Il Consiglio della scuola Allegra di Valverde A Valverde, in provincia di Catania, il Consiglio dell’Ics “G. Allegra” aveva “deliberato” la “settimana corta” di 27 ore, eliminando 3 ore di didattica. Due mamme ricorrono al Tar. Vincono. Ma la preside si trova tra l’incudine e il martello inviato da Polibio, 10.6.2013
A Valverde, in
provincia di Catania, il Consiglio dell’Istituto comprensivo statale
“G. Allegra” aveva “deliberato” la “settimana corta” di 27 ore (da
lunedì a venerdì), eliminando 3 ore di didattica nella scuola
primaria. Due mamme, Erika Corsaro e Fausta Praticò, ricorrono al
Tar. Vincono. Ma la preside si viene a trovare tra l’incudine e il
martello. Nella sostanza, non decide perentoriamente per tutti,
nonostante la chiara sentenza del Tar, che sanciva il diritto degli
alunni alla “settimana lunga” di 30 ore (da lunedì a sabato), su
quale orario imporre nell’Istituto comprensivo statale “Padre
Gabriele M. Allegra”. Pertanto, “settimana corta” per chi l’ha
voluta “corta” (con impoverimento dell’offerta formativa, data la
“perdita” di 3 ore di attività didattica ogni settimana,
sostanzialmente una sorta di minievasione scolastica nella scuola
dell’obbligo), cioè di 27 ore. Cosicché i genitori “pro settimana
corta” degli alunni di due terze classi si recano, nei giorni di
martedì, giovedì e sabato, a scuola un’ora prima della fine delle
attività didattiche perché la preside (che il 3 aprile 2013 ha
disposto, a partire dal giorno successivo, e fino alla fine delle
lezioni dell’anno scolastico in corso, soltanto per “le classi terza
A e terza C del plesso centrale di Valverde”, il ripristino
dell’orario “dalle ore 8,30 alle 13,30 per sei giorni, per
raggiungere le 30 ore settimanali in esecuzione della sentenza del
Tar di Catania”, n. 523/2013 del 16.01-18.02.2013) ha autorizzato
l’uscita anticipata dei loro figli, mentre restano nelle due classi
poco più di una decina di alunni. In una delle due classi, rimane
soltanto un alunno.
Ma se la
sentenza del Tar afferma che l’orario scolastico settimanale deve
essere di 30 ore in sei giorni, è possibile consentire, senza
giustificazione plausibile, l’uscita anticipata in massa degli
alunni in età di obbligo scolastico dalla scuola pubblica statale?
Se le uscite anticipate dalla scuola possono essere consentite, ma
soltanto se giustificate da uno dei genitori per impellenti
necessità, e comunque non a ripetizione, l’uscita in massa quale
giustificazione avrebbe”? Certamente non quella di avere
partecipato, con voto positivo, al sondaggio per avere la “settimana
corta” di 27 ore in cinque giorni, di averne avuto approvazione da
parte del Consiglio d’istituto, o da parte di qualsiasi altra
autorità amministrativa. “Settimana corta” non consentita dalla
sentenza del Tar, che ha obbligato la scuola “Allegra” al rispetto
del monte delle 30 ore. Peraltro, con riferimento all’ordinanza di
sospensiva dell’efficacia del provvedimento, cioè della “settimana
corta” di 27 ore in cinque giorni, pronunciata dal Consiglio di
Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede
giurisdizionale (Palermo, 5 settembre 2012, depositata in segreteria
il 6 settembre 2012) avendo ritenuto “che le modifiche contestate
non tengano conto adeguatamente delle esigenze formative degli
alunni”. Inoltre, il Miur ha recentemente chiarito, con una
specifica nota, che la sentenza va applicata a tutti gli alunni
(quindi 30 ore di attività didattica settimanale per tutti) nel
rispetto della legge e del diritto allo studio.
