La fine dei BES nel Paese dei cachi
di Raffaele Iosa,
Pavone Risorse
28.10.2013
L’attesa CM di
“chiarimento” del MIUR sulla questione BES, firma Chiappetta, è
dunque arrivata il 22 novembre. Esito sconcertante, ancora una volta
non definitiva e un ossimoro: passi avanti per tornare indietro.
Alcune parti della CM smontano durezze della Direttiva 2012; si cita
finalmente il DPR 275/99 autonomia, ma aumentano anche
contraddizioni e confusione, a metà di un guado interminabile.
Guado bagnato da questa “sperimentazione” in attesa di non si sa
cosa, impantanati su decisioni di dubbia legittimità da parte del
MIUR. Ad esempio, tutti sanno che qui la parola “sperimentazione” è
solo diplomatica, effetto bizzarro della trattativa sindacale di
giugno che ha fatto ritirare gli ukaze su PAI e dintorni a generico
laissez faire. Una sperimentazione che non ha vincolo giuridico e
aumenta la vacuità. A chi ha scordato il Regolamento autonomia
ricordo che l’art. 17 DPR 275/99 ha abrogato il potere del MIUR di
gestire sperimentazioni. Ricordo bene quando al MPI si discusse
sulla fine del Ministero padre-padrone della sperimentazione e del
dibattito parlamentare che confermò all’unanimità. Ma tanto vale,
l’intera attuale azione sui BES si basa dunque su un flatus vocis
senza coerenza giuridica.
Ma c’è di più:
la retorica frase per cui la sperimentazione servirebbe a
“monitorare procedure, metodologie e pratiche anche organizzative”
è di pessimo gusto normativo, visto che nulla è stato reso pubblico
sul come si monitora, chi lo fa (gli autori autorefenziali dei testi
o soggetti terzi?), quanto costa. Quindi se la fanno e se la dicono?
Eppure ammetto che la CM Chiappetta su alcuni aspetti sembra fare
qualche passo avanti di buon senso rispetto alla Direttiva. Vi è
un tono più sobrio dall’enfasi del modello BES-PDP-PAI precotti
(con i moduli mandati dal MIUR), soprattutto la (coraggiosa)
conferma della competenza dei docenti sul considerare la condizione
individuale degli alunni a prescindere dalle carte mediche. Si vede
il tentativo di riparare. Infatti la CM su vari aspetti semplifica,
smonta rischi iatrogeni (es. gli stranieri), riduce l’alluvione
obbligatoria di PDP, come segnala Salvatore Nocera. Ma basta? Per
me no, anche se l’oggi è meglio di ieri, perchè restano troppe
contraddizioni, figlie di una Direttiva con basi giuridica,
scientifica pedagogica ingarbugliate nei suoi epistemi. Come spesso
accade, la CM ridimensiona, semplifica, dimentica… Forse di più non
si poteva, nel paese dei cachi.
Torna una strana autonomia?
C’è un clamoroso
mini-lapsus nella prima pagina, dove (finalmente) in tema di
individualizzazione si cita l’art. 4 del DPR 275/99 Regolamento
autonomia (e il suo rango costituzionale) con un incipit che dice
“Giova forse ricordare che…”. Insomma quel forse a chi pensa:
all’amnesia delle scuole o all’amnesia degli autori precedenti, che
del Regolamento Autonomia si erano scordati?
Ma la CM Chiappetta doveva finire qui. Toccava al Ministero
segnalare il problema, indicare gli obiettivi per migliorare
l’inclusione, al resto ci avrebbero pensato le scuole. E poi (come
non si fa mai) controllare, altra cosa del monitorare. Quindi niente
calembour sui PDP, PAI, ecc..
La chiave dell’“autonomia” però si ferma all’affido alle scuole
dell’ autonoma decisione sui casi.
Per troppi anni l’autonomia è stata mortificata. Questo è solo un
segnetto incompleto. E’ però una leva che le scuole devono
utilizzare con forza, evitando che l’autonomia diventi
irresponsabilità ma anche di farsi servilmente più realisti del re.
Mi permetto un suggerimento: in fatto di inclusione si parta da
quello che si fa già, si rimettano in ordine le sbavature. Poi poche
sigle!
