Perché l’apprendimento cooperativo di Rosa Maria Cannavale e Maria Rita Natella Educazione & Scuola 28.3.2013 Negli ultimi anni si è passati da una famiglia con un televisore a più televisori per una famiglia; da un computer per famiglia a una famiglia in cui ogni membro ne possiede uno. Inoltre, si è passati dalla famiglia patriarcale alla famiglia allargata. Si sta tutti insieme eppure si è sempre più soli. Ognuno si rinchiude nel proprio mondo, spesso virtuale, limitando al minimo le espressioni e le interazioni con il resto del mondo. Prevale l’io – individualista . Gli amici virtuali non si contano più. Amici virtuali, appunto, ma saranno veramente persone con le quali condividere opportunità e problematiche? Ecco perché siamo convinte che oggi, ancor più di ieri, è importante avere l’opportunità di affrontare insieme le problematiche legate all’educazione, alla valorizzazione personale, all’apprendimento e alla motivazione. Il Cooperative Learning[1], come lo definisce Artz e Newman, sono piccoli gruppi di studenti che lavorano in squadre, per eseguire un compito o raggiungere un obbiettivo comune risolvere un problema[2]. Il gruppo è il luogo della comunicazione, degli scambi e delle relazioni significative di un insieme di individui che agiscono in una realtà condivisa. Ci si motiva all’azione, si offrono occasioni di imitazione, si rinforzano i risultati raggiunti, si favorisce la partecipazione e l’integrazione delle competenze in un’ottica di cooperazione. Non bisogna però confondere il Cooperative Learning con il normale lavoro di gruppo. L’apprendimento cooperativo si basa sul coinvolgimento attivo delle persone ( ragazzi, studenti, adulti) in lavori di gruppo e sul successo di tutti i membri del gruppo; sulla positiva interdipendenza; sulla responsabilità individuale; sull’interazione faccia a faccia; sull’uso appropriato delle abilità e, non da ultimo, sulla valutazione del lavoro. Con il Cooperative Learning, anche se a noi piace chiamarlo apprendimento cooperativo, viene incentivata le responsabilità individuale per il perseguimento degli obiettivi comuni, viene favorito l’emergere della responsabilità nei confronti degli altri componenti, e non l’individualismo competitivo, il senso di amicizia e di aiuto reciproco, di responsabilità sociale e di appartenenza al gruppo, il “ noi – gruppo” . Nel senso psicosociale, un gruppo non è solo l’insieme di più individui che si trovano in uno stesso ambiente, ma è dato dal sentimento di appartenenza a quel gruppo che circola fra i componenti. è solo la circolazione di questo sentimento fra i membri del gruppo che qualifica quel determnato insieme di persone come tale. è importante che l’insegnante abbia, non solo uno scopo da raggiungere col gruppo, ma che ne conosca anche il suo funzionamento per poterne superare, all’occorrenza, le difficoltà. L’apprendimento cooperativo deve prevedere incentivi alla cooperazione e una responsabilità individuale del comportamento socialmente corretto durante il lavoro. Come spiegato da Vygotskij ,1934, nel gruppo che coopera per un apprendimento attivo gli alunni possono confrontarsi e fornirsi assistenza l’un l’altro. E’ proprio questa ricerca di emulazione che favorisce l’interiorizzazione delle funzioni cognitive che si sta cercando di fare propria. Apprendere in modo cooperativo significa aiutarsi reciprocamente, spiegarsi le varie strategie da usare, usare un linguaggio tra pari. Negli ultimi quindici anni l’apprendimento cooperativo è diventato un importante approccio metodologico; gli studenti ottengono risultati scolastici migliori, livelli di autostima più alti, maggiori competenze sociali e acquisizione più approfondita di contenuti e abilità. E, come dicevamo all’inizio, in una società sempre più frenetica dove, pur avendo 1000 amici virtuali, pur vivendo in famiglie allargate, pur avendo a disposizione televisori e computer, pur potendosi collegare in un istante con l’altra parte del mondo, stanno aumentando in modo allarmante i suicidi tra i giovani sotto i 30 anni abbandonati da una famiglia che non sa più ascoltare ne comprendere il malessere quotidiano dei propri figli lasciandoli pericolosamente nella loro più profonda solitudine. Ed è proprio in questo momento, ne siamo convinte, che i nostri ragazzi hanno bisogno di cooperare, di aiutarsi, di condividere, o più semplicemente di parlare, di risolvere insieme, in gruppo, e non da soli l’obbiettivo che si sono prefissati.
[1] In merito al Cooperative learning l, cfr: Artz A.F., Newman C.M, Cooperative learning, “Matematics Teacher”, 1990, n. 83, pp. 448 449; Ausubel D.P, Educazione e processi cognitivi, Milano, Angeli, 1978: Bandura A., Autoefficacia, Erickson, Trento, 2000; Bernardini A., Un anno a Pietralata, Firenze, La Nuova Italia. 1976; Bruner, J.S., La mente a più dimensioni, Laterza, Bari, 1988; Cohen E., Organizzare i gruppi cooperativi. Ruoli, funzioni, attività, Erickson, Trento; COMOGLIO, M., Che cos’è il Cooperative Learning, in: “Orientamenti Pedagogici” , Anno XLIII, n. 2, 1999, pp. 259-293; Comoglio M., Apprendimento cooperativo ed insegnamento reciproco: strategie per favorire l’apprendimento e l’interazione sociale, in Vianello R. e Cornoldi C. (a cura di), Metacognizione, disturbi di apprendimento ed handicap, Edizioni Junior, Bergamo, 1996, pp. 77-107; Comoglio M., Il cooperative learning. 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Mario Polito, Psicologo e pedagogista, Gruppo Erickson TN , autore di vari libri sul metodo di studio, motivazione, memoria. Ultimo suo libro: Attivare le risorse del gruppo classe, Erickson 2000 − Home page www.mariopolito.it- E mail: info@mariopolito.it, mario_polito@libero.it. – Telefono e fax 0424.460101 [2] In merito al Problem solving cfr.: MOSCONI G., D’URSO V. (a cura di), La soluzione di problemi. Problem-solving, Giunti-Barbèra, Firenze, 1973; KLEINMUNTZ B.(a cura di), Problem solving Ricerche, metodi, teorie, Armando, Roma, 1976; DUNCKER K., La psicologia del pensiero produttivo, Giunti-Barbèra, Firenze, 1969; WERTEIMER M., Il pensiero produttivo, Giunti-Barbèra, Firenze, 1965; DORNER D., La soluzione dei problemi come elaborazione dell’informazione, Città Nuova, Roma, 1988. Per la problematica dell’ermeneutica, cfr: GENNARI M., Interpretare l’educazione. Pedagogia, semiotica, ermeneutica, La Scuola, Brescia, 1992; MALAVASI P., Tra ermeneutica e pedagogia, La Nuova Italia, Firenze, 1992. |