Ciò, a parte la
mestizia di trovarci di fronte a un Consiglio d’istituto che, invece
di rivendicare il diritto alla “settimana lunga” di 30 ore, e
addirittura di chiedere con ferma determinazione la scuola a tempo
pieno (40 ore settimanali di attività didattica e di altre attività
formative), assolutamente necessaria e importante per gli alunni
della scuola primaria, ha “puntato” alla riduzione dell’orario
settimanale dell’attività didattica. E la “protesta” continua a
essere “attiva” da parte di chi chiede la “settimana corta”, quella
delle 27 ore di attività didattica, da svolgersi in cinque giorni:
dal lunedì al venerdì compresi, con esclusione del sabato. Nella
sede centrale di via Vittorio Emanuele, a Valverde, e nelle altre
dieci sedi distaccate, anche in comuni limitrofi, a partire dalla
sede di Aci Bonaccorsi. Un lavoro comunque già non indifferente per
la dirigente del comprensivo “Allegra”, Laura D’Agata, dovendo
dedicare una parte della giornata alla sede centrale, sede degli
uffici amministrativi, e il resto della giornata di lavoro a uno o a
più di uno degli altri plessi.
Proviamo a
pensare a una scena del teatro dell’assurdo. Quella dei genitori di
alunni della scuola primaria e della scuola media che a stragrande
maggioranza e a “gran voce” chiedono (e c’è un Consiglio d’istituto,
un dirigente scolastico o qualsiasi altra autorità competente
afferente al sistema scolastico che deliberano favorevolmente e
quindi consente o consentono), che l’attività didattica, come a
Polibio è stato sarcasticamente “suggerito” da un professore
universitario di discipline pedagogiche, si svolga in uno soltanto
dei giorni della settimana per la durata di 6 ore!
Da parte del
segretario generale della Flc Cgil Sicilia, Giusto Scozzaro, a
proposito dell’orario scolastico da “settimana corta” e pertanto da
eliminare, sia perché riduttivo e insufficiente, sia perché
rappresenta un danno per la formazione degli alunni rispetto a ben
altre e più favorevoli condizioni esistenti soprattutto nelle
regioni dell’Italia settentrionale, ha dichiarato – così
nell’articolo di Rossella Jannello su “la Sicilia” del 6 giugno 2013
(“Scuola, se la settimana corta è ‘per molti ma non per tutti’”, e
all’occhiello “La ‘battaglia’ di Valverde fra preside e genitori
diventa una vertenza pilota”) e nell’articolo di P.A. su
www.latecnicadellascuola.it del 6 giugno 2013 (“Lo strano caso
della scuola di Valverde di Catania”)– d’essere “disposto a farne un
caso nazionale”, perché “la cornice entro la quale inquadrare la
vicenda è addirittura nazionale”: “Da anni segnaliamo la necessità
che i nostri bambini godano dello stesso numero di ore scolastiche
dei loro coetanei lombardi o piemontesi. Siamo per il tempo lungo ed
adeguato affinché negli anni non si accumulino differenze di
rendimento. E anche per offrire qualche posto di lavoro in più per i
docenti precari”. Già, “qualche posto di lavoro”. Possiamo dire
anche molto di più, e non soltanto per i docenti precari.
Rispetto alle 30
ore settimanali portate a 27 dalla “settimana corta”, tre ore in
meno di attività didattica settimanale in sette classi della scuola
primaria corrispondono a 21 ore, ovvero alla perdita di un docente e
al conseguente impoverimento dell’offerta formativa. In ciascuna
classe, gli alunni perdono in un anno scolastico 120 ore di attività
didattica (4 settimane di scuola, ovvero 24 giorni di attività
didattica); 600 ore in cinque anni (20 settimane di scuola, ovvero
120 giorni di attività didattica, corrispondenti a 3/5 dei 200
giorni di scuola di un anno scolastico. Se le ore settimanali
fossero 40, nelle sette classi si avrebbero almeno altri tre
insegnanti in più. Se, invece di 40 ore settimanali, l’attività
didattica è limitata a 27 ore, gli alunni di ciascuna classe perdono
in un anno scolastico 520 ore di attività didattica; 2.600 ore nei
cinque anni della scuola primaria.
