Orientamento: che vuol dire?

di Giocondo Talamonti, Fuoriregistro 27.11.2013

Il ruolo precipuo della scuola è quello di formare individui che dovranno dare, con il proprio lavoro, il loro contributo allo sviluppo di una società.

Formazione e orientamento seguitano ad essere termini e situazioni confuse. Vediamo di far chiarezza: orientare significa indirizzare la formazione professionale o l'istruzione verso settori lavorativi che, da analisi di mercato, studi sociologici, valutazioni economiche, programmazioni industriali e scelte politiche, fanno presumere potenzialità occupazionali, a breve o medio termine, fatta salva la libertà di ciascuno di intraprendere il corso di studi che ritiene più consono alle capacità e agli interessi personali. Negare che questa previsione possa estendersi ad obbiettivi di cinque anni, significa non aver capito niente dell'orientamento, non sapere che cosa vuol dire programmare, negare l'efficienza della progettazione, disconoscere i parametri da utilizzare nell'individuazione, tirare a campare o contare sulla raccomandazione, come ratio, neppure tanto estrema.

Probabilmente, qualcuno riterrà l'orientamento una limitazione alla libertà individuale di scegliere cosa fare nella vita, senza contare che un orientamento esteso a tutti i settori occupazionali offre garanzie di scelta e di realizzazione di aspirazioni personali. E' un aiuto incommensurabile, un risparmio di risorse economiche e finanziarie semplicemente irrinunciabili per l'intera comunità. Quando le scelte dei giovani seguono la moda del momento o si avvalgono dei mezzi di diffusione di massa (vedi l'affollamento ai corsi di cucina), equivale a costatare che non c'è orientamento. Sì, perché orientare è un compito difficile, necessita di coordinamento fra le istituzioni del territorio, impegna imprese, associazioni e agenzie in studi di settore, in previsioni e programmazioni politiche ed economiche, in risorse umane e professionalità specifiche. Cose che non si inventano e che necessitano di competenze, qualificazioni. Certo, anche dei costi. Ma non si prenda questa ultima voce come la ragione dell'impedimento. La verità è che i costi zero, con cui oggi l'insegnante di lettere esprime un giudizio di orientamento (consiglio) circa il corso di studi che il ragazzo dalla media inferiore deve affrontare, sono enormemente superiori, per i danni che crea, a quelli di un orientamento 'serio'.

Se è altamente probabile che fra tre o cinque anni si avrà necessità di mediatori linguistici o di programmatori informatici è perfettamente inutile intraprendere le professioni di moda. Aumenterà la disoccupazione in tal modo, aumenteranno le spese per la riconversione delle competenze, aumenteranno i ritardi nelle risposte al mercato, aumenteranno gli stress individuali e famigliari.

In questa inconcepibile e inguaribile organizzazione del mondo del lavoro, c'è chi ci sguazza e fa fortuna sulle disgrazie altrui: agenzie formative private e istituzionali, che potrebbero servire a rispondere a situazioni di emergenze e che invece proliferano nel mare nostrum dell'ignoranza.