E a questo punto la CM Chiappetta poteva dire: “…E’ potere delle
scuole l’individualizzazione didattica, ma anche se utilizzare o no
“scatole formali” dette PDP oppure scegliere “scatole Qui Quo Qua”,
o altre. E’ rimandato alle scuole il come definire nel POF le azioni
inclusive, se fare un capitolino detto PAI, tra quello delle gite e
le assenze, o un testo detto “Paperino” sparso tra varie parti del
POF, ricordando però che non è “potere” ma “dovere” progettare
inclusione (art. 3 DPR 275/99 e art. 3 comma 2 Cost.). E invece no,
il resto della CM si arzigogola su PDP e PAI stile vecchio
Ministero, più confusi di prima, con il paradosso di ben 4 testi
normativi in 11 mesi!
Sottolineo che la questione autonomia è strategica, non è accademia,
è l’idea se la scuola sia vista come leva attiva di per sé o invece
una massa di ignoranti da ammaestrare. Noi siamo per il di per
sé, concetto questo della medesima filosofia che vogliamo si usi
verso quegli alunni che per svariati motivi faticano a scuola, e
cioè non trattarli come malati di qualcosa, cui offrire la nostra
narcisa riparazione (la filosofia iatrogena della Direttiva 2012),
ma soggetti di per sé dotati anche di doti, soprattutto di
resilienza da promuovere con empatia per il loro successo, e che
certificati e sigle potrebbero invece danneggiare. Ed è qui, nella
stretta relazione tra “autonomia delle scuole” e “autonomia delle
persone” che il vulnus perfino filosofico è aspro in questa vicenda
normativa. A mio parere, nella Direttiva la “non autonomia delle
persone” è circoscritta in una logica iatrogena, cui si vuol dare
risposte per i loro presunti “bisogni educativi speciali”, e questa
“non autonomia dei ragazzi” è non a caso connessa alla “non
autonomia degli insegnanti” ridotti a seguire il castello formale
dell’operare sui sintomi, del costruire tanti PDP, del trovare
agevolazioni varie abbassando l’autonomia professionale assieme alle
attese sui ragazzi, con difficili mediazioni e tanta confusione.
Un atteggiamento
di natura illuministica che risente di una certa pedagogia direttiva
dell’”elite dei puri” di cui temo risenta a volte, conoscendolo un
po’, anche Marco Rossi Doria.
Nel nuovo
Decreto Scuola le azioni per contrastare la dispersione scolastica
hanno una visione sistemica ben diversa dal modello BES, e spero che
Rossi Doria questa volta sia più prudente nel normarne la
gestione, partendo dalla fiducia dei docenti, partendo da ciò che
già si fa, favorendo il positivo che c’è, evitando di sembrare (in
buona fede?) promotori di Verità da pedagogia di Stato.
I cachi del PDP
La parte della
CM sul PDP è, purtroppo, deludente. Ricordo che il PDP, per la CM,
non è obbligatorio, non è dovuto da diagnosi clinica, è azione
pedagogica discrezionale. Ma ci può essere individualizzazione dispensativa/compensativa
senza un PDP e la codifica BES? La CM qui balbetta, si confonde,
dice cose opposte tra loro. Ma questo è il cuore di tutta la
questione!
Cerco di capire l’origine di questi balbettii. Nella CM si rivela
che la Direttiva aveva come priorità l’ “inserimento” dei
borderline e degli ADHD nelle categorie da “curare in modo speciale”
perché affetti da “disturbi” clinicamente accertati e di “sicura
origine neurobiologica”. Dunque: alcune lobbies hanno spinto per
avere “garanzie” su alcuni “stati personali” per avere una 170 bis
senza fare una nuova legge. Parlo di diagnosi su cui gli studiosi
litigano da anni sulla scientificità, comunque centrati sul sintomo
(QI o ADHD) e non sulla persona. Solo dopo (si dice “inoltre,
infine”) si pensa di aggiungere ai malati delle lobby anche gli
“altri inadeguati” tipo disagio sociale, disattenzione,
migrazione... dentro un’unica confusa macro-categoria cui porre un
“segno di separazione” con la sigla BES. A tutti, come aiuto, si
“concede” l’allargamento delle prebende della Legge 170 (dispensa
compensa, il vero tormentone). Legge, questa, cui vanno molte
critiche per l’idolatria di un problema reinventato “disturbo” con
varie teorie eziologiche e test discutibili, un modello iatrogeno
che privatizza in rapporti di forza famiglie iperprotettive e
scuola, isolaziona i ragazzi abbassandone le attese, medicalizza le
didattiche. La 170 favorisce fughe di altre lobbie per trattamenti
simili di isolazione. Fine dell’inclusione sociale. Ma qui Chiappetta
rischia: come potranno accettare adesso le lobbies dell’ADHD che i
loro protetti non siano garantiti di dispensa e compensa perché è la
scuola e non i dottori a decidere? Sento già aria di una CM
Chiappetta bis o di una 170 bis. E come faranno gli iatrogenisti
allupati a dominare sugli 80.000 ADHD e i 200.000 border? Su questo
vedo l’origine delle confuse versioni presenti in poche righe nel
capitolo del PDP.
