Il test Invalsi.
Inutile nozionismo o amara verità?

Ateniesi, 25.5.2013

Le prove Invalsi sono una mostruosità, una cosa senza alcun senso, che può servire se mai a premiare chi è dotato di un po’ di memoria più degli altri, non chi ha spirito critico. Poiché la scuola dovrebbe essenzialmente far nascere lo spirito critico, la miglior cosa sarebbe eliminare l’Invalsi e restituire i suoi test a chi li ha inventati”

Luciano Canfora

Partiamo da una domanda: se vi chiedessi di risolvere questa disequazione di primo grado: 4x – 2 ( 25 – x ) > 60,  come giudichereste la domanda? Per i ragazzi di seconda superiore non è un problema molto difficile: la soluzione è x > 55/3.  E se volessimo sbizzarrirci e cercare il numero intero minimo che risolve la disequazione, ci basterebbe prendere il numero 19 (55:3=18,33). Le disequazioni di primo grado, di solito, si affrontano a cavallo tra la prima e la seconda superiore, sono un argomento su cui si insiste molto e su cui si svolgono decine e decine di esercizi. Prendete un libro di matematica del primo biennio e vi accorgerete di quanto spazio è dedicato loro.

Per tutti questi motivi un esercizio sulle disequazioni di primo grado dovrebbe essere alla portata della maggior parte degli studenti che affronta le prove Invalsi in seconda superiore. Prendiamo dunque il testo di uno dei famigerati test Invalsi (2010-2011) e andiamo alla prova di matematica, domanda n. 13.

La disequazione che vi ho presentato in apertura è proprio la formula che serve per risolvere il quesito c) mentre l’espressione a primo membro è la soluzione del quesito b). La risposta alla domanda a) è banale.

Come si sono comportati i ragazzi? Il documento Rilevazione sugli Apprendimenti prodotto dall’Invalsi riporta i risultati delle prove e ci permette di verificare come hanno risposto i nostri quindicenni alle singole domande.

Come mai gli studenti di seconda superiore, che pure in larga parte sono in grado di risolvere disequazioni di primo grado ben più complicate hanno risposto così male a quelle due domande?

La risposta è che il test non metteva di fronte i ragazzi a un quiz mnemonico e nozionistico, come la parte più chiassosa dei miei colleghi vorrebbe farvi credere, ma poneva loro un problema reale (uno studente dovrebbe essere in grado di calcolare a quante domande deve rispondere correttamente per passare un test) che andava risolto utilizzando conoscenze e abilità apprese in classe.

Usando la terminologia in voga oggi, il test Invalsi valuta le competenze degli studenti. Che cosa sono queste competenze? A dispetto di quanto sostenuto da Giorgio Israel, esiste una loro definizione condivisa, data dall’Unione Europea e recepita dall’Italia nel 2007: “Le competenze indicano la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale”. Del resto, a cosa serve far risolvere ai ragazzi decine di disequazioni di primo grado se poi questi brancolano nel buio quando incontrano un problema la cui soluzione ne richiede l’uso?

E allora, ai sindacati che definiscono i test una “pratica quizzarola, umiliante e distruttiva, che rimanda ad un progetto pedagogico basato sul nozionismo”, ai colleghi che lamentano di essere ridotti a “schiavi” dall’Invalsi e ai genitori “ribelli” che decidono di tenere i figli a casa per protesta, consiglio di leggere le domande dei test, confrontarle con gli esercizi nei libri dei ragazzi e meditarci su.

Non è che i più acerrimi oppositori dei test Invalsi siamo noi insegnanti perché siamo consci che quegli esercizi mettono a nudo un’amara verità, ovvero che stiamo trasmettendo un inutile sapere superficiale, che si dissolve nel nulla non appena gli studenti sono messi di fronte a problemi che richiedono l’uso critico e ragionatodegli strumenti che hanno appreso a scuola?

 

 

Commento di Mariangela Galatea Vaglio

 

Mah. Io faccio Invalsi da dieci anni (insegno alle medie, e sono sempre capitata in scuole “campione” che li stavano sperimentando), quindi per quello che riguarda le prove di Italiano qualche esperienza ce l’ho.
Le prove di comprensione del testo e di valutazione, due delle competenze che il test dovrebbe testare, sono, per quanto riguarda la mia materia, spesso assai opinabili: le domande chiedono ai ragazzini di valutare, per esempio, i “sentimenti” del protagonista che ha pronunciato una determinata frase, e viene data loro una scelta fra quattro aggettivi molto simili. La scelta, spesso, è opinabile; la parte grammaticale del test, l’unica che potrebbe essere davvero “oggettiva” è ridotto ad un paio di domande molto vaghe, il resto sono domande in cui si chiede di individuare e ricopiare pari pari brani del testo per dimostrare di aver capito la domanda (tipo:”Dove X prende la penna? Risposta X prende la penna sul tavolo).
Premetto che le mie classi agli Invalsi vanno mediamente bene, superando di qualche punto la media nazionale, ma mi domando sempre a che diavolo servano quiz fatti in questa maniera, che presentano un testo che gli studenti non hanno mai visto prima e sul quale vengono loro fatte una serie di domande standard che in realtà non permettono di capire se ne seguono il senso profondo, ma solo se sono in grado di fare una analisi abbastanza superficiale.
Non sono contraria agli invalsi, ma mi fa ridere quando vengono presentati come “il” metro per capire se qualcuno ha una istruzione buona o se ha frequentato una scuola efficiente: l’unica prova che forniscono gli invalsi è che in quella classe sono stati (forse) forniti dall’insegnante gli strumenti per rispondere bene ad una prova Invalsi, nel senso che ha spiegato esattamente le cose che ti servono per uscire bene dal test e probabilmente ha usato per tutto l’anno nelle verifiche esercizi simili.
Alunni che riescono benissimo agli Invalsi possono essere del tutto incapaci però poi di argomentare ed organizzare i discorsi, fare degli affondi critici sul testo, valutarlo in modo complesso. Persino su un testo delle medie. Quindi non ho problemi a somministrare ai miei alunni i test, ma se si vuole andare verso una scuola che usi quelli come unico metodo di valutazione delle loro conoscenze o metro di giudizio sul mio operato, mi oppongo. Non perché ho paura di essere giudicata, ma perché didatticamente è una cretinata. E difatti nelle nazioni dove da anni li hanno introdotti, stanno precipitosamente tornando indietro, perché si sono resi conto dei loro limiti nella valutazione. Vogliamo rifletterci su?