E “bravi” quei
genitori che “rivendicano” per i loro figli la “settimana corta” di
27 ore di attività didattica in cinque giorni della settimana invece
di battersi per una scuola di 30 e fino a 40 ore settimanali di
attività didattica, formativa e ricreativa! Gli insegnanti, gli
assistenti amministrativi, i collaboratori scolastici sono
consapevoli che a causa della riduzione dell’attività didattica e
dei docenti (riduzione dei docenti che è stato notevole quale
conseguenza dell’eliminazione della compresenza nella scuola
primaria, che ha portato anche, oltre che alle cosiddette “classi
pollaio”, a un’offerta formativa deficitaria dalle conseguenze
negative che emergono poi nella scuola secondaria di primo e ancora
di più in quella di secondo grado?
In definitiva,
invece, a seguito della delibera del Consiglio d’istituto, nella
scuola “Allegra” di Valverde attività didattiche in cinque giorni
della settimana: 27 ore nella scuola primaria (cinque ore e
trentacinque minuti al giorno: 8,10-13,45), 30 ore (sei ore
consecutive al giorno: 8,10-14,10) nella scuola media. Il sabato,
così da parte di chi ne era a conoscenza, tutto sarebbe rimasto
chiuso. Il personale ata avrebbe svolto l’attività lavorativa nei
giorni da lunedì a venerdì, con soltanto una giornata di 6 ore
antimeridiane più 3 ore pomeridiane; negli altri giorni, alle 6 ore
si sarebbe aggiunta una parte delle rimanenti 3 ore.
Complessivamente, 36 ore settimanali. E sul dopo sentenza del Tar
abbiamo in parte già visto e altro vedremo tra poco.
Resta intanto da
chiedersi cosa sarebbe accaduto in ordine all’utilizzazione e alla
ripartizione del fondo d’istituto. Ma si tratta di altra cosa, che
in definitiva potrebbe non avere alcun riferimento con la delibera
del Consiglio d’istituto che, decidendo sulla “settimana corta”,
accoglieva l’opzione dell’87% dei genitori, ma il 13% dei genitori
manifestava il proprio malcontento. Al punto tale che due mamme
ricorrevano al Tar Sicilia, sezione di Catania, ottenendo dal Cga la
sospensione della delibera e dal Tar la sentenza, depositata in
segreteria il 18 febbraio di quest’anno, con la quale veniva decisa
l’applicazione dell’orario settimanale di 30 ore. Il personale ata
ha continuato a svolgere l’attività lavorativa da lunedì a sabato.
D’altra parte,
bisogna tenere presente che esistono norme di legge e regole, che
vanno anche criticate e addirittura non condivise, ma che vanno
rispettate da tutti, soprattutto se la magistratura le ha
interpretate e affermate con la sentenza emessa. Poi, ma anche
prima, ciascuno dei genitori è libero di volere per il proprio
figlio o per i propri figli una scuola aperta da lunedì a sabato,
dalle ore 8 alle ore 13 o alle ore 14, di volere la “settimana
corta”, e magari, paradossalmente, di volere una scuola funzionante
a giorni alterni. E, come con riferimento al teatro dell’assurdo è
stato già detto, addirittura un giorno la settimana, per 5 o 6 ore!
Ma quel “volere” deve essere supportato dalla legge, altrimenti va
“bocciato” e decisamente respinto da sentenza della magistratura
amministrativa e dal Miur, tant’è che da parte di quest’ultimo è
intervenuto il chiarimento che la sentenza del Tar va applicata a
tutti gli alunni nel rispetto della legge e del diritto allo studio.
