L'Invalsi non può “valutare”
i docenti, ecco il perché
Marco Barone,
xcolpevolex 7.10.2013
Quella che ora commento è la terza sentenza che entra nel merito
della questione prove Invalsi nel settore della Scuola. Dopo Trieste
e poi Parma ora è il turno del Tribunale di Terni. Una causa
discussa il 22 ottobre 2012 con contestuale lettura negativa del
dispositivo, dopo ben un anno arriva la sentenza n° 487/2012 che è
stata depositata "solo" il 2 ottobre 2013.
La questione riguardava la vicenda della legittimità o meno delle
prove Invalsi nel settore della scuola, con tutte le sue attività
correlate, somministrazione, correzione e tabulazione, interruzione
dell'attività didattica che nel ricorso venivano intese al massimo
come attività aggiuntive e dunque non obbligatorie per il personale
scolastico e la conseguente competenza deliberativa del collegio
docenti, ma si sollevavano anche i noti problemi sulla privacy,
sulla minata libertà d'insegnamento e così via discorrendo.
Il docente, in relazione ad una circolare che veniva intesa come
ordine di servizio, dopo aver prodotto atto di diffida e contestuale
manifesta volontà motivata di non accettare nella propria ora
l'interruzione dell'attività didattica per favorire lo svolgimento
delle prove Invalsi ed essere messo a disposizione, poiché nella sua
ora subentrava altro docente individuato come somministratore, non
essendo pervenuta la reiterazione dell'ordine di servizio, entrava
in classe per svolgere il suo ordinario lavoro, come programmato e
calendarizzato.
Veniva sanzionato con una censura.
Prima di entrare nel merito di alcuni passaggi importanti di questa
sentenza, che è autonoma rispetto a quella di Parma e Trieste perché
il Giudicante non richiama né l'una né l'altra, e forse anche
peggiorativa per alcuni aspetti, voglio sottolineare che dal punto
di vista lavoristico, perché la vertenza riguardava l'aspetto
lavoristico della questione, si tende a consolidare
quell'orientamento che vuole la statalizzazione del rapporto
lavorativo del personale scolastico. Intendo per tale concetto il
fatto che per Legge si introducono e si impongo attività che
dovevano essere normate e disciplinate in via contrattuale, ma la
questione ferie precari, la questione idonei ad altri compiti, per
esempio, ed ora le prove Invalsi, confermano invece il continuo
indebolimento della funzione del contratto nel settore della scuola
ed il rinforzamento della competenza legislativa in materia che
viene legittimata da buona parte della giurisprudenza. Non che il
contratto sia l'assoluta perfezione, anzi, ma ciò è un dato
principalmente politico e sindacale ed ora anche giuridico sui cui
necessariamente riflettere, anche per quella certezza del diritto
che viene sempre meno.
Veniamo ora al dunque della sentenza n° 487/2012 del Tribunale del
Lavoro di Terni.
Il Giudice, con una sentenza di 24 pagine, di cui solo mezza pagina
di formale motivazione, respingerà il ricorso così scrivendo dopo
aver eccepito il difetto di legittimazione passiva della singola
istituzione scolastica ma riconoscendo quella del Miur: nel merito
la lucida, puntuale,convincente interpretazione che il Ministero ha
fornito ed illustrato sulla normativa dell'Invalsi e
sull'illegittimo comportamento tenuto del ricorrente, trova la piena
adesione del Giudicante , per cui sarebbe una inutile ripetizione
sovrapporre ulteriori considerazioni giuridiche del sottoscritto a
quelle sviluppate dal Ministero Il ricorrente andrebbe condannato
alle spese del procedimento, tuttavia la peculiarità della materia
il dibattito che in sede nazionale hanno suscitato le prove invalsi
e le contrastanti opinioni che si sono registrate ben possono
costituire le gravi ed eccezionali ragioni che inducono a compensare
le spese a favore del ricorrente.
Si evincono alcune particolarità giuridiche a dir poco rilevanti.
L'aver assorbito l'atto di memoria di parte resistente, quella del
Miur, ed aver trasformato le ragioni dedotte dal MIUR come parte
sostanziale ed effettiva delle motivazioni, lascia intendere che la
motivazione della sentenza è quanto dedotto dal MIUR, cosa a dir
poco singolare e rarissima, infatti, il Giudice scriverà che trova
la piena adesione del Giudicante , per cui sarebbe una inutile
ripetizione sovrapporre ulteriori considerazioni giuridiche del
sottoscritto a quelle sviluppate dal Ministero.
Si deve sottolineare l'importanza del ragionamento effettuato sul
tema della soccombenza.. Il non aver applicato il principio della
soccombenza, pur avendo respinto il ricorso, è significativo poiché
ha reputato, giustamente, la materia controversa, essendo emerse
opinioni contrastanti; dunque da ciò si desume che se una materia è
altamente conflittuale ed oggetto di dibattito politico sindacale
ciò legittima in caso di rigetto di ricorso la compensazione delle
spese. Altro aspetto preliminare da evidenziare è il non aver
riconosciuto la legittimazione passiva della singola Istituzione
scolastica condividendo l'orientamento che vuole che nelle
controversie relative ai rapporti di lavoro, la sussistenza della
legittimazione passiva dell'Amministrazione centrale, mentre difetta
quella del singolo istituto (Cass. 10 maggio 2005, n. 9752; 28
luglio 2008, n. 2052; 21-03-2011, n. 6372 ).
Cosa dice il MIUR, nelle parti che reputo più salienti, in tema di
prove Invalsi nella sua memoria difensiva che è stata recepita nella
sentenza in via sostanziale come effettiva motivazione?
