Voti, studenti e insegnanti.
La questione del voto e degli insegnanti

di Innocente Pessina (*) Il Corriere della Sera, 14.3.2013

Su questo giornale si è riaperta una riflessione sulla valutazione nelle scuole. Troppo spesso è stata considerata materia esclusiva dei singoli insegnanti ed espressione unica della loro libertà di insegnamento. Io credo invece che ogni insegnante debba rispondere a una collegialità docente, ai propri studenti e a precise indicazioni deliberate.

Il problema della valutazione è un argomento delicato che mette in gioco sicuramente la necessità da parte della scuola di misurare lo scostamento tra quanto è stato raggiunto e gli obiettivi attesi, ma anche complesse implicazioni psicologiche. Il voto, in effetti, non è solo un numero e non è mai asettico. Attorno a quel sei, sette, quattro dato da un insegnante, come misurazione di una prestazione scolastica, vi è molto, forse troppo anche quando non dovrebbe esserci. Lo studente lo interpreta come l'immagine che il docente ha di lui e dunque come una valutazione della sua persona. Aspetto da non sottovalutare, in particolare nelle scuole superiori, dove faticosamente gli adolescenti cercano conferme del loro valore e costruiscono un sé. La stessa famiglia dello studente viene messa in gioco e arriva addirittura a considerare quel voto come una misurazione della propria capacità genitoriale.

Quante volte ho ricevuto in presidenza genitori in crisi per questo. Il meccanismo è semplice: se mio figlio ha preso un votaccio nella versione di latino, io non sono stato un buon genitore perché non sono stato capace di offrirgli strumenti adeguati a evitare questa frustrazione. Detta così è del tutto evidente quanto sia esagerata e ridicola questa considerazione, ma è altrettanto evidente che tutto questo appare chiaro solo a chi non è coinvolto emotivamente.

Sul versante scolastico dobbiamo lavorare ancora molto per evitare ingiustizie, personalismi, eccessi e mancanza di trasparenza. È sbagliato per esempio che un insegnante dia voti sempre molto bassi e il suo collega, della stessa materia, nella classe accanto dia voti sempre molto alti. Se questo poi si ripete tutti gli anni, vuoi dire che gli insegnanti non si sono confrontati sul senso di quei voti. Il raggiungimento della sufficienza deve voler dire la stessa cosa per tutti gli studenti e per tutti gli insegnanti. Ci deve essere una valutazione equa, uguale per tutti. Lo studente deve poter avere fiducia nei propri insegnanti, deve essere sicuro che il loro modo di operare sarà equo, giusto, trasparente, chiaro e il più obiettivo possibile. Nelle relazioni educative è determinante la fiducia reciproca. La fiducia dell'adulto attiva e crea fiducia nello studente. Anche di fronte a una sconfitta, a un votaccio, se l'insegnante dà credito allo studente di poter migliorare, questo si rialzerà e riprenderà a camminare. Non si deprimerà in un avvilente senso di nullità. Un anno fa proponevo ai miei insegnanti di non usare i voti sotto il quattro. Non ho chiesto di abolirli, non spetta a noi, ma semplicemente di non usarli perché inutili. La proposta ha fatto scalpore perché da qualche anno si respira questo equivoco: la scuola è scaduta perché si promuovono tutti e i voti generosamente elargiti non valorizzano il merito e le eccellenze. Ecco quindi la stretta sull'esame di Stato, sulle lodi, sulla condotta, sui crediti, ecc. Io non penso che la serietà della scuola si recuperi con i voti bassi e faccio notare che nel Trentino, dove per legge, è proibito dare meno di quattro alle superiori, si registrano eccellenze nei vari test nazionali e internazionali. E allora forse la soluzione non è il numerino con cui si valuta, ma nella corretta relazione educativa che deve avere il docente con i suoi studenti. Se è così ci potrà essere anche un votaccio, ma questo valuterà solo un passaggio non riuscito e non sarà mai un dramma esistenziale. Lo studente capirà che il suo docente farò di tutto per sostenerlo e per aiutarlo a migliorarsi. Perché una cosa è chiara: il buon voto non misura solo il successo dello studente, ma anche la bontà e l'efficacia del lavoro del docente.



(*) Preside del liceo Berchet
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