Altrimenti si tratterebbe di evasione consentita dell’obbligo
scolastico, sia pure di 3 ore in ciascuna settimana.
Certo – e ciò
oltre a essere noto a Polibio e di puntuale conoscenza di insegnanti
e di collaboratori scolastici, peraltro anche dettagliatamente
descritte, e corredate di documenti, fonti primarie, in
circostanziate relazioni-esposti alle autorità scolastiche
competenti –, non mancano nelle scuole tollerate presenze di
genitori che si protraggono, nell’atrio e in qualche corridoio,
anche durante la fase iniziale dell’attività didattica, o nel
cortile dell’edificio scolastico oppure davanti al cancello
d’ingresso. I genitori possono, ma non debbono eccedere, e quindi
mantenendosi entro certi limiti, essere giustificati. Comunque, non
possono essere accolte dal dirigente scolastico le loro richieste di
massa di fare uscire dalla scuola i loro figli un’ora prima
dell’orario conclusivo dell’attività didattica, nemmeno se si
trattasse di un solo giorno di ciascuna delle settimane. Figuriamoci
se si tratta addirittura di tre giorni ogni settimana,
permanentemente fino alla fine dell’anno scolastico.
Sono altri e
altri aspetti che nelle scuole non possono e non debbono essere
giustificati. Purtroppo, nel sistema scolastico italiano non sono
mancate e non mancano irregolarità e compiacenze, assenze e
disattenzioni, da parte di chi ben altrimenti dovrebbe comportarsi,
né mancano i profittatori (soprattutto quando si tratta di acquisire
incarichi retribuiti con il fondo d’istituto) di retribuzioni
“aggiuntive” derivanti dal fondo d’istituto.
Certi presidi
non intendono renderle trasparenti e pertanto interdicono e negano
le tabelle di liquidazione ai sindacati e alle Rsu, ma vengono
condannati per comportamento antisindacale dai giudici del lavoro
anche soltanto per non avere fornito le informazioni, unitamente
alla relativa documentazione, nel corso di appositi incontri. Uno
dei quali, pur avendo fornito l’informazione successiva con semplice
invio per posta elettronica – ma così violando “la norma collettiva
che impone che le informazioni siano fornite in appositi incontri,
unitamente alla relativa documentazione”, rappresentando ciò “non
già una mera formalità, bensì una garanzia sostanziale per le
OO.SS.”, dal momento che assicura la possibilità di una discussione
e/o di un confronto delle parti della contrattazione sul contenuto
delle informazioni”, “possibilità esclusa, ‘in radice’, nel caso in
cui la relativa documentazione venga trasmessa al di fuori di
appositi incontri” – è stato condannato per comportamento
antisindacale, anche con condanna delle parti resistenti in solido
alle spese del procedimento, da una sentenza abbastanza recente, il
20 aprile, del giudice del lavoro del Tribunale di Catania. Si
tratta del dirigente scolastico di uno degli istituti secondari
superiori di Catania e vicepresidente nazionale di un’associazione
sindacale di presidi.
Ci sono lunghe
serie di condanne inflitte dai giudici del lavoro a dirigenti
scolastici per comportamento antisindacale, per arbitrarietà
nell’infliggere sanzioni disciplinari agli insegnanti e al personale
non docente, per mobbing da violenza morale o psichica nell’ambito
del contesto lavorativo e anche con pubbliche violenze verbali nei
confronti di docenti, dsga, ata. Ci sono, purtroppo, anche
insegnanti (addirittura coperti dal/dalla preside che magari agisce
con ritorsioni di vario genere nei confronti di chi, insegnanti e/o
collaboratori scolastici, ha “osato” segnalare le stranezze e le
anomalie) che agiscono con violenza verbale e fisica nei confronti
di giovanissimi alunni e di alunni portatori di handicap. E magari
c’è chi, da preside, rimprovera, entrando in classe, ad alta voce,
gli studenti quindici o sedicenni, definendoli “buzzurri”. E ci sono
ristretti nuclei di docenti che, con la connivenza di chi dirige la
scuola (e a cui da qualche insegnante viene contestato, con mozione
d’ordine in seduta collegiale, la scorretta conduzione, per esempio
del collegio dei docenti), si rendono protagonisti di “sceneggiate”
a porte aperte nell’arbitrario e maldestro tentativo, miseramente
fallito, di fare trasferire in altre scuole, per incompatibilità
ambientale, i/le insegnanti che a ragione hanno contestato le
irregolarità, anche diverse, che caratterizzavano, negativamente,
l’istituto scolastico statale.
