Test Invalsi, ma non per tutti

di Roberto Ciccarelli, il manifesto 17.5.2013

Se ne escludi uno, ci escludi tutti. Così i genitori degli alunni della quinta elementare, sezione E, del VII Circolo Montessori di Roma hanno spiegato la decisione di non sottoporre i propri figli alle prove Invalsi il 7 e il 10 maggio scorsi. Un atto di solidarietà nei confronti della figlia di Manuela Caruso, la rappresentante di classe dei genitori, che non avrebbe potuto partecipare alla prova in quanto diversamente abile. «È una storia bellissima – racconta al telefono Manuela – la decisione è stata presa all’unanimità. Insieme agli altri genitori abbiamo scritto una lettera agli altri rappresentati di classe che però non sono riusciti ad organizzarsi. In quei giorni nella nostra scuola ci sono state assenze rilevanti nelle altre classi. Questi test hanno suscitato molte perplessità tra gli stessi insegnanti. A noi le hanno esposte durante una riunione di classe. Molti di loro hanno aderito allo sciopero dei Cobas e da qui è partita la nostra protesta».

I genitori della quinta E hanno inviato la lettera al ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza (che abbiamo pubblicato su questo blog) che ieri, terzo giorno di sciopero indetto dai Cobas contro le prove Invalsi, ha detto di ritenere un «fatto grave la possibilità che gli studenti disabili siano esclusi dai test Invalsi a causa dell’impossibilità di svolgere le prove in modo autonomo». Negli ultimi giorni sono state numerose le proteste dei genitori di bambini diversamente abili che hanno lamentato l’assenza degli insegnanti di sostegno, l’allontamento dei bambini dal resto della classe perché non in grado di partecipare alle prove. In molti casi la valutazione di questi alunni non è stata inserita nella statistica dei risultati, distinguendoli da quelli degli altri compagni. Il ministro ha promesso di fare chiarezza: «Se è una questione normativa sarebbe più facile intervenire» Il ministro non ha escluso l’ipotesi di «far partire un’inchiesta interna per capire dove sono avvenuti e dove avvengono questi fatti».

Alla quinta V del Circolo Montessori di Roma questi fatti sono realmente avvenuti. Richiamiamo Manuela e le leggiamo la dichiarazione del ministro: «Sono contentissima – risponde – Siamo riusciti ad evidenziare un fatto che, come mamma e come rappresentante di classe, trovo veramente grave. Se escludi un bambino dalle prove, escludi tutti. Fai tutto il contrario di quello che dovrebbe essere la scuola pubblica in Italia. A me personalmente l’Invalsi non convince. Questi test non danno una fotografia reale della vita dei bambini. Un bambino è abituato a svolgere le sue attività in tempi diluiti. L’Invalsi invece valuta le sue capacità in tempi limitati. E questo non rispetta le abilità di ogni bambino».

Per i Cobas, il nuovo sciopero contro i test Invalsi nelle scuole superiori è stato «un successo». Per Piero Bernocchi, il portavoce del sindacato di base, i risultati sono stati migliori di quelli dei giorni precedenti, quando c’è stata una guerra di cifre con il ministero dell’Istruzione sull’adesione degli insegnanti al boicottaggio delle prove. Ieri i Cobas hanno tenuto un sit-in a Viale Trastevere e una delegazione è stata ricevuta dal sottosegretario Rossi Doria: Hanno chiesto di eliminare i quiz dall’esame di terza media, e che non siano introdotti all’esame di maturità. Per i Cobas i test devono essere facoltativi.

A boicottare le prove sarebbero stati anche molti studenti. Secondo un sondaggio condotto ieri mattina dal portale Skuola.net il 37% dei ragazzi iscritti al secondo anno della scuola superiore ha rifiutato di compilare il questionario. Al 20% degli studenti boicottatori non è andato giù che i professori abbiano deciso di assegnare un voto che farà media. Per il 38% dei ragazzi queste prove sono «inutili». L’Unione degli studenti (Uds) ha organizzato flash mob di protesta in 11 città, mentre a Milano la «Rete degli studenti» e il collettivo Lambretta hanno occupato l’ex provveditorato in via Ripamonti. Polemica anche sui costi delle prove: per l’Uds ammonterebbero a 14 milioni di euro. Per il Miur solo a 2,5 milioni all’anno. Su twitter, hashtag #invalsi, si è molto ironizzato sulla domanda di matematica: «quanto pesa un foglio A4?».

