Scuola, quale futuro? Pasquale Almirante, La Sicilia 10.3.2013 Un recente saggio di uno dei maggiori studiosi dei processi formativi e della conoscenza conclude affermando che la scuola pubblica, e non solo quella italiana, è arrivata al capolinea, per cui occorre pensare a un nuovo futuro dell'istruzione e all'avvenire di un rinnovato servizio statale di istruzione che dovrebbe però garantire meglio i ceti sociali più deboli. Il volume sostiene che il sistema scolastico statale, avendo avuto un inizio ben preciso nel corso dell'Ottocento, avrà ineluttabilmente anche una fine, come ogni altro elemento in natura; e, nonostante alcuni sistemi scolastici siano migliori rispetto ad altri, fra loro sono tutti più simili che dissimili, per cui sono tutti condannati alla scomparsa. Non certamente repentina, dice l'esperto, perché la scuola ha farmaci robusti per tirare avanti, ma lenta e inesorabile, una lunga agonia il cui esito sarà comunque la scomparsa del sistema scolastico statale. Ma allora come sarà questa scuola del futuro, morta quella che da qualche secolo conosciamo? Soppressa perfino l'idea delle Charter Schools americane e delle Academies inglesi, perché rilascerebbero dubbi sull'uso troppo invasivo delle tecnologie digitali assieme allo smantellamento dell'apparato, la via d'uscita sarebbe la cosiddetta "pedagogia della povertà", dell'essenziale, e che avrebbe due possibili sbocchi. Il primo consiste nell'offrire a tutti, nessuno escluso, un'istruzione universale comune e minima, nel senso di dare un patrimonio collettivo generale di conoscenze e competenze prima di qualsiasi studio specialistico e di qualsiasi tipo di istruzione e formazione professionale. Un patrimonio comune di conoscenze e competenze che tenderebbero appunto a livellare tutti i suoi fruitori. Il secondo invece contemplerebbe l'abbattimento del pilastro apparentemente democratico dell'accesso gratuito per tutti alla scolarizzazione, che però ha penalizzato una percentuale assai rilevante di giovani, nel corso dell'istruzione obbligatoria, con l'obiettivo di valorizzare le proprie competenze e di potenziarne la propria personalità. Scuole private, insomma, in sostituzione del pubblico, con l'obiettivo di imporre a chi ha di più di pagare di più il servizio, garantendo a chi ha di meno ottime scuole e bravi insegnanti. Rimane tuttavia sempre il problema dei bravi professori. |