Baby pensioni e debito pubblico. P
er non dimenticare…

da TuttoscuolaNews, n. 567 7.1.2013

Da un articolo di Enzo Martinelli sul numero di dicembre di Tuttoscuola, che approfondisce il tema dei posti vacanti nella scuola (ce ne saranno sempre meno) e della rivalità tra docenti precari e neo laureati per accaparrarseli. Ma molti dei problemi di oggi, dovuti alla scarsità di risorse, vengono da lontano…

“(…) lo Stato si accolla l’onere di 168 miliardi per sostenere la spesa per il pagamento delle cosiddette baby pensioni.

La Confartigianato ha calcolato che 531.752 nostri concittadini che sono andati in pensione prima di aver compiuto i 50 anni di età, gravano sui bilanci (ex Inpdap per il 78,6% e Inps 21,4%) per un importo superiore a quanto lo Stato ha complessivamente incassato nel 2011 per le imposte indirette (€.165.703 mln). Infatti i 16.953 dipendenti pensionati in età inferiore a 35 anni staranno mediamente sul groppone degli enti previdenziali per 53,9 anni. Quelli che hanno lasciato il lavoro fra i 35 ed i 44 anni (222.110 unità) riscuoteranno la pensione per 45 anni ed i restanti 291.669 beneficati fruiranno del vitalizio per 37,4 anni. Fino ai primi anni 90 le donne potevano fruire della pensione con 14 anni, 6 mesi ed un giorno di servizio.

Agli uomini per maturare lo stesso diritto occorrevano 5 anni in più. Si discute se queste regole fossero frutto di politiche clientelari o di conquiste sindacali. Di fatto in età compresa fra i 35 e 40 anni, i dipendenti chiedevano di essere “collocati a riposo” e diventavano baby pensionati. Nella scuola queste fortunate posizioni erano diffusissime.

Col riscatto di 4 anni di laurea e con 10 anni di servizio, intervallati magari da un paio di maternità, alle docenti bastavano 6-7 anni di effettiva attività per beneficiare delle favorevoli regole di pensionamento. A 40 anni si poteva cominciare un nuovo lavoro (magari al nero) per incrementare il reddito familiare a cui era già garantito a vita il cespite previdenziale maturato. Da allora quelle pensioni sono state, ogni anno, rivalutate e se il loro importo è inferiore ai 1.500 euro mensili anche ora vengono aggiornate. Poiché chi ha 40 anni e più di contributi oggi viene penalizzato, non sarebbe equo ed opportuno chiedere un contributo di solidarietà anche a quel mezzo milione di baby pensionati? (…)”.

Lo sbilancio tra i contributi versati dai baby pensionati e le pensioni ricevute e che riceveranno è di tutta evidenza. Come è stato (e dovrà essere ancora) finanziato? Con il debito, che ogni anno costa al bilancio dello Stato in termini di interessi decine di miliardi di euro (molto più dei tagli alla scuola di questi anni, per intenderci), che aumentano ad ogni rialzo di spread. Gli esborsi per erogare queste pensioni “in rosso” (non coperte da contributi) e per rimborsare gli interessi sottraggono risorse alla spesa pubblica, a partire dalla scuola. Per non dimenticare… (ovviamente la responsabilità di questa situazione non è di chi si è avvalso legittimamente di leggi dello Stato, ma di chi le ha volute ed emanate, con il consenso di molte parti sociali, pensando forse agli interessi elettorali e corporativi del presente e non al futuro del Paese, che ora ne paga le conseguenze).