Intervista a Renato Foschi sui test scolastici
«Il metodo Montessori è l’alternativa»

«L’Invalsi vuole creare un bambino cosmopolita, un cittadino desiderabile per i mercati globali, che sappia cioè muoversi tra le frontiere come un moderno imprenditore di se stesso – afferma Renato Foschi, docente in psicologia alla Sapienza di Roma, autore di un libro dedicato a Maria Montessori (Ediesse) e di un saggio pubblicato sulla rivista telematica Roars.it sui test Invalsi – Chi non rientrerà in questo modello fondato su conoscenze rigide valide in tutto il mondo verrà emarginato e scomparirà. Questa è una deriva dei valori illuministici che ci richiamano a una profonda riflessione».
 

In cosa consistono questi test?

Sono test di abilità per verificare le capacità nella lettura e il livello di apprendimento in matematica e in inglese degli studenti italiani dalla seconda elementare fino alla maturità. Possono essere usati per verificare i disturbi di apprendimento nel bambino, ma anche per misurare la capacità delle scuole nel veicolare un pacchetto di conoscenze standarizzate che vale per tutti, a prescindere dalle culture o dalle nazioni di appartenenza. L’Invalsi pensa così di potere misurare mediamente i ragazzi di una certa scuola o di una certa regione, stabilendo una comparazione con le scuole di altre regioni o di altre nazioni. Con ogni probabilità questi test produrranno tutt’altro.
 

Cosa?
Pur di non essere categorizzate come inferiori, le scuole insegneranno ai bambini come superare i test Invalsi. Useranno il tempo della didattica per preapare i bambini ai quiz, un po’ come succede nella scuola guida.

Come verrano usati i risultati di questi test?

Non lo sappiamo. Questi test non verificano le carenze di una scuola, o come dovrebbe essere organizzata per migliorare l’insegnamento. Misurano solo le medie dei punteggi dei bambini e ne ricavano statistiche su base geografica.
 

I test nella scuola sono oggetto di un dibattito internazionale importante. In cosa consiste?

C’è chi pensa che i test Pisa, come quelli Invalsi, servano alla gestione biopolitca della popolazione dalla nascita alla tomba. E c’è chi, come Robert Lynn, un’autorità nel campo della psicologia mondiale, li ha ritenuti utili per gerarchizzare le differenze del quoziente intellettivo tra paese e paese, una visione che sfiora l’eugenetica. Lynn tra l’altro si è occupato dell’Italia nel 2010 e ha sostenuto che gli italiani del Sud sono meno intelligenti di quelli del Nord e che questo produce un’arretratezza economica. Chi ha pensato i test Invalsi critica queste posizioni e vuole dimostrare che Lynn ha torto dal punto di vista metodologico. Mi chiedo se sia corretto, dal punto di vista etico, sottoporre tutti i bambini italiani a queste prove che possono essere usate strumentalmente, per fini diversi da quello del miglioramento pedagogico.

Cosa pensa del progetto di estendere le prove Invalsi a tutti gli studenti entro il 2015 per renderli vincolanti per l’accesso all’università?

Spero che fallisca. La scuola dev’essere a misura dell’individuo e deve cercare di sviluppare la creatività che è alla base di ogni aspetto della vita sociale.
 

Quale metodo sceglierebbe per la valutazione degli studenti?

Quello Montessori, uno dei pochi metodi pedagogici sperimentati empiricamente. Si basa su un’organizzazione della struttura scolastica a misura di bambino. Quando vennero inventati i test, le fu chiesto di applicarli ai bambini romani. Lei si rifiutò dicendo la pedagogia doveva essere a misura del bambino, ma non doveva misurare i bambini perché non avrebbe portato a riforme pedagogiche ma solo alla riforma degli esami. Quello che sta accadendo con i test Invalsi.