Pensione alle donne e diktat
europeo
di Giovanni Sicali, La
Tecnica della Scuola
25.11.2013
Mentre anni fa
era stata avanzata la proposta di rendere differente l’età
pensionabile tra uomini e donne, perché equipararla avrebbe
rappresentato un’ingiustizia sociale, a puntare il dito contro
questo meccanismo è la stessa Commissione europea - da Bruxelles -
aprendo addirittura una procedura d’infrazione contro l’Italia
Si contesta all’Italia
la legge 214/ 2011, in base alle quali gli anni minimi di
contribuzione per ottenere la pensione prima di arrivare all’età
massima sono stati fissati in 41 e 3 mesi per le donne e 42 e 3 mesi
per gli uomini. Questa norma italiana andrebbe contro l’articolo 157
del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea che stabilisce la
parità di trattamento tra uomini e donne.
In risposta al diktat
europeo, la Alessandra Mussolini, ha lanciato una controproposta:
scontare un anno di lavoro alle donne per ogni figlio che hanno
avuto. “Credo che debba essere fatta chiarezza, visto che ci
vogliono fare andare in pensione dopo i 65 anni . (…) Noi mettiamo
al mondo dei figli e dobbiamo assolutamente trarre vantaggio da
questo. Perché ne trae vantaggio la società, visto che non si fanno
più figli”. Una volta tanto non sono in disaccordo con la dinastia
dei Mussolini.
Con la prossima legge
di stabilità, “non vorremmo – dice C. Damiano - che il Governo,
sulla base delle sollecitazioni che giungono dall’Europa, pensasse
di innalzare anche l’età pensionabile delle donne per equiparala a
quella degli uomini, magari destinando le risorse così risparmiate
nuovamente al risanamento del debito”. La Fornero, madre di 2 figli
e autrice della 214/21011, si dichiara pentita: “Non rifarei la
riforma, ma non è stata solo colpa mia”. Ma “dum Romae consulitur:
|
La pensione-donna
aggiunge un altro gradino verso la soglia dei 66 anni. Nel 2014
infatti, si allontana il traguardo della pensione di vecchiaia
per le donne. La riforma pensionistica ha dato un deciso colpo
di acceleratore alla equiparazione con l’età degli uomini.
|
|
Dal 1° gennaio 2012
(per le pensioni anticipate), l’età delle donne è salita
brutalmente da 60 a 62 anni, soglia alla quale già nel 2013 sono
stati aggiunti 3 mesi (per via dell’adeguamento alle cosiddette
speranze di vita). |
|
Dal 2014 il limite,
per le lavoratrici dipendente, sarà ulteriormente elevato a 63
anni e 6 mesi dal 2014. Per le pensioni di anzianità, dal 2014
il requisito contributivo per le donne (rispetto agli uomini) è
ridotto di un anno: 41 anni e 6 mesi.
|
|
Solo fino al
31/12/2017, al fine di disincentivare il pensionamento
anticipato rispetto a quello di vecchiaia, è stata introdotta
una misura di riduzione economica. Qualora si vuole uscire prima
dei 62 anni, l’assegno viene corrisposto, per la quota
retributiva (per l’anzianità maturata sino al 2011), con una
riduzione pari all’1% per ogni anno di anticipo; taglio che sale
al 2%, per ogni anno di anticipo che supera i 2 anni, riferito
ai 62 di età. |
|
In via eccezionale
e sino al 31/12/2015, per le sole donne è prevista un’ancora di
salvezza, a caro prezzo, come una beffa e una macina al collo.
Se le lavoratrici dipendenti scelgono di andare in pensione con
regole pre-Fornero - ossia a 57 anni di età con 35 di
contributi, potranno continuare a farlo, scegliendo però un
trattamento calcolato interamente con il criterio contributivo.
Un sistema sicuramente meno vantaggioso del “retributivo”,
riferito agli stipendi degli ultimi anni, con una perdita in
termini di pensione stimata in circa il 25-30%.
|
|
L’anno prossimo -
considerando l’aumento dell’età di 3 mesi (speranza di vita) e
la cervellotica interpretazione della legge da parte del
ministero, secondo cui il termine del 31 dicembre 2015 contiene
anche il periodo di attesa per l’apertura della finestra di 12
mesi le donne dipendenti, per ottenere la pensione contributiva,
oltre ai 35 anni di contribuzione, devono compiere i 57 anni di
età entro il 31 agosto 2014. |
|
Il nostro sistema
previdenziale riconosce alle donne lavoratrici madri un anticipo
rispetto all'età pensionabile per la pensione di vecchiaia nel
sistema contributivo pari a 4 mesi per ogni figlio e nel limite
massimo di 12 mesi, sempre nel caso in cui si abbia diritto al
trattamento pensionistico secondo il sistema contributivo, o
qualora si eserciti la facoltà di opzione (L. n. 335/1995, art.
1, c. 23) o la facoltà di computo (art. 3 del DM n. 282/1996),
se in gestione separata. |
La situazione delle
pensioni della scuola per il 2014 si potrebbe però sbloccare se
arrivassero novità dalla Corte Costituzionale che, tra circa un
mese, deciderà sulla legittimità dell'articolo 24 della legge
Fornero, anche se lo stesso Parlamento potrebbe decidere di
intervenire sull'argomento che interessa la stabilizzazione o il
pensionamento dei lavoratori della scuola (leggasi Quota 96).