Non mancano le
retribuzioni “aggiuntive” corrispondenti a parecchie migliaia di
euro, che lasciano sgomenti per le centinaia, un’enorme quantità, di
ore assegnate quale “ricompensa” per un lavoro di modeste dimensioni
e che risulta oscuro rispetto ai tempi di svolgimento; i compensi di
8.000 euro al collaboratore del preside nonostante il distacco
totale dall’insegnamento; i due collaboratori “ufficiali” e in più
qualche altro con incarico diciamo di “collaborazione” che incidono
sul fondo d’istituto per oltre ventimila euro; le 18 ore di distacco
dall’insegnamento divise in 9 ore a un docente e in 9 ore a un altro
docente della scuola nella qualità di “collaboratori” del preside
e/o di “collaboratori” con assegnazione di incarichi, anche più di
uno; le attribuzioni addirittura ottenute anche per
“autosegnalazione” derivante dalla funzione temporaneamente
ricoperta. E molto altro ancora è possibile descrivere e
documentare, soprattutto se, come purtroppo è accaduto e magari
tuttora accade, il preside è “assente” oppure è “preside-padrone”.
Si tratta di respingere e di opporsi, di denunciare i comportamenti
disdicevoli e in violazione delle norme di legge e delle regole.
Sul quotidiano
“La Sicilia”, che molti interessanti articoli ha pubblicato sulla
questione “settimana corta” o “settimana lunga” (27 o 30 ore, in
cinque o in sei giorni) nell’istituto comprensivo statale “Allegra”
di Valverde, sul Tar che ha sentenziato con chiarezza che “l’orario
scolastico è di 30 ore”, sul “dibattito sempre più acceso” sulla
“settimana corta” nella scuola “Allegra” di Valverde, Carmelo Di
Mauro riporta in uno dei suoi articoli (28 maggio 2013) che un
genitore ha puntualizzato in una sua nota che “la sentenza del Tar
esprime chiaramente il concetto che l’orario scolastico a 30 ore
settimanali va applicato per tutte le classi dalla seconda in poi”,
mentre “la scuola non ha ottemperato alla sentenza del Tar,
continuando con un’offerta formativa di 27h, però permettendo anche
ad alcuni alunni l’integrazione a 30h settimanali, con conseguente
scompiglio generale”. Pertanto, per quel genitore la controversia
sarebbe già chiusa: “La sentenza del Tar definisce quale sia
l’orario scolastico, per il mancato rispetto della sentenza sono
state già intraprese le azioni necessarie presso gli uffici
preposti”.
