Invalsi: dove tutto è precario, anche la scuola di Roberto Ciccarelli, il manifesto 2.7.2013
All‘Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di
istruzione e di formazione (Invalsi), con sede a Villa Falconieri a
Frascati in provincia di Roma, ci sono 40 precari (tra ricercatori,
amministrativi, informatici e collaboratori di ricerca) e 25 assunti
a tempo indeterminato. Nell’ente commissariato da Paolo Sestito,
alto funzionario della Banca d’Italia in carica dal febbraio 2012,
c’è chi lavora da più di dieci anni, dopo avere firmato fino a 25
contratti tra co.co.co e tempi determinati. Dal 2004 l’invalsi è diventato un istituto di ricerca. Prima era un centro europeo dell’educazione. A partire dal 2007, il governo di centrosinistra con il ministro Mussi lo eleva a perno della nuova strategia per il governo delle scuole. Lo stesso farà per l’università e la ricerca scientifica, avviando l’Agenzia Nazionale di Valutazione (Anvur) che poi sarebbe andata a regime grazie alla riforma Gelmini. Ma si sa che in tempi di austerità le ambizioni hanno un costo che lo Stato non può permettersi. Nello stesso momento in cui all’Invalsi venivano attribuite funzioni epocali, le spending review dei governi di destra e di sinistra hanno cancellato i suoi fondi. Nel 2005 il contributo statale era di 10,9 milioni. Nel 2012 il contributo era di appena 2,9 milioni. L’Invalsi sopravvive, come del resto altri enti di ricerca, grazie ai Pon e alle ricerche autofinanziate sul “mercato”.
Al taglio dei fondi si è aggiunto un altro problema. Come in tutti gli
enti di ricerca, dal Cnr in giù, alla difficoltà di
contrattualizzare regolarmente il personale si è quella di
strutturare l’istituto con ordini ad hoc. Negli ultimi otto anni si
sono susseguiti nei locali di Villa Falconieri decine di precari
senza che i vertici dell’istituto abbiano potuto, e voluto,
stabilizzarli. Questa rotazione permanente si è resa necessaria
perché è stato rafforzato il blocco del turn-over. A questo si è
aggiunta una difficoltà di natura politica. In tutti questi anni i
governi “rirformatori” della scuola non hanno mai deciso se e come
nominare direttori e presidenti dell’ente in pianta stabile. Precari
sono dunque i ricercatori e gli amministrativi. E precari sono i
vertici legati ai governi, e alle maggioranze, che si sono alternate
in parlamento in questi anni. A maggio 2013 si sono concluse le prove di un contestatissimo concorso per 13 posti a tempo indeterminato che sono stati vinti da 12 interni e da un esterno. Sin dal luglio 2012, insieme ai sindacati, i precari storici hanno contestato i profili scelti dall’istituto perché discriminavano la loro storia professionale. Sono partiti i ricorsi ma, in attesa dell’esito, Sestito ha bandito un nuovo concorso a tempo determinato per 28 posti della durata di un anno. Le domande pervenute sarebbero all’incirca 300, ma chi lavora da una vita per l’Invalsi oggi non ha alcuna certezza di continuare la sua attività. Il prossimo 30 dicembre il suo contratto non sarà più rinnovato perché i revisori dei conti sostengono che non ci soldi. Queste persone rischiano di perdere il lavoro e dovranno sostenere una guerra per un posto con i loro colleghi.
Una situazione grottesca per un ente sul quale anche il ministro
dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza ha puntato il futuro della
scuola. Nel prossimo anno scolastico dovrebbe entrare in vigore il
regolamento sulla valutazione che estenderà l’attività dell’Invalsi
alle scuole, e non più solo agli studenti delle materne, delle medie
o delle superiori. Il progetto prevederebbe l’estensione delle prove
agli esami di maturità. L’Invalsi si prepara a svolgere questi
compiti con 25 assunti e 40 precari che «scadono» a dicembre e non
sanno ancora se il loro contratto sarà prorogato nel 2014 (come
prevede un accordo già firmato). A sostegno interverrà un plotone di
consulenti esterni, di ispettori reclutati tra i docenti nelle
scuole, disponibili a collaborare nell’attività di valutazione delle
performance degli istituti. E’ infatti aperto un bando per selezionare futuri esperti per le valutazione delle scuole. Hanno risposto 6 mila insegnanti, i posti disponibili sono all’incirca 500. Queste persone dovrebbero essere considerate come “consulenti esterni”. Le loro scuole potrebbero conferirgli il «comando» presso l’Invalsi in modo tale da permettergli di svolgere il ruolo per il quale sono stati reclutati. Proprio come avviene per le questioni sindacali. Tutto regolare? Non proprio. Perché, ad oggi, la possibilità di lavorare da parte di un insegnante per un altro ente dello Stato, magari con un contratto a termine o una consulenza, non esiste. Lo esclude la legge. E poi non ci sono i soldi per pagare questo esercito di valutatori. All’Invalsi ne sono a conoscenza e quindi si chiede a questi docenti volenterosi di prendersi qualche giorno di ferie. In questo modo le possibilità di condurre una valutazione a tappeto delle scuole, secondo le regole stabilite dall’istituto, si riducono drasticamente. Agli ispettori verrà chiesto di valutare quattro o cinque scuole e poi di tornare al loro lavoro. Per questa ragione si cercano centinaia di persone. 500 persone potrebbero esaminare all’incirca 2500 scuole. Nulla, ma questo numero ipotetico potrebbe rappresentare comunque un campione statistico. Ai precari che continueranno a lavorare a Villa Falconieri toccherà formare e seguire le attività dei docenti-ispettori. Ma fino al 30 dicembre, perché poi non si sa. I ricercatori precari, e i pochi strutturati, che lavorano in questa struttura svolgeranno un ruolo di elaborazione e di coordinamento delle attività di formazione degli ispettori.
Potranno vincere i prossimi concorsi, ma quello che è certo è che
dureranno solo un altro anno. Perché i concorsi banditi prevedono un
posto a scadenza. La situazione di precarietà dell’Invalsi, come in
tutti gli enti di ricerca o gli atenei, è dunque endemica. In questa
situazione è chiaro che non esistono le forze, né i fondi, per
sostenere le ambizioni di un progetto che mira ad estendere i test
alla terza prova della maturità entro il 2015, rendendo poi i
risultati vincolanti ai fini dell’accesso alle facoltà. In più
bisogna considerare che l’Invalsi non è molto popolare nel mondo
della scuola. Lo è per una serie di ragioni complesse che dipendono
dalla natura della valutazione.
In Italia è in corso un vero scontro culturale sul concetto, e le
pratiche, della valutazione. I ricercatori che abbiamo conosciuto a
Villa Falconieri riconoscono che la valutazione è stata appannaggio
della “destra”, ma tengono ugualmente a dire che loro ragionano su
come aiutare le scuole a migliorare, ed escludono di lavorare
comminando premi e punizioni. “Se la valutazione la usi per capire
dove investire, potresti supportare le scuole che sono in difficoltà
– ci dicono – Oggi il Miur non conosce le difficoltà delle scuole.
Per il ministero sono tutte uguali, e per questo applica a tutte le
stesse modalità. Non vede le differenze”.
Il responsabile sarà un economista o un ingegnere, un fautore
dell’econometria oppure un pedagogista sostenitore di una
valutazione più comprensiva della soggettività dello studente o del
ricercatore? Al momento, anche la valutazione, il suo significato, e
la stessa istituzione restano precari.
Test Invalsi, ma non per tutti: come funzionano le prove e le critiche
alla valutazione scolastica
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