Il paese che preferisce le lavatrici ai libri

Ecobonus finanziati dall'Iva sui testi con allegati

di Gian Antonio Stella, Il Corriere della Sera 10.7.2013

Hanno la precedenza le lavatrici o i libri scolastici?

Negli altri Paesi occidentali sarebbe una domanda senza senso. Da noi no. Lo dimostra una «svista» piccola ma clamorosa: i soldi necessari per gli incentivi a chi rottami gli elettrodomestici saranno recuperati anche quintuplicando l'Iva sugli allegati alle pubblicazioni.

Compresi i manuali dalla scuola d'infanzia all'università.Sia chiaro: nessuno mette in discussione la scelta degli «Ecobonus» varati dal governo per le ristrutturazioni edilizie e l'efficienza energetica allargatati agli elettrodomestici, ai condizionatori, alle caldaie e alle pompe di calore. Dio sa quanto c'è bisogno, in questi momenti, di provvedimenti che stimolino una ripresa. Il guaio è che per rastrellare i denari indispensabili per concedere questi incentivi, come ricorda il presidente dell'Associazione Italiana Editori Marco Polillo in una lettera polemica a Enrico Letta, è stato deciso, come dicevamo, di portare dal 4 al 21%, a partire dal 1 gennaio prossimo, l'Iva sulle «opere culturali (contenuti digitali, musica, audiovisivi) veicolate in abbinamento alle pubblicazioni librarie e periodiche».

L'obiettivo in realtà, «come si evince dalle dichiarazioni pubbliche in sede di presentazione del provvedimento», era quello di colpire l'andazzo di allegare a questa o quella rivista, questo o quel libro, i gadget più strampalati. Dal berrettino al burrocacao, dalla crema antirughe alla borsa da spiaggia, dagli occhiali da sole al materassino.

Ma si tratta, secondo Polillo, di «un equivoco: colpire i gadget può essere misura condivisibile in un momento in cui ciascuno è chiamato a rinunciare a privilegi e benefici ingiustificati. Tagliare la cultura no». La norma invece fa di ogni erba un fascio. E «nel settore librario ciò significa colpire soprattutto i contenuti digitali innovativi allegati ai libri. I prodotti più colpiti sono i libri educativi (libri scolastici, universitari, sussidi come dizionari o enciclopedie) che frequentemente hanno un'estensione digitale: eserciziari, approfondimenti, simulazioni di laboratorio virtuale, ecc.; i libri per bambini spesso accompagnati da audio-letture; quelli professionali o preziose operazioni culturali basate sul multimediale (si pensi ai testi teatrali accompagnati dal video di una rappresentazione)».

Che senso c'è, chiedono gli editori, se lo stesso Enrico Letta aveva preso l'impegno il giorno in cui si insediò a non fare mai più tagli alla cultura? L'Unione Europea, insiste l'associazione editori, «con la Direttiva 47 del 2009, ha introdotto la possibilità di equiparare l'Iva sui libri cartacei con quella dei libri digitali su supporto fisico. Mentre gli altri Stati membri implementano la Direttiva, in Italia si abolisce l'unico caso — quello dei libri misti — in cui l'equiparazione già esiste, caso per altro presente in pressoché tutti i Paesi europei». Una contraddizione plateale: uno su quattro dei libri scolastici è integrato con materiale digitale che aiuta gli insegnanti a insegnare e gli studenti a studiare. E la formula del «libro misto» cresce anche tra i manuali universitari.

Quale sia lo stato di salute del settore lo dice il Rapporto sull'editoria per ragazzi 2013. Dove si spiega che nel primo decennio degli anni Duemila il comparto è cresciuto «al ritmo medio annuo dell'1,5%» ma «con il 2011 si è registrata una prima frenata e, nel 2012, il segno meno (parliamo di un -6%)» ha colpito anche qui. E non si tratta solo di libretti di puro svago. Men che meno associabili ai videogames o ad altri capricci adolescenziali.

«È perfino paradossale», dice il dossier, «ma oggi le vere agenzie che si occupano di promozione della lettura nel nostro Paese sono diventate le famiglie che procurano libri e li leggono ai loro figli, e le case editrici che li pubblicano e diffondono. Altro che scuola, biblioteche, festival letterari o saloni del libro. Come possiamo leggere se non in questo modo, il fatto che il 63,3% dei bambini di 2-5 anni (in proiezione 1,4 milioni di bambini) legge, colora, sfoglia libri o albi illustrati tutti giorni al di fuori dell'orario scolastico? E soprattutto che questa percentuale cala al 54,3% tra i 6-10 anni quando iniziano a frequentare la scuola elementare?».

A farla corta: almeno per i testi scolastici la quintuplicazione dell'Iva andrebbe ritirata. Tanto più che colpirebbe direttamente le famiglie. Eppure un ordine del giorno in questo senso, votato all'unanimità al Senato, non è stato preso in considerazione dal governo. Una scelta per Polillo «incomprensibile». Tanto più che la stima dell'esecutivo sui denari che verrebbero recuperati con quello spropositato aumento dell'Iva sarebbe sbagliata. In realtà, secondo gli editori, si può calcolare un gettito per i libri scolastici «non superiore ai 10 milioni». Milioni che peserebbero «solo su poche aziende più impegnate su questi fronti» con «effetti molto gravi».

E torniamo alla domanda iniziale: che senso c'è, in questo momento di crisi, nel dare una mano alle aziende (a volte multinazionali) che producono condizionatori o lavastoviglie dando insieme una stangata a chi stampa libri destinati ai nostri figli che studiano?