Rossi Doria: patto educativo
sempre da aggiornare

di Pasquale Almirante  La Tecnica della Scuola 20.6.2013

“È giusto bocciare in prima media?” Una domanda importante che Panorama ha rivolto al sottosegretario all’istruzione, Marco Rossi Doria, di fronte all’ansia di genitori e alunni per i risultati di fine anno nella scuola dell’obbligo

Se per un verso ricordiamo le certezze di trascorsi ministri che sollecitavano le bocciature per implementare il rigore a scuola, valutando però il merito, dall’altro ricordiamo pure i largheggiamenti di altri ministri che invitavano alla comprensione.
Qual è la strada mediana? Bastone e carota? Oppure ogni bocciatura, qualunque bocciatura, è effettivamente un fallimento della scuola? E poi serve bocciare? Ha una sua intrinseca utilità ai fini educativi e didattici? È un modello punitivo adottabile in tutte le situazioni e le condizioni? È discriminante anche da un punto di vista sociale? Non sono forse i ragazzi delle classi meno abbienti a subirla più di ogni altro? L’esempio di Barbiana, e l’esperienza raccontata da Don Milani, ha ancora una sua valenza pedagogica?

Il sottosegretario all’Istruzione, Marco Rossi Doria, così risponde a Panorama:

Mi è capitato di bocciare all'esame di terza media anche ragazzi «drop out», dopo averli con fatica riconquistati alla scuola insieme ai miei colleghi a Napoli. La mia posizione non è «non si boccia per principio». Ci sono situazioni, che a volte sono casi limite, in cui viene meno il patto educativo deciso insieme. 

Diffido delle soluzioni semplici, che servono più alla coscienza dei docenti che ai ragazzi. Il compito educativo è di per sé complicato. Ci sono studenti per cui la bocciatura può essere un fatto terribile, mentre alle volte può essere utile. E soprattutto in ogni caso servono misure dì accompagnamento e deve essere chiaro ai ragazzi il motivo per cui si decide di bocciare.

Nella mia esperienza funzionava così: vedevo una volta al mese i ragazzi più in difficoltà insieme ai loro insegnanti e si faceva il punto sul programma di lavoro che avevamo condiviso. Se il programma veniva portato avanti, allora si poteva aiutare il ragazzo a essere promosso. 

Ci deve essere un percorso in cui i ragazzi capiscano che è possibile verificare se stanno lavorando oppure no. Se c'è un patto e vengono messe in campo le risorse educative necessarie, è un conto. 

Se la bocciatura arriva di colpo sulla testa del ragazzo, è un altro conto. Quanti docenti dicono all'inizio che cosa si aspettano e come richiedono di lavorare alla classe? Questo è essenziale per stabilire un patto educativo. Poi, siccome si parla di persone in crescita, questo patto va rimesso in carreggiata continuamente fra settembre e aprile. Soltanto dopo, e a queste condizioni, si può arrivare a una valuta rione finale comprensibile e utile per il ragazzo.