Qui radio aula di Claudia Fanti, Educazione & Scuola 11.11.2013 Cari colleghi e colleghe a che punto siamo noi? Per adesso ciò che vediamo è un punto di non ritorno. Allora, le nostre aule sono come erano l’anno scorso e l’anno prima. In un angolo dell’aula c’è però un pc con uno schermo piccolo piccolo, un pc di quelli a colonna, pronto per il registro elettronico! E’ già comunque un lusso anche se non richiesto perché non sappiamo che farne a parte qualche lavoretto occasionale, perché è un lusso che ci priva di un lusso più ambito e cioè di un metro quadrato di aula per spostare i banchi e adattarne la disposizione a seconda delle attività che vorremmo organizzare. Il numero degli alunni è cresciuto. Il dirigente è una persona che dovrebbe avere tentacoli per arrivare dappertutto dato che è un reggente. Gli alunni e le alunne con disagi di diversa tipologia aumentano, gli insegnanti di sostegno diminuiscono. Non ci piace l’Invalsi, non ci piacciono i voti. Diciamolo, molti fra noi sono cambiati, come pure la didattica invalsizzata, timorosa, pronta e agghindata di verifiche preparatorie all’appuntamento con questi bellimbusti sputasentenze: prove e pagelle con le caselle nelle quali scrivere i sacri numerini. Le supplenze sono azzerate: le copriamo noi docenti di ruolo, quindi sono a terra le nostre antiche compresenze che tanto servivano per far fronte alle difficoltà. Quindi gli aspiranti insegnanti resteranno a sognare punteggi per il futuro che non arriverà mai. La circolare del 2010 è lettera morta! I materiali di facile consumo? Non ci sono: li compriamo noi, altrimenti non sapremmo che fare. D’altra parte non sarebbero chiamati “facile consumo” se non si consumassero in un batter d’occhio, o no? A voi, cari colleghi e colleghe, interessano i discorsi sulle magnifiche sorti progressive dei nostri governanti? Mi pare proprio di non aver udito un solo commento positivo né nei corridoi né in Collegio, quindi perciò d’altronde il verbo è “arrangiarsi”. Ma non è proprio così, si sono aperte da poco le libere adesioni alla formazione sulle Indicazioni, la libera adesione a reti di scuole interessate alle Indicazioni ministeriali: la corsa a prendervi parte come è stata? Libera o un po’ condizionata dai discorsi dei vostri dirigenti? A me non è parso che ci sia stata un’adesione corale. E a voi? I vostri stipendi sono aumentati? No, non fa nulla, noi e le famiglie siamo i volontari preferiti dal ministero: investiamo i nostri soldi per tappare le falle. Vi è mai capitato di fare un acquisto perché la vostra classe aveva vinto un premio in denaro? Alla mia classe sì, ma meno male e grazie al cielo è accaduto una sola volta e ritengo che sia meglio non accada mai più: sì, perché il calvario per poter spendere quanto vinto, non è ancora finito: tra i preventivi ai negozi, i se e i ma degli stessi per vendere a una classe qualcosa, le e-mail da spedire, la segreteria della scuola incerta sul da farsi, è un vero e proprio percorso a ostacoli. Non possiamo avere consapevolezza certa di come finiremo: certo è che la politica, gli annunci dei partiti in materia, per ora, non hanno dato segnali di comprendere che per la stragrande maggioranza delle scuole e degli insegnanti sarebbe magnifico sentir dire almeno una volta che la riforma Gelmini sarebbe da cancellare. Soltanto questo annuncio potrebbe alleviare la perdita di potere d’acquisto dei nostri salari e il loro reiterato blocco in nome del bene, alquanto sospetto, dell’Italia. Una volta eliminata la riforma, si potrebbe cominciare a ragionare di molto altro. Certo della fattibilità di una pedagogia serena, attenta a trovare soluzioni ai problemi che pure resterebbero in campo: come condurre classi numerosissime? Quali strategie per i bambini e le bambine straniere inseriti in corso e a fine anno? Cosa fare se qualche alunno picchia e insulta? In quale modo aiutare le famiglie? Quale e quanta tecnologia di supporto? Quali tempi occorrerebbero per ogni disciplina? Come fare per dare trasversalità a una buona programmazione? Quale aggiornamento? Come fare affinché sia differenziato e che ogni insegnante della scuola in cui lavorate porti agli altri un contributo da rielaborare ed eventualmente utilizzare? In quale modo valutare in maniera sensata? Le domande a cui potremmo trovare una risposta tutti insieme si affollano, intanto andiamo avanti ogni mattina e ogni pomeriggio. A casa lavoriamo e compiliamo documenti, elenchi, prepariamo colloqui con tutte le famiglie che stanno arrancando perfino per comprare gomme e matite. Sono le nostre partner sgarrupate come noi, con le speranze che vorrebbero far capolino ma vengono puntualmente schiacciate prima di arrivare alla fine del mese che, quello sì, è un traguardo prescrittivo! E noi a sostenere, a saltare, cantare, tagliare cartoncini, sollecitare pensiero e parole nei loro figli che nelle nostre speranze vorremmo avessero un futuro più roseo del presente. Per questi figli abbiamo adottato in tante e da tempo sistemi di scuola non competitivi, accoglienti, rispettosi delle loro intelligenze, siamo pronte a stimolare in loro domande, a non fornire risposte preconfezionate. Vogliamo per loro un mondo nel quale possano far valere le convinzioni e le istanze di una democrazia matura, nella quale la meritocrazia non la faccia da padrona e al posto della quale i cittadini e le cittadine del futuro pratichino il sostegno, la collaborazione, la condivisione o l’appoggio per comprendere se stessi e gli altri. Abbiamo dalla nostra, come ho detto tente volte, il pensiero, le letture, le conversazioni, la possibilità di guardare la natura gratuitamente e di percepirne insieme le sofferenze e i punti di forza…Abbiamo noi stessi insieme con bambine e bambini. E’ tanto per insegnanti abituati a lavorare con il niente. E’ tanto e prezioso. Continuiamo a testa bassa a resistere, a dare dignità a noi stessi, agli alunni, alle alunne…e al presente, riempiendolo di voglia di cambiare le cose che non vanno, di visioni di ciò che potrebbe essere e ancora non è. |