Riforma pensioni Giovannini Letta 2013:
mirino su legge Fornero, quota 96 scuola
e lavoratori precoci

Dottor Tecnologia 13.11.2013

Il tema a dir poco bollente della riforma complessiva delle pensioni non è stata affrontato dal governo Letta nella legge di stabilità 2013 – 2014: è questo uno dei motivo per cui le principali organizzazioni sindacali hanno indetto uno sciopero di 4 ore per venerdì 15 novembre.

Il ministro del Lavoro Enrico Giovannini ha più volte ribadito, sia in interviste che in occasione di incontri pubblici, che la legge Fornero non sarebbe stata rivoluzionata, in quanto produrrà enormi benefici per le finanze dello Stato nei prossimi 10 anni, ma al massimo ci sarebbero stati degli aggiustamenti a delle storture causate dalla legge stessa, come quella degli esodati o dei quota 96 del settore scuola.

Per Maurizio Sacconi, ex responsabile del dicastero del Welfare nell’esecutivo Berlusconi, la riforma Fornero va abolita al più presto e al suo posto va reintrodotta la Legge Biagi che, a suo dire, funzionava benissimo. Una disputa che è ben lungi dall’essere terminata.

Intanto i lavoratori precoci o che svolgono una professione usurante sembrano essere caduti nell’oblio: infatti non c’è nessuna menzione a questa categoria di persone negli oltre 3 mila emendamenti alla legge di stabilità presentati dalle varie forze politiche.

Novità invece potrebbero giungere sulla norma che ha bloccato parzialmente la perequazione: la direzione della maggioranza, ma anche del governo Letta, è quella di cancellare la parziale indicizzazione delle pensioni prevista fino ai 3 mila euro lordi mensili, mentre rimarrebbe il mancato adeguamento all’inflazione per chi guadagna oltre la soglia sopra citata.

Per quanto riguarda i quota 96 del settore scuola, secondo voci provenienti dalla rete, i questionari per il censimento inviati al Miur sarebbero 14 mila, ma soltanto 4 mila sarebbero le persone che avrebbero i requisiti per poter andare in pensione. Di questi ultimi circa 500 sarebbero ancora disposti a continuare a lavorare.

Dunque i lavoratori interessati ad un provvedimento del governo sarebbero 3 mila e 500, ben lontani dai 9 mila stimati in un primo momento dall’Inps: in base a queste considerazioni dovrebbe essere molto più semplice reperire le risorse economiche necessarie per sanare finalmente uno dei vulnus più dolorosi della riforma dell’assetto pensionistico realizzato dall’esecutivo Monti.