A scuola il merito
parte dai concorsi
Negli ultimi concorsi a cattedra alcune novità
hanno permesso di rendere la prova più funzionale. Ma molto resta da
fare per riuscire a reclutare docenti preparati, competenti e il più
possibile in sintonia con gli obiettivi prefissati. E ridare così
credibilità all’intero sistema scolastico.
Patrizia Cocchi,
La Voce.info 18.6.2013
CONCORSI E
RICORSI
Quello dei concorsi per insegnanti è un evergreen
con cui si deve confrontare ogni ministro dell’Istruzione italiano.
E infatti anche il ministro Maria Chiara Carrozza ha espresso in una
recente intervista la sua intenzione di affrontare il problema del
reclutamento degli insegnanti per far fronte alle esigenze dei
prossimi anni e per permettere alla scuola di “liberare le energie
che sono ingabbiate”.
I concorsi e le procedure collegate hanno però più di un problema.
Al termine “concorso” viene spesso associato quello di
ricorso, di procedure non regolari, di comportamenti non
eticamente corretti, con la conseguenza di delegittimare ogni
procedura e di inficiarne alla base il valore. E se si ritiene che
ogni concorso, indipendentemente dalle prove proposte, non abbia
valore o sia inficiato da irregolarità si può dire addio a qualsiasi
percorso meritocratico di accesso alla scuola e forse anche
all’autorevolezza dell’intero sistema scolastico.
Quello dei concorsi diventa dunque un punto essenziale se si vuole
che il sistema scolastico riesca a reclutare docenti preparati,
competenti e il più possibile in sintonia con gli obiettivi
prefissati.
Una maggiore credibilità delle procedure concorsuali permetterebbe
di attrarre i laureati migliori, fiduciosi di essere selezionati per
il loro merito, e potrebbe contribuire a
riequilibrare la perdita di autorevolezza dei docenti nella
relazione con gli studenti e le loro famiglie.
SELEZIONARE: PER QUALE OBIETTIVO E COME
La prima cosa da definire di fronte all’apertura di una procedura
concorsuale è chiarire il suo obiettivo finale e
rispondere alla domanda: quali conoscenze e quali competenze (per
ogni ordine e grado) deve possedere un laureato per diventare un
docente?
Cominciamo con le conoscenze. I candidati che
accedono alle procedure concorsuali sono laureati che hanno dovuto
sostenere prove ed esami tesi a verificare la loro preparazione al
fine dell’acquisizione del titolo accademico. Ma ancora oggi un
laureato in lettere può conoscere la storia della letteratura
italiana, può essere un esperto in storia del teatro o un cultore di
filologia romanza. Quali di queste conoscenze fanno parte del kit
indispensabile di un docente? La riflessione relativa alle
conoscenze di cui deve disporre un futuro insegnante è di pertinenza
non solo del ministero, cui spetta il compito di bandire i concorsi,
ma anche delle università, che devono porsi con chiarezza il quesito
e operare al fine di fornire e certificare le conoscenze richieste.
Definito il kit di conoscenze del candidato con maggiore chiarezza,
sarebbe opportuno condividere i principi generali cui ci si è
ispirati con chi opera all’interno della scuola per costruire
programmi più chiari per le prove concorsuali.
Formule generali come Filosofia antica: conoscenza dei
principali autori e linee di sviluppo (programmi allegati al
bando del concorso a cattedra settembre 2012) oppure diciture non
articolate come diritto costituzionale o diritto amministrativo
(programma allegato al bando di concorso per dirigente scolastico
luglio 2011) lasciano spazio ad arbitrio nella
verifica e lasciano nel vago ciò che realmente è materia d’esame.
Invece, sarebbe utile una dicitura precisa su ciò che il candidato
deve sapere, in vista di ciò che in futuro sarà chiamato a fare.
Veniamo ora alle competenze del futuro docente.
Spesso, infatti, nella scuola ci sono insegnanti molto preparati
nella loro disciplina, ma privi delle competenze necessarie per
mediare didatticamente le loro conoscenze, oppure sprovvisti di
strumenti adeguati a costruire relazioni educative con bimbi o
adolescenti. Perché il sistema scuola funzioni, occorre che un
docente sappia trasmettere conoscenze, ma anche e soprattutto che
sia capace di mettere gli studenti nelle condizioni di apprendere.
Un buon docente possiede competenze relazionali e didattiche oltre
che conoscenze. Una procedura concorsuale dovrebbe quindi verificare
anche la loro presenza.
