La scuola e il rilancio del Paese Nadia Urbinati la Repubblica, 2.1.2013
Dal momento in cui Mario Monti ha deciso di vestire i panni del
candidato politico l’appello alla competenza che ha giustificato
l’esecutivo di emergenza da lui guidato perde di mordente. D’ora in
poi, le proposte e le idee dell’agenda elettorale alla quale Monti
ha associato il suo nome saranno giudicate dall’opinione pubblica al
pari di quelle degli altri concorrenti. E a decretarne la pertinenza
o la ragionevolezza non sarà una decisione d’imperio emergenziale,
come avvenne un anno fa, ma la conta dei voti. L’argomento della
competenza deve convincere gli elettori, i quali hanno ora la
possibilità di giudicare direttamente il valore di quel che viene
loro proposto nel documento che porta il titolo molto ambizioso di
“Cambiare l'Italia, riformare l'Europa, agenda per un impegno
comune”, il manifesto programmatico sul quale Monti punta ad
aggregare i 'cespugli riformisti' presenti nei principali
schieramenti politici. Il documento elettorale di Monti non muta la scelta del governo Monti se è vero che promette di mettere mano alle “chiavi per far ripartire il Paese” dopo aver ridotto il debito pubblico. Evidentemente, non dal pubblico potrà venire l’iniezione di linfa vitale alla formazione pubblica (il pubblico privilegia solo la formazione privata). E infatti la proposta è di incentivare “gli investimenti del settore privato, anche mediante agevolazioni fiscali e rafforzando il dialogo tra imprese e università” e di usare “i fondi di ricerca europei”. Quindi il privato e l’Europa sono gli erogatori del bene “collettivo” del “capitale umano” italiano. Davvero molto poco e generico, incerto negli esiti e contraddittorio.
Ma c’è dell’altro. Nonostante la dichiarata centralità del tema
formazione, sembra che a stendere questo capitolo sia stata la mano
di chi non conosce l’attuale università. Il documento parla infatti
di un’università che non c’è o non c’è più quando sostiene che
bisogna “rilevare per ogni facoltà in modo sistematico la coerenza
degli esiti occupazionali a sei mesi e tre anni dal conseguimento
della laurea, rendendo pubblici i risultati”. Chi ha scritto questa
frase non sembra essere al corrente del fatto che l’università
italiana non ha più le facoltà perché la riforma Gelmini le ha
abolite (Legge n.240/2010) e sostituite con una sorta di federazioni
di dipartimenti. Ora, come si può pensare di fare rilevamenti sulla
base di strutture Problemi grandi questi che il documento elettorale di Monti nasconde dietro generiche esortazioni. Non è dato di sapere se il capitolo sulle “chiavi per far ripartire il Paese” sia l’esito di una scrittura frettolosa o esprima l’opinione di Monti. Un’ipotesi si può fare: in un articolo pubblicato sul “Corriere della Sera” il 2 gennaio 2011, Monti ha avuto parole di elogio per la riforma Gelmini opponendola alle rivendicazioni di “arcaico stile” di studenti e lavoratori. A questo stile che danneggia gli “interessi tutelati” ed è “un grosso ostacolo alle riforme”, Monti contrapponeva due esempi edificanti: «Le due importanti riforme dovute a Mariastella Gelmini e a Sergio Marchionne. Grazie alla loro determinazione, verrà un po’ ridotto l'handicap dell'Italia nel formare studenti, nel fare ricerca, nel fabbricare automobili ». Ma la continuità con il governo Berlusconi è la ricetta giusta (e di stile moderato) per «far ripartire il Paese»? |