Ocse: la metà degli italiani legge ma non capisce. Analfabetismo funzionale La Tecnica della Scuola, 29.3.2013 La maggior parte degli italiani a stento riesce a comprendere la posologia di un farmaco: il 5% non capisce quanto scritto sul bugiardino. La metà poi, non è in grado di discernere le informazioni su un foglio di istruzioni Per non parlare di come montare il sellino di una bici: il 33% di fronte a una pagina contenente più informazioni non è in grado di individuare la soluzione del problema. E’ il nuovo alfabetismo che avanza e che a differenza di quello classico di chi non sapeva né leggere né scrivere, si è fatto più subdolo: è quello di chi sa leggere, ma non comprende. A misurare il nuovo fenomeno è un’indagine dell’Ocse, denominata All, Adult Literacy and Life Skills). I test di prose literacy, così vengono chiamati, sono stati somministrati a persone di età compresa tra i 16 e i 65 anni, in sette paesi del mondo : Bermuda, Canada, Italia, Norvegia, Svizzera, Usa e Messico. Peggio di noi soltanto i messicani del Nuevo Leòn. Il rapporto è ancora parziale, ma i primi dati non sono certo rassicuranti. Scientificamente si chiama analfabetismo funzionale e designa l’incapacità di un individuo di usare in modo efficiente le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana. I test sono organizzati per livelli. Il primo step, superato il quale si dimostra di avere una competenza alfabetica “al limite dell’alfabetismo” è quello che prevede di decifrare l’etichetta di un farmaco sulla quale è riportato il numero di giorni di assunzione del medicinale. Il 5% degli italiani non è in grado di comprenderlo. Il secondo livello richiede di seguire le istruzioni per curare una pianta ornamentale. Il breve testo, contenente due informazioni diverse è comprensibile solo per la metà della popolazione. Il terzo livello richiede di montare un sellino, il 33% ha una capacità di linguaggio troppo limitata per riuscire a farlo. Ma chi sono gli analfabeti del nuovo millennio? Simonetta Fiori, sul quotidiano la Repubblica, riassume così le caratteristiche degli illetterati: oltre al tradizionale serbatoio di pensionati e casalinghe (attenzione: non vecchietti e vecchiette, visto che il target va dai 16 ai 65 anni), la fascia più vulnerabile è quella che include i disoccupati dai 26 ai 35 anni. Finita la scuola, le competenze tendono a diminuire, specie quando non vengono avviati nuovi processi di apprendimento legati al lavoro. E l’analfabetismo di ritorno minaccia di inghiottire le leve più giovani, proprio quelle a cui è affidato il futuro del paese. Geograficamente sono così distribuiti: Lo zoccolo duro coinvolge le fasce anagraficamente più elevate, distribuito soprattutto nel Mezzogiorno e nelle isole, nei piccoli centri più che nelle grandi città. Ma le inchieste condotte da Vittoria Gallina — la studiosa che con pazienza certosina da oltre dieci anni monitorizza il popolo italiano — ci dicono che gli analfabeti di ritorno si annidano anche tra i piccoli imprenditori del Nord Italia, in Lombardia più che in Piemonte. Repubblica sottolinea poi come la migliore nemica degli analfabeti sia la tecnologia, utile a colmare le lacune dei più ignoranti. “Non siamo più in grado di leggere una mappa stradale o di fare un calcolo? Navigatore e calcolatrice sono lì per aiutarci [...] Se devo far dei conti, vado dal commercialista. Se devo evadere il fisco, mi consulto con il mio notaio. E per i documenti mi rivolgo a un’agenzia di servizi. Questo è il nuovo modello di adulto e di felicità”.Insomma l’illetteralismo del nuovo millennio va a braccetto con la tecnologia e con il benessere economico. Basta avere abbastanza soldi e la soluzione del problema è acquistabile, anche online. Ma questo significa aggirare e non arginare il fenomeno. |