PROCEDURE PIÙ FUNZIONALI
C’è poi il problema procedurale. Gestire concorsi
in cui si presentano centinaia di migliaia i candidati, come è
accaduto negli ultimi anni, non è semplice, come emerso in tre
recenti occasioni: il concorso per dirigenti scolastici del 2011-12,
quello per l’accesso ai Tfa (accesso a corsi finalizzati a ottenere
l’abilitazione all’insegnamento) e quello per i concorsi a cattedra
nella scuola del 2012-13. In tutti questi casi, si sono allungati i
tempi di svolgimento del concorso per la pioggia di ricorsi avanzati
dai candidati prima, durante e dopo lo svolgimento delle prove. La
difficoltà però non deve essere considerata un alibi per abbassare
l’attenzione sull’organizzazione delle procedure che rivestono un
ruolo fondamentale per ridare credito al sistema scuola nel suo
insieme.
Uno dei temi al centro del dibattito è stato l’impiego dei
quiz come strumento di selezione. Da più parti si sono
levate critiche sull’utilizzo di questo strumento, indicato come
assolutamente inefficace per saggiare le conoscenze e funzionale,
nel migliore dei casi, solo a verificare le capacità mnemoniche dei
candidati. (1)
Il problema, tuttavia, non sembra essere il quiz di per sé,
quanto la sua modalità di attuazione. Nei concorsi degli ultimi due
anni è emersa un’attenzione non sempre commisurata alla rilevanza e
alla difficoltà del problema da parte dell’amministrazione
nell’organizzazione della procedura concorsuale, che ha creato
situazioni difficili o paradossali, come la presenza di idonei non
sufficienti a ricoprire i posti messi a bando per la difficoltà
della prova. (2)
Alla luce di questi episodi, il problema non sembra essere
la presenza dei quiz nelle prove preselettive quanto piuttosto la
chiarezza degli argomenti su cui è costruita la prova e la serietà
con cui si organizza l’intero percorso concorsuale che, oltre a
quelle preselettive, deve prevedere prove tese all’accertamento
anche delle altre competenze necessarie all’insegnante.
Infine, se i concorsi devono garantire la scelta dei migliori, è
irrinunciabile che le prove siano attuate e monitorate da
personale attento, competente e retribuito adeguatamente.§
Nei recenti concorsi, oltre alla fase preliminare di preparazione
del bando e organizzazione delle prove (quiz preselettivi) curata
centralmente dal ministero, le fasi successive sono state gestite
localmente all’interno delle singole Regioni o
atenei, generando differenze sia nella gestione (titoli delle prove
e griglie di valutazione differenti in ogni Regione) che
nell’organizzazione (tempi differenti sia nella correzione che nei
calendari delle prove orali) che non sempre soddisfano criteri di
uniformità e che hanno aperto diversi contenziosi con risoluzioni
differenti a secondo delle singole Regioni, come nel caso del
concorso per dirigenti scolastici.
I commissari d’esame per questa seconda fase vengono individuati
localmente da parte degli Uffici scolastici regionali tra i docenti
e i dirigenti scolastici che operano nella Regione.
A seguito della mancanza di risorse economiche, le
retribuzioni per questo incarico aggiuntivo si sono
ridotte, così come è stata eliminata la possibilità di ottenere
l’esonero dall’insegnamento o dalla dirigenza durante lo svolgimento
della funzione di commissario d’esame. È accaduto così che i docenti
e i dirigenti scolastici coinvolti abbiano spesso ricevuto una
retribuzione molto ridotta: un membro di commissione nei concorsi a
cattedra ora in svolgimento, per esaminare cinquecento candidati,
arriverà a percepire tra i 200 e i 300 euro. Il risultato è che la
procedura finisce per coinvolgere troppo raramente i docenti più
preparati e meglio formati per operare in linea con obiettivi
condivisi.
In conclusione, anche se per i recenti concorsi a cattedra alcune
innovazioni hanno permesso di rendere la prova più funzionale,
fornendo ai candidati la possibilità di presentare in sede di prova
orale una lezione, altri aspetti necessitano ancora
di maggiore attenzione per ridare credibilità a un sistema che deve
essere sicuramente rifondato. Tra le tante, rimane ancora aperta la
domanda di come sia possibile svolgere un lavoro rigoroso
nell’esaminare centinaia di candidati percependo 50 centesimi per
prova corretta, senza alcuna forma di esonero dalle proprie normali
funzioni, in tempi serrati e senza una definizione comune di che
cosa debba sapere e saper fare un buon docente.
(1) Nel concorso per dirigenti
scolastici, ad esempio, i 5mila quiz da cui poi sarebbero stati
tratti i 100 oggetto della verifica erano noti un mese prima della
prova d’esame.
(2) Per il concorso da dirigente
scolastico, un quinto dei quiz proposti dal ministero per la
preparazione del concorso erano errati e quindi sono stati ritirati
a un mese dalla prova. Per il Tfa nella classe di concorso A036 –
Filosofia e Psicologia, su oltre 4mila candidati iscritti è passato
solo il 3 per cento. In atenei come Milano, Cagliari, Sassari,
Urbino e Trento, nessuno è risultato promosso.