Anche le scuole paritarie
devono garantire il sostegno
È certamente questo l’aspetto più importante
di un’Ordinanza prodotta dal Tribunale di Vigevano (Pavia), che ha
condannato il Ministero per discriminazione nei confronti di
un’alunna con disabilità. Altri aspetti del medesimo provvedimento
fanno poi pensare a un’urgenza sempre maggiore, da parte del
Ministero stesso, a riprendere in mano alcuni fondamentali aspetti
della cultura e della conseguente normativa dell’inclusione
scolastica
di Salvatore Nocera*,
Superando
15.11.2013
Con un’Ordinanza
prodotta il 6 settembre scorso, il Tribunale Civile di
Vigevano (Pavia) ha accolto un ricorso con il quale i
genitori di un’alunna con grave disabilità certificata avevano
impugnato per discriminazione il provvedimento
dell’Ufficio Scolastico Provinciale che aveva assegnato solo dodici
ore di sostegno.
L’Ordinanza è interessante non tanto per il fatto che il Ministero
sia stato condannato per discriminazione ai sensi della Legge
67/06 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con
disabilità vittime di discriminazioni), giurisprudenza ormai
consolidata specie in Lombardia, a partire dall’accoglimento di un
ricorso collettivo promosso quasi tre anni fa dalla
LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità),
quanto perché è una delle prime volte – forse addirittura la prima a
livello nazionale – in cui il diritto al sostegno viene
esercitato vittoriosamente nei confronti di una scuola paritaria.
Il Tribunale ha
sostenuto che comunque tale scuola non poteva autonomamente
aumentare le ore di sostegno, poiché le riceve dal Ministero, e
quindi non l’ha condannata, né ha condannato l’Ufficio Scolastico
Provinciale e quello Regionale, ritenendole semplici “articolazioni
amministrative interne” del Ministero stesso e condannando quindi
solo quest’ultimo.
In termini pratici, la condanna con questo tipo di Ordinanze o
Sentenze consiste nell’obbligare la parte soccombente – il Ministero
– a cessare l’azione discriminatoria, assegnando,
nel caso in questione, le ore indicate nel PEI (Piano Educativo
Individualizzato), e cioè il rapporto di uno ad uno «per tutta la
durata dell’orario scolastico».
Interessante, e
certamente tale da far riflettere, è anche la motivazione
dell’Ordinanza, in particolare quando si scrive che «la
scelta dell’amministrazione scolastica di ridurre le ore di sostegno
[…] non e giustificata ed è, per tale motivo, idonea a
concretare una discriminazione indiretta, vietata ai sensi della l.
n. 67\06, perlomeno tutte quelle volte in cui non si accompagni ad
una analoga corrispondente riduzione delle ore di insegnamento in
capo agli studenti normodotati».
Innanzitutto va
ritenuta come discutibile l’affermazione del
Tribunale che l’Ufficio Scolastico Regionale sia una mera
articolazione interna del Ministero, dal momento che, in base al
decentramento amministrativo, ormai gli Uffici Scolastici Regionali
(correttamente non quelli Provinciali) sono dotati di
propria personalità giuridica e godono di piena
autonomia amministrativa. E infatti tutte le Sentenze dei
Tribunali Amministrativi Regionali (TAR) condannano, oltre al
Ministero, anche gli Uffici Scolastici Regionali.
È poi da ritenere trattarsi di ore concernenti una scuola
primaria paritaria parificata, dal momento che solo per
esse lo Stato è tenuto a fornire il pagamento dei docenti, ivi
compreso quello per il sostegno. Per tutti gli altri ordini di
scuole paritarie, invece, l’ultimo comma della Legge
62/00 sulla parità scolastica riconosce solo un contributo
forfettario che, di fatto, si aggira intorno ai 2.000 euro annui.
Questa ipotesi è rafforzata dalla considerazione che la condanna
riguarda il rapporto di uno a uno per tutta la durata dell’orario
scolastico ed è appunto solo nella scuola dell’infanzia e in quella
primaria che esso coincide con la durata di tutto l’orario
scolastico. Nelle scuole secondarie, infatti, il sostegno massimo
coincide con l’intera cattedra, che è di diciotto ore,
e le poche decisioni che hanno assegnato il rapporto di uno a uno
per tutta la durata dell’orario scolastico sembrano ignorare
la cultura dell’inclusione, secondo cui l’alunno deve avere
rapporti prevalenti con i docenti curricolari e con i compagni, cosa
assai difficile se l’alunno stesso è isolato con il docente per il
sostegno per tutte le ore di insegnamento.
