Ianes sui Bes: «la resistenza dei prof va stroncata»
di Sara De Carli ScuolaOggi 11.3.2013
L'esperto di didattica speciale valuta positivamente la circolare
sui BES, anche se «è ancora avvitata sui problemi».
La circolare sui BES, sulla pagina Facebook di Dario Ianes, è
commentatissima. Ianes insegna didattica speciale all’Università di
Bolzano, ha fondato il Centro Studi Erickson, ed è uno dei massimi
esperti italiani di inclusione scolastica e didattica per alunni con
disabilità. L’inclusione allargata a tutti i ragazzini con
difficoltà, non solo a chi ha una certificazione di disabilità ex
lege 104, lui la vive da vicino da almeno sei anni: il Trentino
infatti è stato il primo a includere i bisogni educativi speciali
nella sua normativa, fin dal 2006.
Come valutare direttiva e circolare?
La valutazione è più positiva che negativa, perché estende la tutela
e il bisogno di personalizzazione: lo si chiedeva da tempo. Certo
ancora non ci siamo, nel senso che qui si parte ancora dai problemi
invece che partire dagli alunni, tutti, con le loro differenze, per
far diventare la didattica davvero inclusiva. Ragioniamo ancora per
problemi, non stiamo cambiando la didattica.
C’è chi sottolinea il rischio di
“etichettare” ulteriormente i ragazzi…
Categorizzare anche un Bes è sempre una questione delicata, però
devo anche dire che di tutte le etichette, questa è per definizione
transitoria. Il problema è che gli insegnanti pongono resistenza al
fatto di essere incaricati di una responsabilità esplicita: fare un
piano individualizzato anche per i ragazzini con un BES, mentre
prima erano obbligati a farlo solo per chi aveva la certificazione
della 104 (disabilità) e della 170 (DSA). Quello di leggere i
bisogni dei ragazzi, in termini di ICF, è una cosa che la scuola
deve fare, non deve più delegare a terzi, deve superare la logica
della certificazione e delle etichettature. Ecco, questo è un
atteggiamento da stroncare subito.
E sul piano dell’organizzazione e delle
risorse?
L’obiezione classica è “bello ma con quali risorse?”. In realtà la
scuola italiana le risorse per l’inclusione le ha, 100mila
insegnanti di sostegno non sono affatto pochi. Di fatto però questi
insegnanti di sostegno sono usati in maniera pochissimo inclusiva e
assistiamo in maniera strisciante al diffondersi di pratiche di
microespulsione. Abbiamo fatto una ricerca: la maggior parte delle
scuole ha l’aula per il sostegno: e una volta che hai l’aula, la
riempi, no? Spessissimo l’insegnante di sostegno esce dalla classe
con uno o due ragazzi, quando in copresenza si potrebbe fare molto
di più, su tutta la classe. Lo stesso vale per i “gruppi di
livello”, sempre più diffusi: ma anche questa è una pratica che va
contro l’inclusione.
Su questi due fenomeni, la direttiva sui
BES dà qualche margine di cambiamento?
No, perché è ancora avvitata sul bisogno. Ci vorrebbe un cambiamento
di paradigma, cambiare la didattica in modo che tutti possano starci
dentro.