Un ulteriore colpo all’obbligo di istruzione? di Maurizio Tiriticco, Educazione & Scuola 21.11.2013 Nella nota Invalsi n. 12537 del 18 u. s. leggo tra l’altro: “Per il presente anno scolastico, le prove della seconda secondaria di secondo grado rimangono ancora indifferenziate rispetto ai macro-indirizzi di studio, ma sono già in corso le azioni necessarie per giungere, a partire dal 2015, a una parziale differenziazione delle prove stesse in funzione delle diverse tipologie di scuola”. Ricordo agli amici dell’Invalsi che, con l‘articolo 1, comma 622, della legge 296/06, l’obbligo di istruzione è stato innalzato di due anni in tutti gli indirizzi degli istituti secondari di secondo grado. In particolare, all’articolo 2, c. 1 del dm applicativo 139/07 si legge: “I saperi e le competenze (articolati in conoscenze e abilità, n.d.a) assicurano !’equivalenza formativa di tutti i percorsi, nel rispetto dell’identità dell’offerta formativa e degli obiettivi che caratterizzano i curricoli dei diversi ordini, tipi e indirizzi di studio”. Ne risulta che è l’equivalenza formativa che costituisce il valore aggiunto dall’innalzamento dell’obbligo rispetto alla specificità dei singoli indirizzi. In particolare, il citato dm individua 16 competenze culturali, distinte in quattro assi pluridisciplinari (dei linguaggi, matematico, scientifico-tecnologico, storico-sociale (allegato 1) e 8 competenze chiave di cittadinanza (allegato 2). Per ciascuna delle competenze culturali sono dettagliatamente descritte le conoscenze e le abilità che concorrono alla loro acquisizione. Un analogo dettaglio riguarda le competenze chiave per l’esercizio della cittadinanza attiva e viene specificato che “l’elevamento dell’obbligo a dieci anni intende favorire il pieno sviluppo della persona nella costruzione del Sé, di corrette e significative relazioni con gli altri e di una positiva interazione con la realtà naturale e sociale” (allegato 2). Tale assunto normativo è coerente con le finalità dell’istruzione obbligatoria, sancita dall’articolo 33 della Costituzione, che va letta e attuata nella lettera e nello spirito dell’articolo 3, che affida alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli che “impediscono il pieno sviluppo e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Pertanto, in ordine sia al dispositivo costituzionale che alle citate disposizioni normative – e se le parole hanno un senso – risulta che la preoccupazione del costituzionalista, del legislatore e della stessa amministrazione è che TUTTI i nostri studenti “obbligati” raggiungano indistintamente quelle competenze, culturali e di cittadinanza, che garantiscono l’unitarietà dell’istruzione di base pur nell’articolazione di diversi percorsi. Pertanto, se si optasse per una scelta di prove differenziate, si romperebbe tale unitarietà e si proporrebbero inevitabilmente prove “più facili”, quando si passa dall’istruzione liceale a quella tecnica e professionale. E si legittimerebbe di fatto quella differenza civile e culturale tra cittadini, contro la quale, invece, una istruzione obbligatoria per sua natura è impegnata a battersi. Ricordo che la recente indagine Isfol-Piaac, realizzata in 24 Paesi avanzati del mondo, ha dimostrato che il nostro Paese si colloca all’ultimo posto della graduatoria nelle competenze alfabetiche. E’ una situazione contro la quale occorre battersi! Perché i cittadini tutti – non uno di meno – acquisiscano quelle competenze civiche e culturali di base che sono assolutamente irrinunciabili E che sono “uguali” per tutti! Di qui l’interrogativo: in questa battaglia l’Invalsi vuole essere uno strumento di unitarietà o di differenziazione? |