La Scuola media unica ha compiuto 50 anni

di Girio Marabini, Pavone Risorse 5.10.2013

Il 1 ottobre la Scuola media ha compiuto 50 anni.

Per l’occasione Il ministro della Pubblica Istruzione ha tra l’altro dichiarato: "Penso che quella della Scuola Media Unica sia stata la più grande riforma della scuola italiana dal Dopoguerra a oggi e che ne dobbiamo essere orgogliosi. Fu un grande elemento di democrazia e di apertura e dovremmo anche riprenderne i fondamenti, non trascurando di valutare la qualità della nostra scuola di massa e della formazione".

In questi 50 anni la scuola media ha mostrato tutte le sue potenzialità ma anche tutte le sue debolezze, peraltro non ancora superate completamente. Penso in particolare al problema dell’orientamento scolastico e a quello strettamente connesso della uguaglianza delle opportunità.

L’orientamento scolastico nei fatti e in molti casi, è stato ridotto a periodo di informazione sul proseguimento degli studi e sul mondo del lavoro, piuttosto che essere assunto a base del processo educativo così come prevedevano le norme del ’63, la legge 517/77 (integrazione) e i programmi didattici.

Secondo i programmi del ‘79 occorreva, infatti, abbandonare ogni forma di selezione (valorizzando semmai le differenze) in favore di processi educativi orientativi e di “pro-mozione”(nel senso latino del termine: spingere avanti verso una meta), che potessero liberare le energie creative della persona, processi educativi che rendessero conto delle capacità, delle attitudini, delle possibilità di ognuno e che garantissero eguali opportunità di partenza.

Le stesse discipline dovevano essere insegnate mettendo in evidenza gli elementi e gli aspetti orientativi, insiti nei loro contenuti. Si pensi ad esempio al principio della “operatività” che non doveva essere solo appannaggio della Educazione tecnica ma che doveva essere modalità didattica di tutte le discipline.

La scommessa della scuola media unica si giocava proprio sul superamento della distinzione tra una scuola selettiva (la distinzione tra scuola media e avviamento professionale lo era nei fatti) e una scuola orientativa.

La prima è quella fondata sulla lezione frontale, sui contenuti, sulle discipline codificate, che spesso diventano obiettivi delle stesse programmazioni, sulla votazione con la quale si decide della bocciatura e della promozione.

La seconda al contrario usa i contenuti: essi diventano strumento per la formazione dell'alunno in modo tale che questi possa prendere coscienza di sé, della realtà, delle sue possibilità e capacità. Ecco dunque la necessità di tornare “ai fondamenti “ come ha detto il ministro Carrozza, di tornare, aggiungo io, ai principi irrinunciabili di una scuola che orienta e che pro-muove (in tale quadro la stessa valutazione diventa formativa ed orientativa, superando il concetto di verifica “fiscale” degli apprendimenti). Un ultimo aspetto da segnalare: la scuola media purtroppo in questi anni ha scontato anche la brevità del ciclo di studi (tre anni).

Essendo una scuola prevalentemente dedicata al settore della pre-adolescenza, un periodo della vita dell’uomo davvero “tempestoso” e che la psicologia fissa sommariamente tra gli undici e i quindici anni, avrebbe dovuto proseguire con l’assegnazione di uno o di due ulteriori anni di completamento dell’obbligo, lasciando alla scuola secondaria superiore il compito di fornire, attraverso un triennio o quadriennio dedicato, le conoscenze, le competenze e le abilità necessarie per il proseguimento degli studi o per l’inserimento nel mondo del lavoro (per altro oggi davvero problematico). Solo in questo modo avrebbe potuto svolgere in modo produttivo quel ruolo di cerniera che ha sempre avuto tra la scuola primaria e quella secondaria di secondo grado.