Per quanto
concerne la scuola “Allegra” di Valverde, la Cgil, alcuni giorni fa,
con un intervento del segretario generale provinciale di Catania,
Angelo Villari, ha affermato – anche con riferimento alla
dichiarazione del segretario generale della Flc Cgil Sicilia,
Scozzaro – che la questione del rispetto della legge e della
sentenza del Tar per quanto concerne l’attività didattica
settimanale non inferiore alle 30 ore, oltre a puntare a un aumento
delle ore fino a 40, è “una battaglia di principio”, una “battaglia
affinché il diritto al tempo pieno venga rispettato ovunque, in
particolare a Valverde”. Dal segretario generale provinciale della
Flc Cgil, Antonella Distefano, l’appoggio pieno ai genitori
ricorrenti di Valverde e alle loro battaglie. Il segretario
confederale Giacomo Rota ha sottolineato “come sia profondamente
ingiusto imporre una sofferenza frutto di discriminazione ai bimbi e
alle famiglie, e come sia profondamente sbagliato che un dirigente
scolastico, ovvero un funzionario dello Stato, dia un esempio di
come in questa Italia le regole non si rispettino. Pronti a trovare
qualunque soluzione pur di eluderle”. Da parte della Cgil e della
Flc Cgil, regionale della Sicilia e provinciale di Catania,
unitamente all’avvocato dei ricorrenti, Toti Spataro, sono state
avanzate alle autorità competenti le istanze di intervento, e il
caso è stato segnalato alla Prefettura”.
Il 29 aprile
2013, la presidente del Consiglio d’istituto del comprensivo statale
“Padre Gabriele Maria Allegra” di Valverde aveva convocato, per
lunedì 8 aprile 2013, il Consiglio, mettendo al secondo punto
dell’ordine del giorno la “comunicazione dell’atto di diffida e
messa in mora da parte degli avv.ti Spataro e Caudullo”. Il verbale,
numero 5, della seduta del Consiglio d’istituto della scuola
“Allegra” di Valverde si trova, con accesso libero, nel sito
internet
www.scuolavalverde.it, nel quale è stato a suo tempo postato e
quindi reso di pubblica conoscenza ai fini della trasparenza della
pubblica amministrazione di cui al d.lgs. 150/2009, “in materia di
ottimizzazione del lavoro pubblico e trasparenza delle pubbliche
amministrazioni”.
Polibio invita a
collegarsi col sito della scuola “Allegra” di Valverde e a leggere
le due delibere del secondo punto dell’o.d.g del Consiglio
d’istituto svoltosi l’8 aprile 2013 (verbale n. 5). Nulla che abbia
a riguardare il contenuto della diffida e messa in mora notificata
dagli avvocati Spataro e Caudullo. Per quanto concerne il contenuto,
c’è da restare increduli e preoccupati, e magari di ritenere
opportuno che l’istituto venga commissariato, soprattutto – ma non
soltanto – per il trattamento rivolto all’insegnante che, con
pertinenti domande, alle quali non sono state date documentate
risposte, aveva chiesto di conoscere determinati aspetti e
documentata trasparenza.
Resta da
considerarsi a parte, ma anche per quanto possa concernere
l’opportunità di commissariale l’istituto, l’eventuale danno non
patrimoniale che potrebbe essere stato arrecato agli alunni,
soprattutto a quelli (complessivamente almeno 11) che, essendo
mancata la corretta erogazione del servizio – derivante
dall’autorizzazione a uscire dalla scuola un’ora prima (nei giorni
di martedì, giovedì e sabato) concessa dalla preside a tutti gli
altri alunni (ma in contrasto, oltre che con la sentenza del Tar,
con la nota con la quale il Miur aveva comunicato che la sentenza
del Tar (30 ore di attività da lunedì a sabato) andava applicata a
tutti gli alunni nel rispetto della legge e del diritto allo studio
–, sono rimasti in classe (in una classe, soltanto uno), in
condizione di sostanziale emarginazione, con evidente lesione di
diritti di natura costituzionale.
L’attenzione di
Polibio è andata a una “perla” del verbale del Consiglio d’istituto
della scuola “Allegra” di Valverde. Dopo che “i toni del dibattito”
si erano riscaldati, dopo l’intervento di chi criticava e
qualificava “pessimo atteggiamento e comportamento” quello
dell’insegnante che aveva chiesto chiarezza e documentata
conoscenza, dopo che si erano “accavallati toni minacciosi e scambi
verbali alterati”, una signora, appartenente alla componente
genitori, dichiarò che stava registrando il verbale della riunione.