Che le prove quindi hanno una “vocazione” esterna alla singola
istituzione scolastica, servono (devono servire, non possono servire
che) ad operare riflessioni in termini sistemici (al fine di una
successiva ed eventuale ricaduta su norme o azioni di carattere
generale: ad es. programmi, indicazioni didattiche e metodologiche,
benchmarking, ecc.): si veda l’art. 3 comma 3 D.lgs. 286/2004: “Gli
esiti delle attività svolte ai sensi del comma 1 sono oggetto di
apposite relazioni al Ministro, che ne dà comunicazione alla
Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281. Le relazioni riferiscono sui risultati e
possono segnalare indicatori ritenuti utili al miglioramento della
qualità complessiva del Sistema” (…);
Che Nessuna disposizione normativa attribuisce invece all’INVALSI un
potere di intervento sulle istituzioni scolastiche o sui docenti i
cui allievi abbiano ottenuto risultati più scadenti;
Che le rilevazioni Invalsi sono attività ordinaria ed istituzionale
delle istituzioni scolastiche onde le attività ad esse collegate
rientrano nei doveri d'ufficio; gli organi della istituzione
scolastica non hanno competenza né sull'an né sull'quomodo delle
prove e il singolo docente- non destinatario di alcuna ricaduta sul
proprio status giuridico ed economico nel caso di valutazioni
negative degli allievi- non può impedire lo svolgimento delle prove
Invalsi.
Dunque se da un lato emerge, in via di interpretazione giudiziaria,
l'orientamento che vuole la somministrazione, correzione e
tabulazione come attività doverosa del personale scolastico
interessato e nessuna competenza deliberativa sul se sul come da
parte del collegio docenti, dall'altro, ed è questo l'elemento
importante di tale pronuncia, che il singolo docente- non
destinatario di alcuna ricaduta sul proprio status giuridico ed
economico nel caso di valutazioni negative degli allievi- non può
impedire lo svolgimento delle prove Invalsi.
In via inversa, seguendo il ragionamento posto in essere dalla Corte
Costituzionale nel caso dell'articolo 19 dello Statuto dei
lavoratori ove in sostanza eccependo l'illegittimità costituzionale
della mancata previsione di una disposizione ha “scritto” de facto
una nuova disposizione giuridica, questo passaggio lo si interpreta,
per forza di cose, che in caso di ricaduta sullo status giuridico ed
economico del docente, in relazione all'esito negativo delle prove
Invalsi, il docente è legittimato ad intervenire per impedire lo
svolgimento delle citate prove.
Detto in breve l'Invalsi non può valutare né direttamente né
indirettamente i docenti, ciò lo dice il MIUR e la sentenza del
Tribunale di Terni.
Ed allora delle riflessioni sono dovute.
Per esempio le prove Invalsi non possono avere ricadute sulla
posizione economica dei docenti, non possono essere utilizzate come
parametro per definire la “produttività” ed il “merito” e l'aumento
degli scatti stipendiali e neanche incentivi economici, in caso
contrario il docente sarebbe legittimato ad impedire le dette prove.
Ma queste prove non possono neanche condizionare la posizione
lavorativa del docente.
Per esempio l' articolo 55 quater del dlgs 165/2001, anche se non
attualmente applicato nella scuola, quando norma che il
licenziamento in sede disciplinare è disposto, altresì, nel caso di
prestazione lavorativa, riferibile ad un arco temporale non
inferiore al biennio, per la quale l'amministrazione di appartenenza
formula, ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali
concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni
pubbliche, una valutazione di insufficiente rendimento e questo è
dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la
prestazione stessa, stabiliti da norme legislative o regolamentari,
dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti
dell'amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento,
certamente neanche in futuro potrà trovare applicazione con
correlazione all'esito negativo delle prove Invalsi.
Ma una riflessione deve essere maturata anche sul Decreto Scuola, in
fase di conversione, lì' ove all'articolo 16 prevede che Al fine di
migliorare il rendimento della didattica, particolarmente nelle zone
in cui i risultati dei test di valutazione sono meno soddisfacenti
ed e' maggiore il rischio socio-educativo, e potenziare le capacita'
organizzative del personale scolastico, per l'anno 2014 e'
autorizzata la spesa di euro 10 milioni, oltre alle risorse previste
nell'ambito di finanziamenti di programmi europei e internazionali,
per attività' di formazione obbligatoria del personale scolastico
con particolare riferimento: a) al rafforzamento delle conoscenze e
delle competenze di ciascun alunno, necessario per aumentare
l'attesa di successo formativo, in particolare nelle regioni ove i
risultati delle valutazioni sugli apprendimenti effettuate
dall'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di
istruzione e di formazione (Invalsi), anche in relazione alle
rilevazioni OCSE-Pisa, risultano inferiori alla media nazionale.
E' questa una ricaduta sullo status del dipendente od un intervento
sul dipendente che è costretto, in caso di esiti negativi di prove
Invalsi, a frequentare obbligatoriamente dei corsi di formazione?
Il collegio docenti, oltre ad essere competente a discutere di
Invalsi, se ci si attiene ai detti pronunciamenti (ma non a
deliberare pro e contro, né sul se e sul come) in realtà, stante
quanto dedotto in precedenza, potrebbe essere legittimato a
deliberare in materia di prove Invalsi, manifestando contrarietà,
nel caso di ricaduta, in relazione all'esito delle prove, sul
personale docente?
Dal quadro delineato emerge comunque la conferma di ciò che denuncio
da anni che l'Invalsi ha e non può che avere ed avrà una forte
ricaduta sulla libertà d'insegnamento e sulla programmazione
dell'attività didattica che rischia di rispondere a certe e date
volontà politiche od a chi finanzierà il sistema Invalsi, e tale
questione non può che essere affrontata in sede di discussione
sociale e politica e sindacale e non, a parer mio, giudiziaria.