Prima di
analizzare le confuse versioni sul PDP, però, notiamo una simpatica
stranezza perché la categoria degli “Inoltre infine gli altri”
riceve un nome. I classificatori della CM li battezzano “i
difficoltati”, da non confondere con i “disturbati”. Fa un po’
sorridere leggere la parola “difficoltà”, con la scansione tra
“ordinarie e gravi”, per descrivere i ragazzi non H, non DSA, non
Q.I. e non ADHD che si vogliono infilare nel recinto BES.
Servirebbe un giovane Basaglia a sgridarci con la sua “Maggioranza
deviante”. Questa parola sembra banale, ma è parola complessa:
persona vista considerando sia le difficoltà “dentro di sé” ma anche
quelle date dal ”mondo intorno” o nuova categoria para-scientifica
con una sua graduatoria di dolore? Chissà!
E’ curioso si
dica che queste difficoltà non sono di per sè categoria da BES,
anzi si affermi “…la scuola può intervenire nella personalizzazione
in tanti modi diversi, informali o strutturati, secondo i bisogni e
la convenienza..”. Ma perché solo i difficoltati sarebbero non da
BES? Tutti gli ADHD hanno bisogno di dispensa compensa o anche di
altri diversi modi, informali e strutturati?
E’ evidente qui il nodo: la questione Bes si/no è solo questione di
“potere” per le lobbies di famiglie e medici contro la scuola. Altro
che dialogo: imporre a insegnanti lavativi il Metodo Terapeutico.
Ricapitoliamo le confuse versioni: in una parte della CM si dice che
anche se i “difficoltati” non sono i “disturbati”, anche per loro si
può concedere dispense e compense, ma…necessariamente per tutti con
un PDP e una sigla BES, partendo anche dal grido di dolore
pervenuto al MIUR (lo usava Stalin per giustificare gli arresti) con
“richieste di docenti (genitori ADHD?)” per allargare gli strumenti
individualizzati. Da un’altra parte, invece, la CM sostiene che
sia per i difficoltati che per i disturbati ADHD e Q.I. non è
obbligatorio che la scuola li qualifichi come BES; la definizione è
lasciata alla discrezionalità della scuola, sia sulla “persona” (Bes
o no?) che sul progetto (PDP o no, dispensa/compensa o no).
Infatti, dice la CM, sia ragazzi con “disturbi” sia con
“difficoltà”, non compete alla scuola fare diagnosi, ma le compete
decidere se ai ragazzi vanno date o no le attività individualizzate,
a prescindere dalla diagnosi clinica, ma si sfuma sul tormentone:
anche per la dispensa/compensa? Si aprono squarci non di autonomia
nelle scuole ma di ansia: se abbiamo una diagnosi medica li
chiamiamo BES e facciamo un PDP o no? Ci possono essere
ritorsioni? Se ad Antonio un titolo di BES crea depressione, posso
lo stesso dispensare e compensare?
Dunque, la nota
Chiappetta avrà un effetto paradossale ma altamente salutare. Quello
che dà il titolo a questo articolo: “la fine dei BES”. Con questo
confuso parterre di norme i nuovi Bes catalogati secondo la
Direttiva si ridurranno a quattro gatti. Nel dare “potere” alle
scuole in questo modo tutto romano avverrà sicuramente una forte
riduzione quantitativa dei nuovi Bes, perché le scuole non sono così
allupate di carte quando in cambio c’è il nulla (né soldi né
personale), ma continueranno ad agire sul disagio individuale con
l’attenzione di prima, bene o male secondo le scuole, evitando
targhe inutili e lavorando sottovia, speriamo con buon senso. E
perché la scuola deve rischiare quando le norme sono confuse ed è
solo sperimentazione? Prendete gli stranieri: prima dovevamo
inserirli se arrivati da poco, adesso stiamo attenti che non ci
siano discriminazioni! Bel cambio!