E allora, in merito alla registrazione si apre una discussione, e la
“richiesta” della registrazione si mette ai voti, ottenendo soltanto
il voto favorevole dell’insegnante A.P. che a sua volta – pur, a
quanto sembra dalla lettura del verbale, in posizione minoritaria e
addirittura isolata – aveva già dichiarato di non avere niente
contro la registrazione, e anzi di esserne favorevole.
La registrazione
è assolutamente legittima, con registratore in tasca o del tutto
evidente, e nessuno può impedirla o negarla se realizzata da uno dei
presenti aventi diritto alla presenza o comunque da chi è stato
ammesso a essere presente. Con validità in sede amministrativa, in
sede civile, in sede penale, e anche per quanto di competenza della
Corte dei conti.
Polibio ricorda
che nella stessa scuola “Allegra” di Valverde, in uno degli anni
precedenti all’arrivo dell’attuale preside, mentre infuriava la
bufera in uno confronto sulla contrattazione integrativa e sui
diritti sindacali che si svolgeva in un’ampia sala, uno dei
componenti della delegazione sindacale della Flc Cgil aveva estratto
dalla tasca l’apparecchio col quale già registrava e l’aveva posto
in tutta evidenza, tenendolo in mano. A quel punto, uno dei presenti
si era fortemente opposto e, poiché non aveva trovato desistenza da
parte di chi stava registrando, aveva, col proprio telefono
cellulare, telefonato all’avvocato di sua fiducia. Sostanzialmente,
qui per sintetizzare, e con tono di voce alquanto elevato e agitato,
gli diceva pubblicamente: “Avvocato, sono con altri in una scuola,
per questioni di contrattazione e di relazioni sindacali, e qui c’è
uno dei presenti, che fa parte di una delegazione sindacale, che sta
registrando tutto”. Dopo poco più di quindici secondi, durante i
quali l’avvocato gli avrà detto ciò che doveva dirgli, il tono
elevato e l’agitazione di chi aveva telefonato al suo avvocato si
smorzarono e vennero sostituiti da un pacato, sommesso e sereno “sì,
allora può, va bene, grazie”.
La riunione e la
registrazione – quest’ultima è un diritto di chi, essendo presente,
e comunque essendo stati ammesso a essere presente, autonomamente
decide di registrare e nessuno degli altri può impedirglielo,
figuriamoci se con una votazione che suscita l’allegria e l’ilarità
di chi ne viene a conoscenza – continuarono in quella sede e in
tutte le altre sedi nella quali il componente di quella delegazione
sindacale era presente. E come lui si sono comportati molti altri,
compresi tanti docenti e non docenti per difendersi da arbitrarietà
e da soprusi, magari perché, da persone corrette, si erano opposti a
irregolarità amministrative, e a irregolarità ben più gravi nei loro
confronti, nei confronti di altri colleghi e nei confronti dello
Stato, commessi da chi, con violazioni di leggi e di contratti di
lavoro, riteneva, male per lui, di essere impunibile.
Polibio lo
ribadisce: i telefonini, le registrazioni, i filmati, le diffide
sono necessari per difendersi dalla offese e dalle violenze di
chicchessia. Nella scuola, da quelle dei cosiddetti presidi-padroni
o da chiunque altro ne sia autore. Gli articoli di Polibio a tal
proposito si trovano nei siti (retescuole, gildavenezia, gildacuneo,
scuolaoggi, aetnascuola e gli altri nei quali sono stati diffusi).
Polibio
Polibio informa i suoi lettori che presto sarà attivato il sito
http.//www.polibio.net. Si sta provvedendo a inserire in archivio
tutti gli articoli da lui scritti dal 10 luglio 2010 al 31 dicembre
2012. Nel sito saranno postati, oltre a essere postati nei siti che
attualmente li accolgono, tutti gli articoli personali, di volta in
volta successivi, e quelli di chi, avendo fatta richiesta, ha avuto
il permesso di postarli. |