Prove Invalsi, il no viene anche dalle famiglie:
“Non manderò mia figlia a scuola”

di Alessandro Ferretti, Il Fatto Quotidiano 7.5.2013

Sui test Invalsi si sono espressi (negativamente) molti insegnanti: aggiungo al dibattito il punto di vista di una genitrice.
 

Cari Genitori,

dopo aver raccolto molte informazioni e partecipato a vari seminari sul tema, ho deciso di non far partecipare mia figlia ai test Invalsi che si terranno martedì e venerdì di questa settimana in tutta Italia. Le regioni sono molte e voglio, brevemente, condividerne almeno alcune con i genitori di questa mailing list.

Premetto che sono favorevole ad introdurre un sistema di valutazione nella scuola. Il problema è però che cosa si valuta e a quale scopo. Un test come l’Invalsi dovrebbe consentire di misurare i livelli di apprendimento e le competenze acquisite dai bambini e lo scopo dovrebbe essere quello di individuare le scuole che necessitano di interventi specifici e risorse per migliorare la didattica e superare le difficoltà che possono derivare da molteplici fattori (essere in un quartiere disagiato, essere prive di mezzi, essere sotto-organico, ecc…).

Al contrario, oggi, nella deriva aziendalista di cui è vittima tutto il sistema dell’istruzione pubblica del nostro paese, il test Invalsi rischia di diventare un sistema “punitivo” per chi “va male” (insegnanti, scuole) e (forse) premiante per chi “va bene”, aumentando di fatto le disuguaglianze.

Metodologicamente il risultato ottenuto da una classe non può e non deve essere paragonato a quello di un’altra senza adeguati correttivi. Il risultato ottenuto da una classe al test, infatti, può dipendere da mille motivi diversi, motivi che vanno ben al di là della capacità degli insegnanti. Può essere determinato dalle caratteristiche socio-economiche della famiglie degli alunni, piuttosto che dalla localizzazione geografica della scuola o dalla presenza in classe di bambini con difficoltà non certificata o non adeguatamente supportata.

I “signori” dell’Invalsi (che ho avuto modo di incontrare più volte per questioni di lavoro) sostengono di poter correggere i dati per tener conto almeno della composizione sociale della classe. Ma in realtà ciò è impossibile in quanto il 30% (cioè quasi 1 su 3…) della famiglie non compila il questionario su istruzione/occupazione dei membri del nucleo familiare…

Inoltre, bisognerebbe mettersi d’accordo su cosa si intenda per “buon” risultato alle prove Invalsi: pochi bambini con valutazioni altissime e magari altrettanti con valutazioni medio/basse oppure una distribuzione più uniforme nei risultati dei bambini nella classe (segno che i docenti sono riusciti a non lasciare nessuno indietro)?

Infine, i test (ovviamente anonimi) non sono presi e spediti all’Invalsi, ma vengono caricati nel database dai docenti stessi della scuola. Accade così che gli insegnanti siano a conoscenza del risultato delle loro e delle altre classi e si vantino poi alle riunioni con i genitori di avere ottenuto il risultato migliore della scuola!

Peraltro, come è noto a tutti, vi sono scuole in cui gli insegnanti, in questa presunta corsa a premi, aiutano i bambini nelle risposte per “tirar su” la valutazione della loro scuola/classe.

Insomma, quello che dovrebbe essere uno strumento per migliorare la qualità della scuola pubblica si sta trasformando in una sciocca gara tra insegnanti e rischia di diventare uno strumento punitivo per le scuole che sono più in difficoltà e che avrebbero invece bisogno di risorse per migliorare la loro offerta didattica. Così come è strutturato e svolto, il test Invalsi è inutilizzabile per chi fa ricerca e studia come individuare politiche scolastiche più mirate e, in questa fase, appare quindi un inutile spreco di risorse.

Alcune sigle sindacali hanno, come ogni anno, indetto uno sciopero nelle giornate in cui si fanno i test in segno di protesta e per dare copertura a quei docenti che si rifiutano di collaborare con il sistema Invalsi.

Per quanto mi riguarda (e in pieno accordo con mio marito) ritengo importante non collaborare con questo sistema e dare un segnale di contrarietà. Per questo martedì (oggi, NdR) e venerdì non manderò mia figlia a scuola nelle ore in cui si terranno i test.

In altre città i genitori si sono organizzati per tenere i figli a casa e proporre loro attività alternative per quelle due mezze giornate. Purtroppo da noi questo non è accaduto. Speriamo nei prossimi anni sia possibile organizzarci meglio.

Un caro saluto,

Silvia Pasqua (rappresentante dei genitori nel Consiglio di Circolo della scuola elementare Baricco – Torino)