Accordo sindacati-Confindustria:
un deja vu per la scuola

da Tuttoscuola, 3.6.2013

L’accordo sulle rappresentanze sindacali del settore privato raggiunto nei giorni scorsi da Confindustria e sindacati è stato definito dagli interessati “storico”, in quanto mette fine ad una lunga stagione di divisioni, perché dopo 60 anni sono state definite le regole per la rappresentanza che permettono di avere contratti nazionali pienamente esigibili.

L’accordo prevede regole per l’esercizio del diritto di sciopero e sanzioni per mancato rispetto e le conseguenti violazioni. “È un accordo importante che regolerà i rapporti, le relazioni industriali in modo più chiaro e trasparente”.

In attesa di conoscere nel dettaglio il testo dell’accordo, ci si chiede se esso avrà effetti anche sul pubblico impiego, come spesso è avvenuto in passato quando i criteri della contrattazione del settore privato venivano estesi al pubblico.

Per quanto riguarda la rappresentanza sindacale vera e propria questa volta è il privato che copia dal pubblico, perché con l’accordo dell’altro giorno si mettono nero su bianco le regole per certificare gli iscritti e il voto dei lavoratori, indicando la soglia del 5% per sedere al tavolo della contrattazione nazionale. Nel settore privato, come già accade da 20 anni nel pubblico impiego, la rappresentatività verrà misurata attraverso l’incrocio, il mix tra numero degli iscritti e voto proporzionale delle Rsu (rappresentanze sindacali unitarie). L’intesa indica anche le regole per validare gli accordi, definiti dalle organizzazioni sindacali che rappresentano almeno il 50% più uno, cioè la maggioranza semplice.

Gli effetti sul pubblico impiego, compreso il comparto scuola, potrebbero invece riguardare la consultazione dei lavoratori per la quale sarà richiesta la stessa maggioranza semplice per la consultazione certificata dei lavoratori, il voto a cui cioè verranno sottoposti gli stessi accordi. 

Il 17 giugno prossimo, all’interno dell’esame di licenza media, circa 580 mila ragazzi affronteranno la prova nazionale Invalsi relative a italiano e matematica.

Quella prova, che costituisce per molti di loro uno spauracchio, è ormai entrata nel sistema da anni, temuta e accettata, criticata o apprezzata.

L’Invalsi, per parte sua, cerca ogni anno di affinare i test e di renderli sempre più aderenti agli obiettivi di apprendimento fissati.

Ma i limiti di quella prova non risiedono tanto nei suoi contenuti, bensì nell’uso che di essa se ne fa e del peso che ha nell’economia dell’esame.

Una critica (che equivale ad una proposta possibile di riforma) riguarda il fatto che, come previsto attualmente dal regolamento sulla valutazione (Dpr 122/2009), la prova concorre alla valutazione dell’esame in modo oggettivo, con un peso predeterminato che i docenti non possono modificare in alcun modo.

Meglio sarebbe escludere la prova nazionale dalla valutazione delle prove d’esame, considerato anche che le due discipline (italiano e matematica) che la compongono sono già oggetto di prova scritta e orale d’esame.

La prova nazionale, come oggi avviene per la rilevazione degli apprendimenti, dovrebbe avere valore a se stante e servire per l’autovalutazione d’istituto e per la valutazione del sistema.

I docenti potrebbero decidere se e quanto considerare la prova ai fini della valutazione finale dell’esame.

E a questo punto la prova nazionale potrebbe essere anticipata a maggio.