In difesa del latino a scuola
Stefano Bartezzaghi ha risposto a una lettera
arrivata a Repubblica
da un padre scoraggiato dalla passione del figlio per una lingua
«inutile»
Il Post, 18.3.2013
Sabato 16 marzo Repubblica ha pubblicato la lettera di un padre
secondo cui lo studio del latino a scuola “non serve”, e che diceva
di essere triste perché suo figlio, invece, “ama l’inutile latino”.
Nella lettera, firmata da Giuseppe Chiassarini, si accusava la
classe politica italiana di avere «per decenni ha lasciato che tanti
nostri figli impegnassero molte energie per imparare una lingua
morta e, peggio, che ha inculcato in loro l’idea che questa lingua
morta fosse importante». Oggi, sempre su Repubblica, Stefano
Bartezzaghi
racconta come è cambiato, da una generazione all’altra,
l’approccio allo studio del latino: una volta erano gli studenti a
dire che lo studio del latino era inutile, oggi sono i genitori.
Vengono inoltre riportati i contenuti di altre lettere, che
sostengono e sottolineano l’importanza dello studio di questa
lingua, come nel caso delle
dimissioni di papa Benedetto XVI: Giovanna Chirri, giornalista
dell’ANSA, fu la prima a comprendere l’annuncio proprio grazie alla
conoscenza del latino.
Il figlio non aveva avuto le ore di
latino previste per quel giorno, e se ne era dispiaciuto perché
il «latino è cultura». Il padre si è dichiarato preda di «una
grande tristezza e anche di una certa rabbia. La classe politica
che per decenni ha lasciato che tanti nostri figli impegnassero
molte energie per imparare una lingua morta e, peggio, che ha
inculcato in loro l’idea che questa lingua morta fosse
importante, è una classe politica a sua volta morta». Certamente
la pensa diversamente Giovanna Chirri, la giornalista dell’ANSA
che unica fra i colleghi ha capito subito cosa stesse succedendo
quando Benedetto XVI annunciava, in latino, le proprie
dimissioni.
Chirri è diventata una specie di star
internazionale e alla BBC si chiedono quanto morta sia una
lingua in cui vengono ancora pronunciate parole capaci di
cambiare la storia. Procura intanto un certo compiacimento
appurare come nel corso di una sola generazione (nel senso
proprio della parola) le parti si siano rovesciate. Ancora negli
anni Settanta, quando si può presumere che l’autore della
lettera fosse lui in età scolare o pochi anni prima, il latino
si studiava anche alle scuole medie inferiori: obbligatorio al
secondo anno, facoltativo al terzo, per chi non prevedeva di
andare al liceo.
(continua a leggere
sulla rassegna stampa del MIUR)