È partita l’era dei privati nella scuola? di P.A. La Tecnica della Scuola 27.10.2013 In una scuola in provincia di Novara, per trovare soldi, si vendono i vecchi banchi, con i calamai e porta pennino, e a Monza si chiedono fondi alle aziende per finanziare i laboratori teatrali in cambio di pubblicità, mentre a Roma una azienda di computer ha fornito 50 postazioni informatiche Un modello all’americana, insomma, con cui non solo le aziende, ma gli ex allievi, chi ha avuto successo grazie anche ai propri studi, si volti indietro a dare un contributo perché anche le nuove generazioni possano avere le sue stesse opportunità. Il tema dei finanziamenti dei privati nella scuola pubblica non è nuovo, mentre secondo una rilevazione della Flc Cgil di quest’anno ammonterebbe intorno a 335 milioni all’anno i contributi delle famiglie alle scuole, a cui si aggiungono i dati di Eurostat l’Italia per la quale lo Stato investe solo il 4,4 per cento del Pil per l’istruzione mentre la media europea è del 5,2. Dice l’ex ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer: “Va bene chiedere aiuto anche ai privati purché la gestione sia controllata”. Un’idea che in molti hanno già sposato per necessità o convinzione, anche se nel decreto Carrozza sono stati stanziati fondi per wi-fi e scuole dopo anni di tagli. Uno studio sul territorio lodigiano, scrive sempre il Corriere, dell’anno scorso, confrontando i dati del Miur sui fondi delle scuole superiori, dimostra che, in epoca in cui servono lavagne multimediali e ebook, non ci sia istituto che non ricorra ai fondi privati. Il Liceo Gandini addirittura ha in bilancio il 60 per cento di soldi che arrivano dai privati e solo il 18 da finanziamenti statali, l’Itis Cesaris di Casalpusterlengo ha il bilancio diviso a metà tra soldi privati e fondi pubblici, che spesso non raggiungono che poche migliaia di euro per ogni istituto. |