Rita Levi Montalcini, o del perché l’Italia sciupò il primato nella biologia dal blog di Giorgio Israel, 2.1.2013 Pochi mesi dopo la storica fabbricazione di un clone di pecora, il biologo inglese Jonathan Slack annunciò di aver creato in laboratorio solo alcune parti di una rana programmando geneticamente la crescita dell’embrione. Si prospettò allora la possibilità di fabbricare “esseri” umani dotati di tutti gli organi salvo il cervello e il sistema nervoso centrale, e quindi utilizzabili come “materiale” per trapianti, evitando le obiezioni etiche e i divieti giuridici. Queste suggestioni sono oggi quasi dimenticate, ma allora, nell’onda dell’entusiasmo per il successo della clonazione, tra le non molte voci che si levarono a condannare quello che il bioeticista inglese Andrew Linzey definì fascismo scientifico, vi fu quella di Rita Levi Montalcini che parlò senza mezzi termini di “ricerche ripugnanti”. È un episodio, tra molti analoghi, che va ricordato perché Rita Levi Montalcini non si associò mai al coro di chi considera “oscurantista” qualsiasi obiezione a qualsiasi sviluppo della ricerca, e non esitò a criticare sviluppi che riteneva incompatibili con i principi di un’etica umanistica. Questa visione, che si legava alla sua passione per la cultura in generale – e che la spinse tra il 1989 e il 1995 a impegnarsi nella presidenza dell’Enciclopedia Italiana “Treccani” – la accomuna agli scienziati classici che consideravano la scienza soprattutto un’impresa di conoscenza al servizio della dignità dell’uomo.
Non è probabilmente un caso se la scoperta che la rese famosa e le
valse il premio Nobel per la medicina, non si inquadra in una
genetica riduzionista ed anzi ha mostrato che la formazione del
sistema nervoso e del cervello non sono strettamente riconducibili a
un programma genetico. Quando Rita Levi Montalcini scoperse una
sostanza che determinava la crescita rapidissima in vitro delle
cellule nervose dei gangli simpatici, non si arrestò alla
constatazione di questo effetto particolare ma puntò a scoprire i
meccanismi che determinano lo sviluppo di tutto il sistema nervoso.
Con la tipica tenacia di chi è mosso soprattutto da un intento di
conoscenza complessiva, riuscì a generalizzare la scoperta di quella
sostanza, il “fattore di crescita nervosa”, NGF. Dopo le sue
ricerche, come ha scritto Alberto Oliverio, “oggi non si guarda più
al sistema nervoso come a una struttura rigidamente predeterminata
ma come a una struttura plastica, segnata dall’individualità”. Quando le leggi razziali fasciste espulsero gli ebrei dalle università italiane, il gruppo di ricerca di Giuseppe Levi fu distrutto: egli stesso era già in una posizione difficile per il suo antifascismo militante. Levi e la sua allieva Levi Montalcini emigrarono in Belgio, dove continuarono a lavorare fino all’invasione nazista. Dulbecco e Luria emigrarono negli USA, quest’ultimo definitivamente, assumendo il nome di Salvador E. Luria. Dopo anni drammatici - durante i quali Giuseppe Levi vagò nella clandestinità - alla fine della guerra il maestro e l’allieva ripresero la collaborazione a Torino: allestirono un laboratorio di fortuna nella casa di quest’ultima per studiare lo sviluppo del sistema nervoso degli embrioni di pollo. Nel 1947, il Consiglio Nazionale delle Ricerche affidò a Levi un centro di ricerche istologiche, ma Rita Levi Montalcini si trasferì negli USA dove proseguì le sue ricerche pervenendo alle scoperte che la resero famosa. Fu quindi dall’altra parte dell’Atlantico che il seme gettato dalla scuola di Giuseppe Levi germinò. Per capire quel che accade di qua, basti ricordare un episodio significativo. Subito dopo la guerra, Giuseppe Levi venne designato come futuro direttore dell’Istituto Nazionale di Biologia, fino a quel momento diretto da Sabato Visco, uno dei promotori del razzismo di stato. In una lettera, Levi accettò la nomina pur preoccupato per lo stato caotico dell’istituzione cui era stata condotta da “persona nulla scientificamente e moralmente poco raccomandabile... uno degli esponenti dell’Ovra universitaria”. Levi non fu mai nominato a quella carica ma solo alla direzione dell’Istituto di cui si è detto. Invece, Visco fu prima epurato, poi assolto e reintegrato con tutti gli onori. Nel 1952, il CNR, dovendo scegliere tra le richieste di finanziamento di Levi e Visco, attribuì all’Istituto di Levi una dotazione molto modesta e una alquanto lauta a Visco consentendogli di rimettere in sesto le sue deformi creature “scientifiche”. Per questo, oggi, con la morte di Rita Levi Montalcini lamentiamo non soltanto la perdita di una grande scienziata e persona di cultura, ma anche il disastro con cui, il fascismo prima e poi un’amnistia sconsiderata – che fece volare gli stracci del fascismo riciclandone i più influenti e peggiori arnesi, i “redenti”, per dirla con Mirella Serri – compromisero in modo drammatico una posizione di primato dell’Italia nella scienza. |