Un altro aspetto
interessante è dato dal fatto che il Tribunale abbia stabilito che
l’Amministrazione Scolastica non possa discrezionalmente
distaccarsi nella quantificazione delle ore di sostegno dal
numero indicato nel PEI e formulato dal GLHO (Gruppo di Lavoro
Handicap Operativo), di cui all’articolo 12, comma 5 della Legge
104/92.
Ebbene, è forse per la prima volta che una decisione è così
esplicita su questo punto, anche se non viene data una
motivazione esaustiva di tale affermazione. Una spiegazione logica
potrebbe essere che il PEI è formulato dalla scuola in dialogo con
gli operatori sociosanitari e con la famiglia, soggetti che
conoscono tutti i bisogni educativi dell’alunno e quindi possono
seriamente proporre all’Amministrazione Scolastica il numero delle
ore richieste, per rispondere alle effettive esigenze dello stesso.
Oggi, per altro, abbiamo anche una spiegazione formale,
costituita dall’articolo 10, comma 5 della Legge
122/10, secondo cui le ore di sostegno e delle altre risorse
umane necessarie debbono essere indicate nel PEI. La Legge, però,
non si spinge sino a dire che il numero di ore indicato nel PEI sia
vincolante per l’Amministrazione Scolastica, come ha fatto invece il
Tribunale di Vigevano.
Ciò che invece
lascia assai perplessi è quella parte della motivazione,
già sopra citata. Infatti, il Tribunale – per accogliere la tesi
della discriminazione – deve dire che ridurre le ore di sostegno a
un alunno con disabilità non sarebbe discriminatorio se
contemporaneamente l’Amministrazione Scolastica avesse ugualmente
ridotto il numero delle ore ai compagni non disabili. Siccome però
ha tagliato solo le ore di sostegno – senza ridurre le ore
curricolari ai compagni – c’è discriminazione.
Questa argomentazione è perfettamente logica sul piano della Legge
67/06 sulla non discriminazione delle persone con disabilità, ma
risulta assolutamente fuori della logica dell’inclusione
scolastica; anzi, essa legittimerebbe la deriva degli
ultimi anni della delega assoluta o quasi del progetto inclusivo ai
soli docenti per il sostegno da parte dei docenti curricolari.
Ed è anche questo il motivo maggiore che ha spinto chi scrive – sin
dal momento del succitato prestigioso ricorso collettivo sostenuto
dalla LEDHA (e accolto) – ad avere perplessità
sull’opportunità di utilizzare la Legge 67/06 per ottenere più ore
di sostegno, rispetto all’ormai consolidata giurisprudenza dei
ricorsi ai TAR, per l’annullamento dei provvedimenti di assegnazione
di ore in numero inferiore a quello richiesto nei PEI.
Dal momento infatti che i risultati pratici sono gli stessi, mi
permetto di insistere con i colleghi avvocati che continuano in
questa strategia giudiziale a dismetterla, per quanto concerne la
sola richiesta delle ore di sostegno, poiché si contribuisce – con
motivazioni come quelle necessariamente espresse dal Tribunale di
Vigevano – ad affossare la cultura dell’inclusione
scolastica che dev’essere prioritariamente realizzata dai
docenti curricolari, “sostenuti” (ma non sostituiti)
dai docenti specializzati.
Ovviamente, perché ciò si realizzi pienamente, è indispensabile che
i docenti curricolari abbiano una formazione iniziale
e una ricorrente obbligatoria in servizio sulle
didattiche inclusive, ma il Ministero ancora non ha attuato tale
normativa e speriamo che lo faccia adesso che l’articolo 16 della
Legge
128/13 sulla scuola ha introdotto il principio
dell’aggiornamento obbligatorio in servizio.
Senza poi nemmeno trascurare il fatto determinante che il Ministero
non vigila sufficientemente nemmeno sul rispetto
dell’articolo 5, comma 2 del Decreto del Presidente della Repubblica
(DPR)
81/09 il quale fissa a venti il tetto massimo
di alunni nelle classi con disabili, ovvero un numero ridotto di
scolari, proprio per consentire ai docenti curricolari di occuparsi
seriamente dei propri alunni con disabilità.
Potrà dunque questa
provvidenziale Ordinanza proveniente dal Tribunale di Vigevano
indurre l’Amministrazione Scolastica a riprendere in mano
questi fondamentali aspetti della cultura e della
conseguente normativa dell’inclusione scolastica, come è stato anche
fortemente richiesto nella
mozione finale del prestigioso convegno internazionale La
Qualità dell’integrazione scolastica e sociale, svoltosi la
scorsa settimana a Rimini, a cura del Centro studi Erickson?
*
Vicepresidente nazionale della FISH
(Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).