Test Invalsi/1.
La scuola non li ama, ma si adatta

da TuttoscuolaNews, n. 587 20.5.2013

Con le prove svoltesi nelle classi seconde della scuola secondaria di secondo grado l’Invalsi ha completato il suo programma annuale di test nazionali. Manca quello di italiano e matematica che si effettuerà il 17 giugno 2013 nel contesto dell’esame di licenza media, ma questa prova, a differenza delle altre, non sarà a rischio di sciopero, vietato dalla legge.

A rischio erano le prove finora svoltesi, soprattutto quelle previste nelle scuole secondarie superiori, che hanno coinvolto circa 559 mila studenti, compresi per la prima volta gli allievi della formazione professionale di alcune regioni (Liguria, Lombardia, Provincia Autonoma di Bolzano, Provincia Autonoma di Trento e Veneto).

Ebbene, va detto che nel complesso, malgrado l’incertezza sulla reale incidenza dello sciopero anti-test proclamato dai Cobas, di cui parliamo nella news successiva, la scuola italiana sembra aver imparato a coesistere con le prove Invalsi. Non le ama, perché molti insegnanti (a differenza di molti dirigenti scolastici, interessati all’autovalutazione di istituto) le percepiscono come alternative, o comunque condizionanti, rispetto al loro compiti didattici. Però le considera come un obbligo, un atto dovuto, e risulta che in non pochi casi i docenti abbiano fatto fare esercizi di preparazione ad affrontare i test.

Se questi ultimi, come si sostiene da parte dell’attuale top management dell’Invalsi, assumeranno sempre più il carattere di “stimoli cognitivi”, perdendo quello di “quiz nozionistici”, potrebbe verificarsi una convergenza tra l’azione didattica svolta dagli insegnanti durante l’anno, curriculum- based e ispirata al principio della valutazione formativa, e la logica dei test, che è competence-based e non può che avere il carattere di una valutazione sommativa.