazione delle disposizioni di cui al comma 27 e ai
commi dal 28 al 32 si deve provvedere “con le risorse umane,
strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. E allora
gli insegnanti “pagano”, anche con maggior lavoro a titolo gratuito.
E già pagano abbastanza per quanto non gli viene riconosciuto (o
rinviato) per scatti stipendiali e perché il Contratto collettivo
nazionale di lavoro non viene rinnovato e ripetutamente rinviato a
“data da destinarsi”.
Le famiglie
degli alunni vengono “sollecitate” a pagare una somma “volontaria”
al momento dell’iscrizione dei figli a scuola. Carta igienica a
parte, che gli alunni portano nella cartella, una scuola, tra le
tante scuole allegre, ha chiesto formalmente (carta intestata
dell’istituto scolastico, data e numero di protocollo, oggetto e
firma del d.s.) ai genitori degli alunni il versamento di un
“contributo volontario”di 5 euro, spendibile solo nei confronti
degli alunni i cui genitori hanno effettuato tale pagamento”, per
“l’acquisto di materiale di facile consumo di cui l’alunno ha
bisogno durante l’anno scolastico”. Con l’aggiunta che ai “non
aderenti”, “al fabbisogno”, “durante l’anno scolastico potrebbe
essere richiesto dall’insegnante un contributo rapportato alla spesa
sostenuta per acquisto di materiale del facile consumo che si
renderà necessario per supportare l’attività didattica”. Sembra che
per quest’anno scolastico la richiesta formale non c’è stata, ma
gli/le insegnanti sarebbero stati sollecitati a raccogliere, per
singola classe, la quota di 5 euro, dopo aver verbalmente comunicato
ai genitori degli alunni di provvedere così al versamento (“dicta
volant” dato che “scripta manent”). Il ruolo della RSU, dei singoli componenti della RSU, dei delegati sindacali, di tutte le organizzazioni e associazioni sindacali del personale docente e ata del comparto scuola è importante per la difesa dei diritti costituzionali nei luoghi di lavoro, per la correttezza e per la legalità, contro le arbitrarietà e le illegalità da chiunque commesse. Le segreteria regionali e provinciali, e quelle nazionali, debbono sempre intervenire. L’unità delle organizzazioni sindacali “ai fini di una rivendicazione di diritti legittimamente acquisiti e di ritrovata cittadinanza”.
Polibio
Polibio informa i suoi lettori che presto sarà attivato il sito http.//www.polibio.net. Si sta provvedendo a inserire in archivio tutti gli articoli da lui scritti dal 10 luglio 2010 al 31 dicembre 2012. |