Compiti e voti come cambiare Ermanno Paccagnini Il Corriere della Sera, 13.3.2013 S i torna a parlare di valutazione — e a riproporre il problema è il preside del liceo Berchet con la proposta di «correzione trasversale dei compiti» tipo: gli insegnanti della A correggono le verifiche della B, a rotazione, miranti a ristabilire «giustizia ed equilibrio» in questo campo —, e alla fine si ricade sempre sul problema di fondo: la reale preparazione e il costante aggiornamento (non solo tecnico) dei docenti in questo settore quanto mai basilare. E che in tale quadro ci si muova sempre schizofrenicamente, lo ha appena ricordato il Rapporto Lombardia sulle forti differenze a livello valutativo tra Nord e Sud, esemplandolo nelle abissali disuguaglianze tra Lombardia e Calabria. Non c’è dunque da meravigliarsi che tali situazioni si riproducano in un medesimo istituto: e non solo tra una sezione e l’altra, ma persino in una medesima classe tra docenti di aree diverse: chi più oggettivo, chi più «genitoriale», chi più «duro», e altro ancora. Atteggiamenti che peraltro possono dipendere da più situazioni: la preparazione dell’insegnante stesso (e non solo in quella specifica disciplina); la sua psicologia; la sua personale esperienza, e così via. Del resto, che esistano situazioni al limite della decenza «mentale» è un dato di fatto, ben noto a chi abbia esperienza di insegnamento (personalmente ricordo un docente di matematica con proposta di voto: «dal cinque e mezzo più al sei meno meno»). Ma non è con la rotazione e la correzione trasversale che si risolve un problema non certamente di quel particolare istituto (e manco considero le inevitabili situazioni conflittuali «di ritorno» tra docenti); perché, se così fosse davvero, per paradosso, tanto varrebbe estendere la prassi, attuando scambi «correttori» tra scuole, quindi tra provveditorati d’una medesima regione, sino a incrociare docenti di regioni valutativamente all’opposto. Fuor di paradosso, neppure credo — e mi riferisco ad altra proposta avanzata nel liceo — si possa risolvere il problema con le griglie: che possono magari funzionare in certe discipline, ma che mi suonano oscenamente costrittive ad esempio di fronte a un tema di italiano. Anche perché sono molti i fattori che entrano in gioco in una valutazione, non ultima la conoscenza del ragazzo da parte del docente, che può agire, nel premio o nella censura, in base a un percorso educativo e formativo personalizzato, che chi viene «da fuori» non possiede. Ecco perché la soluzione non è tanto nella rotazione, ma in un deciso percorso-confronto unitario, anche a muso duro: sì sui criteri di valutazione, ma soprattutto sul concetto stesso di valutazione e sul suo effettivo ruolo nel processo formativo. Senza poi dimenticare non solo che il concetto stesso di errore è relativo; ma anche che ogni traduzione in numero «secco» di un «giudizio», si tratti di voti per un compito o un’interrogazione, o di palline per un libro o un film, è e sarà sempre qualcosa che necessariamente porta in sé qualcosa di impreciso e imperfetto. |