La sentenza sulla mancata retrodatazione della nomina di un docente

Negligenza e imperizia nella gestione del personale
Ecco perché il ministero è stato condannato

di Mario D'Adamo, ItaliaOggi, 14.5.2013

Non accade spesso di vedere qualificata la condotta del ministero dell'istruzione, soccombente in una causa di lavoro intentagli da un'insegnante di sostegno, come gravemente colpevole «in termini di negligenza e imperizia nella gestione del personale». Eppure queste sono state le parole che il giudice del lavoro di Piacenza ha scritto in una sentenza del 30 aprile scorso con la quale ha riconosciuto all'insegnante, assunto a tempi indeterminato dal 1° settembre 2011, il diritto alla retrodatazione della nomina dal 1° settembre 2009 con tutti i conseguenti diritti economici e giuridici.

La questione traeva origine dal trattamento riservato ai docenti iscritti nella graduatoria permanente di una provincia che chiedono il trasferimento in un'altra. In base al sistema delle assunzioni del personale attualmente vigente, fondato sul merito, l'inserimento in una nuova graduatoria dovrebbe avvenire nella posizione corrispondente al punteggio posseduto dal docente. Solo con una forzatura logico – giuridica l'inserimento avviene invece in coda. La questione è stata anche complicata dalla Lega Nord, che ha contestato la facilità con la quale gli insegnanti del meridione lucrerebbero più elevati punteggi e un maggior numero di titoli, da utilizzare, trasferendosi al nord, per sottrarre posti ai loro colleghi del settentrione, meno fortunati perché più esigenti le istituzioni che rilasciano titoli e certificano punteggi. L'insegnante di sostegno, che ha chiamato in causa il ministero a Piacenza, era iscritta nella graduatoria degli insegnanti di sostegno della provincia di Palermo, area tecnico – professionale – artistica (AD03), e aveva chiesto il trasferimento nella provincia di Piacenza, dove era stata inserita in coda.

Nonostante con ben due successive ordinanze cautelari il Tar del Lazio, al quale l'interessata e altri docenti di altre province si erano rivolti, avesse imposto l'inserimento a pettine anche designando un commissario ad acta, il ministero non si diede per inteso e per tutta risposta presentò, in sede di conversione del decreto legge n. 134 del 2009, un emendamento «teso a rendere inefficace il pronunciamento del giudice amministrativo ed evitare il commissariamento», ma la norma fu poi poi dichiarata incostituzionale con sentenza della Consulta n. 4 del 2011. Il Tar del Lazio, quando poi ha discusso nel merito della questione, ha dovuto riconoscere che la competenza in materia di assunzione del personale era del giudice ordinario, quello del lavoro, davanti al quale l'insegnante di sostegno ha dovuto così riassumere la causa e dal quale però ha avuto ampia soddisfazione. Grazie anche alla caparbietà con la quale ha insistito nel rivendicare un proprio diritto di fronte all'inerzia di un ministero arroccato su posizioni non coerenti con il nostro sistema di reclutamento. Se poi si voleva invece mettere in discussione il diverso peso dei titoli di studio rilasciati da scuole e università d'Italia, il terreno di intervento doveva essere un altro, non certo quello del misconoscimento di diritti conseguenti al possesso di titoli legittimamente conseguiti.