Valutazione imperfetta Francesco Di Lorenzo Fuoriregistro, 16.3.2013 È ormai partita l'organizzazione della valutazione di scuole, insegnanti e alunni, con i criteri aberranti più volte denunciati e deprecati anche in molti interventi su Fuoriregistro. Mentre si sta sviluppando, speriamo che si allarghi, un minimo di confronto tra i docenti sul concetto di valutazione, cioè su cosa ognuno intende quando si appresta a compiere un'operazione del genere. Scopriamo così che alcuni hanno semplificato la procedura scambiandosi i compiti, correggendo quelli dei colleghi e facendo correggere i propri ad altri. Ma la domanda è: in questo modo non si rende talmente oggettiva una prova da ridurre tutto ad un test che sa di quiz? Naturalmente su questi argomenti la situazione si complica perché ognuno ha le proprie idee (il che non è un male). Resta che alla fine bisogna pur approdare ad un criterio e ad una denominazione comune, tenendo sempre presente, ad esempio, che l'interpretazione di una poesia o un compito di italiano non potranno mai essere valutati in modo oggettivo. Come bisogna esplicitare che esiste uno scarto, un'imprecisione e un'imperfezione in alcuni tipi di prove, e che deve essere chiarito prima il ruolo della valutazione nel processo di formazione. Insomma la discussione è aperta: speriamo continui. È cresciuta nell'ultimo anno scolastico la percentuale degli alunni stranieri in Italia. Negli ultimi dieci anni si è passati dal 2% all'8,4% del totale dei nostri iscritti. Non contando naturalmente gli alunni italiani con cognome straniero, cioè quelli nati in Italia. (Ad ogni modo, è la Lombardia la regione con il più alto numero di iscritti stranieri). Sulla presenza ormai reale di alunni provenienti da altre culture, si sono pronunciati un po' tutti i sindacati. Di Menna, della Uil-scuola, ha messo in rilievo che i punti su cui il ministero dovrebbe insistere di più sono: la lingua italiana, importantissima per l'inserimento sociale e lavorativo (ma anche scolastico), e l'insegnamento della Costituzione, per una effettiva e basilare convivenza civile. Giusto. Ma, naturalmente, bisognerebbe anche diffondere e far capire quanto sia importante un'accoglienza piena e convinta degli stranieri nella scuola italiana. E quanti ostacoli bisognerebbe eliminare all'attuazione di una vera inclusione e di una cultura aperta al nuovo. Intanto, negli ultimi anni, sono diminuite le presenze nella scuola italiana degli alunni Sinti e Rom. Ma questo è un altro discorso. Segno che la nostra crisi economica è così forte da averli spinti ad andare via prima di quanto era avvenuto negli anni precedenti. Che non è affatto un buon segnale. Sembra che sia un fenomeno molto italiano quello di accompagnare (e riprendere) i figli a scuola. Le scene, che ognuno ha vissuto, di auto che si bloccano al mattino o ferme in attesa a metà giornata accanto agli ingressi delle scuole, fanno parte del paesaggio italiano. Perché, è evidente, la maggior parte dei genitori accompagna i figli a scuola con l'automobile. Praticamente le percentuali rilevate sono queste: solo l'8% degli alunni italiani torna a casa a piedi, mentre lo fa il 76% dei tedeschi e il 25% degli alunni inglesi. Quindi, in Germania, neanche te ne accorgi se passi verso le otto di mattina davanti ad una scuola. Ma, a parte questo, forse la naturale apprensione per il traffico nelle grandi città e dei malintenzionati fuori scuola, ha causato una risposta troppo rigida e quindi un bisogno di protezione verso i figli che, però, ha superato il limite. Anche perché continuando in questo modo si soffocherà l'autonomia e la crescita dei nostri giovani. Insomma, i bambini e i ragazzi tedeschi non hanno niente più dei nostri, ma vengono trattati con più fiducia sia dai genitori che dalle scuole. Pensiamoci. |