Dunque, la
Direttiva BES viene nei fatti ridimensionata proprio nel suo cuore
ideologico, quello del classificare e separare. E il basso numero
di bessati sarà il segno della fine. Perché la iatrogenesi punta ai
numeri, che siano alti e ben protetti.
Sorridiamo amaramente anche per il PAI, sfumato da Chiappetta che
riprende il linguaggio barocco della CM Stellacci e addolcisce il
militarismo della Direttiva che voleva PAI a giugno ed elenchi BES
in bell’ordine! Adesso il PAI è uno “sfondo e fondamento sul
quale sviluppare una didattica attenta ai bisogni di ciascuno nel
realizzare gli obiettivi comuni”. Sfondo e fondamento: uno svarione
linguistico da giuristi prestati al pedagogese del genericismo
parolaio.
Anche la
continuazione della sperimentazione porterà al grande risultato dei
quattro gatti BES..
Ma scrivo questo
con amarezzza, perché le difficoltà del vivere e dell’essere sono
grande tema educativo, trasversale a tutti, cui le classificazioni
se mal poste producono ulteriori dolori. Un’occasione perduta a
parlare seriamente di dolore umano per superficialità e idelogismo,
ma almeno una sconfitta della furia iatrogena imperante.
A me pare, però, doveroso far comunque riflettere gli insegnanti
sulle loro modalità osservative per “comprendere” le difficoltà dei
ragazzi. Il rischio di para-clinicismo è forte. Se si evita la
discussione catalogante BES si/no, resta la necessità (eterna) di
una conoscenza più profonda di tutti i nostri ragazzi, evitando di
fermarsi a fredde prove strutturate ma con un ascolto asimmetrico
dell’altro che ne rilevi il sé unitario e complesso, in cui la
scienza è servizio e non dogma. Circa l’individualizzazione
dell’insegnamento, è ora di parlarne non solo per chi fa fatica, ma
strutturale alla vita delle classi intere, cosa difficile da fare
con gli attuali organici, le classi numerose, le rigidità
organizzative del centralismo gelminiano, l’eccesso di insegnamenti
lineari e dissociati tra loro con le competenze ridotte a patetico
nuovo libro Cuore.
A proposito di dispensa e compensa una soluzione c’era, ma troppo
scandalosa per i ministeriali: riconoscere che dispensa e compensa
sono già dentro l’articolo 4 del DPR 275/99 come azione “naturale”
della scuola per tutti a prescindere da qualsiasi etichetta, quando
serve e non come “concessione” di una Legge e “recinto protetto” di
qualcuno stabilito dal dottore.
A proposito di questo, merita ascoltare gli ammonimenti di Salvatore
Nocera sul caos che dispensa e compensa creano in ordine non al
valutare quotidiano ma agli esami di Stato sul tema dell’equità,
tema che ha fatto litigare questa primavera le Direzioni dello
Studente e quella degli Ordinamenti.
Tra famiglie frastornate e insegnanti in
difficoltà
In questi mesi
tra insegnanti, famiglie e dottori, se ne sono viste di tutti i
colori. Ma dei genitori le note dicono poco, se non l’utilità di
evitare “contenziosi” come la peste.
Vi sono genitori che vengono con una diagnosi e chiedono-pretendono
la 170 bis. Ci sono genitori che a sentire gli insegnanti proporre
loro il BES reagiscono male. Con questi due tipi di famiglie ci
sarebbe la soluzione della 104/92: fare Bes solo con genitori che lo
chiedono, ma è giusto? Ma volete confondere i disabili con questi
altri difficoltati e disturbati? Rischiamo una “trattativa” per cui
alla fine si certificherebbero per quieto vivere solo quei Bes di
genitori affamati di protezione?
La confusione ha aumentato i problemi: in alcune famiglie è scattata
la “fantasia DSA”, cioè quel confuso atteggiamento difensivo dei
figli per cui ogni loro difficoltà, se certificata, trova un potere
contrattuale nuovo con gli insegnanti cui imporre di essere “buoni”
con i figli. Naturalmente trovo anche consigli di classe poco
aperti all’individualizzazione e all’ascolto degli alunni. Ma questa
dialettica non va risolta da certificati, quanto da una relazione
dialogante scuola-famiglia cui affidare la responsabilità comune
sul cuore della scuola, che è l’educazione. Questa relazione si
costruisce con l’ascolto reciproco, non con certificati, né forme
neo-contrattualistiche.
