L’insostenibile pochezza delle Pillole del sapere da blogsocial.com, 7.10.2013.
Tutti, da ragazzini, ci
siamo chiesti come funziona un semaforo, con quelle strane luci, una
verde, una rossa e una gialla. Oppure quali sono i gesti che un
vigile urbano utilizza per dirigere il traffico: alt, “circolare” e
altri segni convenzionali simili. Un tempo curiosità come queste
potevano essere tranquillamente tolte da papà e mamma, a titolo del
tutto gratuito. Oggi invece si pagano profumatamente. Il Ministero
per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca pare abbia infatti
sborsato 39mila euro (l’una) per acquistare le Pillole del sapere,
videoclip di tre minuti su temi di questo tenore (nonchè ovviamente
su storia, geografia e altre materie di studio), destinati ad essere
i contenuti didattici digitali per gli studenti italiani: anche la
Regione Sardegna – dopo aver abbandonato il progetto primitivo che
prevedeva l’utilizzazione di contenuti originali elaborati dai
docenti isolani di concerto con le istituzioni scolastiche – ha
scelto di riempire con le Pillole del sapere i contenuti didattici
del progetto
Scuola Digitale. Progetto nato, come ormai è noto, per rendere
la nostra regione un’eccellenza nel campo dell’educazione digitale
italiana con un congruo finanziamento di125 milioni di euro
provenienti dai fondi europei Fesr e Fse. L’inchiesta sulle Pillole del sapere
Ci ha pensato però la
magistratura a scongiurare un ulteriore spreco delle già esigue
risorse regionali. Come riporta l’edizione romana del
Corriere della Sera, tre funzionari pubblici (il capo del
dipartimento Programmazione e gestione delle risorse del Ministero
dell’Università e Ricerca, Giovanni Biondi, l’ex direttore generale
Massimo Zennaro e Antonio Giunta La Spada, direttore dell’Agenzia
nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica – Ansas) sono
indagati per un presunto abuso d’ufficio relativo all’assegnazione
nel 2010 dell’appalto per le Pillole del sapere, vinto – prosegue il
quotidiano – “dal consorzio Alphabet, il cui azionista di
maggioranza col 70% del capitale è la società Interattiva di Ilaria
Sbressa, moglie del direttore delle relazioni istituzionali di
Mediaset Andrea Ambrogetti, braccio destro di Fedele Confalonieri”.
Sbressa e Ambrogetti – come riportato dal Corriere e dal
Fatto Quotidiano – sono stati arrestati lo scorso 24 settembre
(il secondo è ai domiciliari) nell’ambito dell’inchiesta milanese
sulla “bancarotta da 3 milioni della
loro srl, nonché per le ipotesi di turbativa d’asta e tentata truffa
allo Stato su 5,1 milioni stanziati dal ministero dell’Istruzione
(all’epoca guidato da Mariastella Gelmini, che nominò Zennaro) per
le «Pillole del sapere»“. Pare che gli stessi
dipendenti della società che li ha prodotti abbiano ammesso che
i filmati – realizzati con immagini prese dal Web – avevano
un costo di produzione di mille euro l’uno. La modifica del progetto Scuola digitaleSarà compito della magistratura scoprire perché il Miur ha pagato le Pillole del sapere 39 volte tanto. Ma ai sardi preme sapere perché la Regione Sardegna, come testimoniano le molte prese di posizione (tra cui anche un’interrogazione parlamentare dell’ex deputato dell’Idv Federico Palomba), ha cambiato in corsa l’originario progetto Scuola Digitale modificando il bando tre giorni prima della scadenza. Come più volte denunciato dall’ex direttore Scientifico Silvano Tagliagambe, il progetto primitivo, che prevedeva la realizzazione di contenuti didattici originali perfettamente attagliati ai programmi scolastici, avrebbe fatto veramente della Sardegna una regione all’avanguardia nell’informatizzazione della scuola, tra l’altro consentendo alle famiglie sarde un risparmio di circa 350 euro all’anno nell’acquisto dei testi scolastici. Invece la Giunta presieduta dal presidente Ugo Cappellacci, che tra l’altro proprio oggi sulle pagine de L’Unione Sarda lamenta giustamente il fatto che solo il 43 per cento delle gare d’appalto per i lavori pubblici bandite in Sardegna sono vinte dalle imprese sarde, ha cambiato idea scegliendo di riempire il progetto Scuola digitale con contenuti didattici realizzati fuori dall’isola. Interessante, a questo proposito, è la ricostruzione degli avvenimenti data oggi dal notiziario online SardiniaPost che da tempo si sta occupando dell’argomento.
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