E allora diciamo qualcosa di destra

di Stefano Stefanel e Aluisi Tosolini* (dirigenti scolastici),
Pavone Risorse 14.5.2013

Visto che c’è qualche difficoltà a dire qualcosa di nuovo di sinistra cerchiamo di arrivare da qualche parte dicendo qualcosa di destra:

punto elenco

abolizione del valore legale del titolo studio;

punto elenco

abolizione degli esami di stato;

punto elenco

abolizione delle bocciature.

In teoria queste tre abolizioni dovrebbero essere “di sinistra”, ma così non pare. Il valore legale del titolo di studio viene difeso a spada tratta dai sindacati e dalle forze di sinistra, come argine contro il neo-liberismo. Mentre per la sinistra l’eliminazione delle bocciature farebbe perdere ulteriori posti di lavoro e l’abolizione degli esami di stato farebbe perdere ancora più unitarietà al sistema scolastico nazionale.

Tutto questo poi farebbe affiorare immediatamente la meritocrazia, vista dalla sinistra come il drago che sputa fuoco sull’uguaglianza. E la meritocrazia, che dovrebbe essere il cavallo di battaglia di un’equità cara alla sinistra, è diventato in Italia un tema “di destra”. La sinistra non vuol selezionare ma vuol continuare a bocciare (perché così si è rigorosi). La destra vuole bocciare perché così i migliori hanno dei vantaggi e anche su questo la sinistra non medita: perché il vantaggio dei migliori deve aumentare a spese dei così detti peggiori (stranieri, disagiati, deprivati, fannulloni, ecc.)? Così la destra che vuole bocciare poi alla fine lo fa solo in teoria. Insomma ci pare che tutta la questione abbia ribaltato i valori e che la destra difenda posizioni che dovrebbero essere di sinistra e viceversa.

L’abolizione del valore legale del titolo di studio toglierebbe illusioni, eliminerebbe le università telematiche e i diplomifici in quanto nessuno se ne farebbe più niente di un titolo di studio che viene considerato acquisibile solo con i soldi, mentre comincerebbero a prevalere certificazioni e percorsi. A questo punto non servirebbe a nulla bocciare e far ripetere tutte le materie dell’anno a chi non ce l’ha fatta. Si eviterebbero le disparità tra sezioni e docenti per cui ci sono classi in cui con una prestazione si prende cinque e classi in cui con la stessa prestazione si prende sette: chi ha dei debiti dovrebbe seguire percorsi diversi da chi non li ha. E così alla fine ci sarebbe chi esce con 100 e chi con 21. E chi esce con 21 potrà solo esibire la testimonianza che è stato lì fino alla fine. Tutto questo richiede di personalizzare e questo la sinistra non lo vuol fare, perché personalizzando i percorsi li si differenzia in modo irreversibile e si ritiene che questo determini un sistema scolastico non unitario.

Il nostri sistema scolastico però non è già unitario e i risultati Ocse-Pisa e Invalsi sono lì a testimoniarlo. Solo che la sinistra italiana ha regalato alla destra anche le valutazioni di sistema, che servono proprio ad intervenire sulle ingiustizie. E lo ha fatto accusando ogni sistema di valutazione di essere il cavallo di Troia del neo-liberismo. Così per opporsi alle valutazioni e al loro uso ci si richiama alla Costituzione e all’uguaglianza, quasi che nella nostra Costituzione ci sia il socialismo e non anche la spinta verso l’equità, ma soprattutto facendo finta che la società italiana attenda uguaglianza, mentre invece al massimo cerca un po’ equità (il più bravo ottiene il posto per il solo fatto di essere il più bravo).

Stabilito, dunque, che certi temi sono ascritti alla destra credo sia necessario nominarli e confrontarsi con loro, anche se ci si richiama alla sinistra. L’Ocse ci dice che ogni studente bocciato ci costa 28.000 euro, l’esperienza ci dice che difficilmente riusciamo a recuperarlo. Quindi buttiamo dei soldi e facciamo perdere tempo alla gente. Cosa c’è da difendere in tutto questo? In base a quale logica i più bravi sono penalizzati dal fatto che quelli meno bravi non vengano bocciati? Si scambia merito con selezione, ma poi si seleziona ritenendosi democratici e costituzionali.

Tutto questo appare ingigantito in quella enorme farsa di stato che sono gli esami finali, alibi per le didattiche più retrive e conservatrici. Se si elimina il valore legale del titolo di studio le scuole possono strutturare prove d’uscita che completino i percorsi, definiscano la valutazione finale e siano coerenti con i percorsi didattici, soprattutto con quelli personalizzati. E’ di destra tutto questo? E allora cominciamo a dire cose di destra.

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*) questo intervento – volutamente provocatorio sin dal titolo - necessita di una contestualizzazione “genealogica”. Sabato 11 maggio Aluisi Tosolini ha moderato – a Udine ed entro la manifestazione chiamata vicino-lontano – un dibattito in cui è stato presentato l’ultimo numero della rivista di filosofia Aut Aut dedicato proprio alla scuola. Il dibattito – cui hanno partecipato Pier Aldo Rovatti, Beatrice Bornato e Raoul Kirchmayr - è stato molto interessante ed in altro momento verrà presentata una approfondita recensione del numero della rivista.
Poco prima del dibattito Stefano Stefanel si è avvicinato al palco per salutare Aluisi Tosolini: i due (noi due) pur essendo entrambi friulani e scrivendo spesso sugli stessi argomenti ed anche sugli stessi siti non ci eravamo infatti mai incontrati.
A dibattito concluso ci siano incontrati per salutarci e, quasi scherzando, ci siamo detti che forse è giunta l’ora di dire qualcosa di destra, citando proprio le tre abolizioni che aprono questo nostro intervento comune.
Ovviamente questa posizione (per non dire della “destra”) non ha nulla a che vedere con il dibattito sulla scuola impossibile di aut aut. Anche se certo l’incontro ed il dibattito di aut aut ha costituito l’occasione per riassumere in tre frasi pensieri che ci accomunano.
E che noi non crediamo essere di destra (sempre che destra/sinistra voglia ancora dire qualcosa…).