Infine, accade che arrivino alle scuole certificati clinici che “ai
sensi della Direttiva MIUR del 27 dicembre 2012” dichiarano che
l’alunno X va considerato “militarmente” BES e quindi avente
diritto a dispense e compense. Non basta dire che questo
comportamento è illegittimo, come si deduce dalla nota Chiappetta:
non tocca ai medici dirci cosa fare! Ma come si fa a litigare
sempre?
Tornano
i
GLIP?
Trovo, invece,
assolutamente simpatica la frenata sull’architettura dei CTS e
strutture locali viste da Roma in modo illuministico. La CM
Chiappetta è chiara. Intanto ci sono per legge i GLIP come
struttura di integrazione orizzontale tra i soggetti istituzionali
(il vero problema dell’integrazione oggi: la difficile integrazione
tra istituzioni!), poi c’è l’autonomia regionale, la responsabilità
delle USR, ed anche leggi che prevedono scuole-polo con una logica
che va chiarita non in una Direttiva centralista. Piace quindi
leggere che l’intera materia sarà ri-trattata con “successiva nota”.
Dulcis
in fundo
Dunque, pur
essendo convinto che dopo la CM Chiappetta la questione BES inizia a
finire nei fatti, penso sia opportuno avere maggior coraggio di
visione sul futuro.
Temo, naturalmente, i fautori dei Bes che hanno denaro e potere,
convinti della causa del nuovo recinto. Dobbiamo serenamente
contrastare gli eccessi e gli abusi dei predicatori. Sarebbe, per
esempio, opportuno ridimensionare i master universitari su DSA e
adesso BES che stanno creando nuovi centri di potere e di
predicazione, favorendo invece pratiche di ricerca-azione e di
auto-aiuto che certo l’accademia non conosce, favorendo la ricerca
solidale su temi centrali per l’istruzione
Penso quindi sia
doveroso, per evitare una quinta CM Chiappetta e poi una sesta,
suggerire tre cose:
1. Sarebbe
opportuno che la ministra Carrozza prendesse in mano l’intera
faccenda, comprendendo come si sia ormai in un vicolo cieco che
rischia di buttare i ragazzi con l’acqua sporca. Avochi a sé la
questione, sospenda le quattro note ormai affastellate l’un l’altra,
dia una moratoria per aprire una discussione sull’inclusione con uno
sguardo sociale e pedagogico che eviti medicalizzazioni. Sarebbe
anche utile che la ministra buttasse un occhio a chi materialmente
scrive e decide al MIUR su questi temi, per evitare a sé e alle
scuole confusione e conflitti inutili.
2. Sarebbe buona
cosa se più scuole possibili, con serena onestà intellettuale,
decidessero in coscienza di rifiutare la Besissazione dei loro
alunni in queste condizioni normative e di risorse (è
sperimentazione e c’è l’autonomia), non per apatia ma per occuparsi
meglio dei loro ragazzi e dei progetti inclusivi, esigendo chiarezza
che non violi, con norme illegittime, l’autonomia didattica.
3. Penso,
infine, che molti insegnanti, studiosi della materia, esperti
debbano far sentire di più la loro voce perché si è oltre limite.
Parli chi sa di inclusione per portare dialettica viva e non questo
enfatico caos, che rischia di peggiorare e non migliorare
l’inclusione. Vorrei parlassero anche i molti operatori che trovano
la Legge 170 inguardabile, per la quale meriterebbe una seria
inchiesta scientifica neutrale, per ricomporre le azioni inclusive
della scuola entro ambiti di vera efficacia.
Sullo sfondo
restano le questioni di natura iatrogena che stanno pervadendo la
società e l’educazione, con un potere medicale della diagnosi che
sta destrutturando la vita umana e non solo la scuola. E’ questo
sfondo politico e culturale più profondo l’oggetto dei miei attuali
studi, che vanno ben oltre la piccola questione BES, che da oggi si
ridimensiona, per un recupero di un nuovo umanesimo che sappia
cogliere la scienza non come potere del dogma, ma metta al centro
l’umano come soggetto responsabile del mondo, sia di quello che c’è
sia di quello che si vuol fare. L’Italia può anche non essere il
paese dei cachi.