Libri di testo digitali – Dubini: «Sì al cambiamento.
Serve un’alleanza scuola-editori»

di Alessia Rastelli dal blog del Corriere della Sera, 29.3.2013

Il decreto del ministro Profumo, in base a cui dall’anno scolastico 2014/15 i libri di testo saranno solo digitali o misti, ha scatenato la dura reazione dell’Associazione italiana editori. E ha spaccato i lettori di Ehi Book!, divisi tra chi considera il provvedimento un passo avanti e chi, invece, sostiene che la scuola italiana, in gravi difficoltà in termini di risorse e infrastrutture, dovrebbe avere altre priorità.

Ci scrive sul tema Paola Dubini, autrice di «Voltare pagina? Le trasformazioni del libro e dell’editoria» (Pearson), direttrice del CLEACC (Corso di Laurea in Economia per le Arti la Cultura la Comunicazione) e del centro di ricerca ASK (Art, Science, Knowledge) dell’Università Bocconi. Ecco il suo intervento.
 

L’approvazione del decreto Profumo sui libri di testo sta suscitando molti commenti. È inevitabile che sia così, visto l’impatto che è destinato ad avere sulla società e sulle famiglie italiane; nel 2014 saranno coinvolti dalle conseguenze del decreto circa 551.000 alunni di prima media, circa 555.000 di prima superiore e altrettanti di terza superiore (Fonte ISTAT), oltre a buona parte dei  178.000 insegnanti delle scuole medie e dei quasi 255.000 insegnanti delle superiori. Un po’ meno di due milioni di cittadini quindi accederanno attraverso la scuola a device e saranno stimolati a utilizzare contenuti digitali per lo studio.

È importante che il cambiamento avvenga per almeno tre motivi: la possibilità di contrastare  il digital divide in una fascia di popolazione critica per lo sviluppo del paese,  la possibilità di educare alla comprensione non solo dei testi scritti ma anche delle immagini (oggi siamo molto poco educati a guardare, in una società che invece comunica moltissimo attraverso le immagini), e infine la possibilità di contrastare il cultural divide grazie a un adattamento progressivo dei contenuti alle capacità di apprendimento degli studenti (si pensi ad esempio alla possibilità di fornire batterie di esercizi o materiali extra da studiare in risposta a specifiche carenze).
Schiere di appassionati insegnanti hanno preparato ragazzi con potenziale e capacità diverse ben prima che arrivassero i contenuti digitali, ma è indubbio che la tecnologia permette oggi di fornire strumenti molto più ricchi che in passato per stimolare i ragazzi ad  essere più curiosi, preparati e partecipi.

Il passaggio sarà graduale, poiché il decreto prevede che i libri di carta potranno essere integrati da materiali digitali e poiché moltissime scuole e molti insegnanti non sono pronti ad accompagnare il cambiamento previsto dalla legge; il passaggio ci sarà e sarà abbastanza veloce, tuttavia, perché il meccanismo previsto dalla legge costringe un attore critico nella scuola, l’editore di libri, a farsi promotore del cambiamento insieme alle scuole.

Oggi la legge prevede che vi sia un tetto di spesa per le famiglie sui libri di scuola, tetto che si aggira attorno ai 300 euro in media per le classi interessate dal decreto. Il tetto di spesa complessivo si manterrà invariato, ma almeno il 20% della somma pagata dalle famiglie dovrà essere destinata all’acquisto di device. Data la struttura di costo degli editori, un  calo del 20% del fatturato disponibile per l’acquisto di libri si traduce in un calo significativo della redditività; mentre finora i libri di scuola sono stati costruiti “a partire dalla carta”, le nuove opere necessariamente dovranno essere pensate con una logica spinta di servizio, pena una messa in discussione della sostenibilità delle case editrici.

È  vero che produrre un libro digitale costa meno che produrre un libro su carta, perché non ci sono i costi di stampa, di magazzino e di distribuzione (anche se ce ne sono altri); ma la scuola, in particolare pubblica, non può permettersi di lasciare indietro nessuno e deve quindi essere attrezzata a fornire il libro digitale laddove possibile e il libro di carta laddove non lo sia. Ed è l’editore che dovrà neutralizzare (in modo efficace ed efficiente) le differenze, ed essere pronto a presidiare l’offerta sia cartacea sia digitale.  Non è un cambiamento da poco, perché gli editori e i loro autori sanno molto bene come fare i libri su carta, ma stanno ancora imparando a organizzare “al meglio” i contenuti digitali. E il fatto che i nostri figli (molto abituati a usare device e a navigare in rete) tornino alla carta e alla penna quando si tratta di studiare per prepararsi agli esami e alle interrogazioni è la misura del fatto che c’e’ ancora molto da sperimentare per realizzare prodotti e servizi efficaci su scala industriale per l’apprendimento.

Inoltre, l’imperativo ad innovare avviene in presenza di risorse scarse (60 euro a famiglia, il 20% di 300 euro),  che devono bastare per dotare le scuole e i ragazzi di attrezzature e preparare gli insegnanti.
Che cosa succederà? Che le scuole, gli insegnanti e gli studenti lead user dovranno diventare gli alleati degli editori e degli autori, in modo da permettere un’accelerazione dei processi di apprendimento collettivo  verso nuovi supporti per l’apprendimento, fatti di carta e di byte.