Invalsi, dal prossimo anno
I docenti temono una hit parade delle scuole.
Cinzia Gubbini la Repubblica 25.5.2013 Gli insegnanti parlano di «follia», i genitori al contrario di «necessaria trasparenza». L'Invalsi, l'Istituto nazionale di valutazione del sistema scolastico, sta per essere investito da un'altra tegola: dal prossimo anno infatti fornirà un apposito «form» attraverso cui le scuole potranno divulgare sul sito del ministero dell'Istruzione i risultati conseguiti alle prove che vengono svolte ogni anno alle elementari, alle medie e alle superiori. Per alcuni insegnanti siamo alla temuta classificazione tra scuole di serie A e serie B. E sì che, dal 2007 anno di introduzione dei test nazionali, cosa normale nella maggior parte dei Paesi europei ogni anno arrivano puntuali le polemiche: una parte della scuola non ha mai digerito la novità. Con il passare del tempo, però, i test hanno guadagnato fiducia dimostrando che non vince il nozionismo, bensì il «saper pensare». «Infatti noi riteniamo che le prove siano uno stimolo molto utile» dice Giuseppe Bagni, presidente del Centro di iniziativa democratica degli insegnanti, Cicli «ma qui si va nella direzione opposta: pensare di divulgare i risultati significa vendere illusioni. La conseguenza è certa: i genitori andranno sul sito del ministero e iscriveranno il figlio alla scuola che ha ottenuto punteggi maggiori. Ma i test nulla dicono sul processo educativo». L'Invalsi si difende dicendo che il loro è un tentativo di evitare «fughe di notizie» non controllate. «Già ora, se vogliono, le scuole possono divulgare i risultati» ha spiegato il Commissario straordinario dell'Istituto, Paolo Sestito, «vogliamo solo che sia fatto in modo corretto. Siamo i primi a dire che itest non possono valutare la complessità della scuola». «Ma è ovvio che andrà a finire che i genitori sceglieranno in base ai test» insiste Bagni. «Sarà un caso che in altri Paesi, come Francia e Finlandia, è proibito comparare i singoli istituti in base ai risultati ottenuti alle prove nazionali?». Il Cidi chiederà una norma che vieti la divulgazione dei dati. Ma di parere opposto sono i genitori: «È normale che i dati siano pubblici» dice Davide Guarnieri, presidente dell'Age, l'Associazione dei genitori. «Sono un patrimonio di tutti, che senso avrebbe altrimenti un tale sforzo di valutazione? Ovviamente l'informazione è importante: i test non vanno venduti come oggettività assoluta». «Ma è altrettanto vero» continua Guarnieri, «che le scuole migliori e le scuole peggiori, gli insegnanti bravi e quelli meno bravi, esistono. Invece di continuare a parlarne fuori dai cancelli delle scuole, perché non si apre un dibattito sereno, a partire da quei dati?». |