Il mobbing: gravissima forma di violenza Si tratta di una piaga che va adeguatamente curata ed eliminata. E una volta che è stato/a individuato/a e condannato/a dalla magistratura penale chi da prepotente e subdolo/a l’ha causata, la giusta punizione è il licenziamento senza preavviso. inviato da Polibio, 14.1.2013
Si tratta di una
piaga che va adeguatamente curata ed eliminata. E una volta che è
stato/a individuato/a e condannato/a dalla magistratura penale chi
da prepotente e subdolo/a l’ha causata, la giusta punizione è il
licenziamento senza preavviso.
Polibio si
chiede se in ciascuno degli uffici scolastici regionali è “attivo”
lo “specifico comitato paritetico sul mobbing” e se è stata svolta
dal comitato “la raccolta dei dati relativi all’aspetto quantitativo
e qualitativo del fenomeno”, elemento prioritario e fondamentale per
“l’individuazione delle possibili cause”, per formulare “proposte di
azioni preventive in ordine alla prevenzione delle situazioni che
possano favorire l’insorgere del mobbing”, per la “formulazione di
proposte per la definizione dei codici di condotta”. E soprattutto
si chiede se procedimenti disciplinari sono stati attivati e
conseguenti sanzioni disciplinari sono state inflitte nei confronti
di coloro, dirigenti scolastici o altri che siano, che si sono resi
responsabili, essendo stati svolti gli accertamenti del caso, di
comportamento mobbizzante nei confronti di docenti e di personale
Ata.
Questo che egli
si chiede, e che chiede a chi ha competenza e responsabilità per
rispendere nel merito, deriva dall’essere a conoscenza, peraltro
documentata e derivante da fonti primarie, di fatti eclatanti che
avrebbero dovuto portare immediatamente il direttore generale dell’Usr
e il dirigente dell’Usp ad attivare, oltre a promuovere
circostanziate ispezioni, il “comitato paritetico sul mobbing”.
Insomma, quante
volte gli uffici scolastici regionali, soprattutto, e gli uffici
scolastici provinciali si sono occupati – anche con riferimento a
procedimenti disciplinari attivati da dirigenti scolastici e a
sanzioni dagli stessi dirigenti inflitte a docenti, a dsga, ad
assistenti amministrativi e a collaboratori scolastici, nonché a
seguito di richieste di promuovere procedimenti disciplinari nei
confronti degli stessi lavoratori della scuola rivolte al direttore
generale dell’ufficio scolastico o al dirigente dell’ufficio
scolastico provinciale – di accertare, pur di fronte a documenti
alquanto “strani” e a comportamenti “discutibili” del d.s., se le
persone “accusate” potevano essere state “vittime” di prepotenze, di
violenza psicologica e di persecuzione?
Il mobbing e
altre violazioni dei diritti dei lavoratori, nonché danni arrecati
ai lavoratori coinvolti nei comportamenti arbitrari messi in atto da
presidi-padroni, in questo articolo di Polibio, il quarto dei
quattro programmati, dopo il primo (“Capita che i lavoratori della
scuola paghino a caro prezzo per gli assurdi e paradossali errori
dei dirigenti scolastici”, 23.12.2012), il secondo (“A pagare per
gli errori e per le pretese dei dirigenti scolastici sono sempre gli
insegnanti e il personale della scuola”, 03.01.2013) e il terzo
(“Violazione dei diritti dei lavoratori. Sanzionati dal giudici del
lavoro i comportamenti antisindacali di presidi-padroni”,
07.01.2013), seguito, preceduto dall’articolo che stai leggendo, da
“Telefonini, registratori e diffide per difendersi dalle offese e
dalle violenze dei presidi-padroni”, articolo richiestogli dai suoi
lettori.
Cos’è il
mobbing? Daniele Ranieri, nell’anno 2003, nella qualità di
responsabile dello Sportello Antimobbing della Cgil di Roma Centro,
ha evidenziato, nel suo volume “Il lavoro molesto. Il mobbing: cos’è
e come prevenirlo”, che “si tratta di un fenomeno complesso, con
radici profonde nell’organizzazione sociale e del lavoro, ma che si
può prevenire”, e “dunque è necessario mettere in campo politiche di
prevenzione” e “Sportelli sindacali antimobbing”, “esperienza
preziosa che permette di capire chi sono le vittime, in quali ambiti
di lavoro è più facile che accadano vessazioni e perché, quali sono
i danni che gradualmente subiscono le vittime”.
Mobbing nei
confronti del dsga. Condannati il d.s. e il Miur, in solido, da
un’interessante recente sentenza del Tribunale di Siracusa, sezione
lavoro, “per fatti attinenti comportamenti vessatori, meglio
conosciuti come mobbing, posti in essere dal d.s. nei confronti del
dsga per oltre un anno”, in particolare giungendo “a demansionare
formalmente e sostanzialmente il dsga”, impedendogli “di esercitare
la propria attività lavorativa”, ponendo “in essere atteggiamenti
denigratori della figura personale e professionale” del dsga,
“nonché continui richiami ritenuti dal giudizio di merito infondati
ed illegittimi” (Polibio possiede interessanti documenti, fonti
ufficiali e quindi primarie, che riguardano casi da lui trattati in
alcuni dei suoi articoli, e comunque invita tutti a leggere la
sentenza e l’articolo apparso su PAIS a firma dell’avvocato Maria
Artuso).
Sempre in tema
di mobbing, il quotidiano “la Repubblica”, pagina 4-sezione di Roma,
il 25 aprile 2012 ha pubblicato un articolo su un gravissimo caso di
mobbing ai danni di un assistente amministrativo. Indicando che
nella denuncia del dipendente nei confronti del preside si legge che
“Nel ’97 il dipendente rilevò irregolarità amministrative e lo
comunicò al preside. Il capo dell’istituto continuò però nella sua
linea di gestione, e il dipendente presentò un esposto al
provveditore. Da allora il capo d’istituto lo avrebbe tormentato:
‘Non ti faccio più vivere, al minimo errore ti stango’. Da qui la
denuncia in procura e il processo”. Si tratta di un caso isolato? La
domanda di Polibio è rivolta ai docenti e al personale Ata.
Ancora sul
mobbing: la notizia è apparsa sul quotidiano “la Repubblica”, pagina
5-sezione di Palermo, il 27 marzo 2005. L’allora dirigente
scolastico, ormai in pensione, è stato condannato dal giudice del
Tribunale di Agrigento a pagare una pesante sanzione pecuniaria
(18.000 euro) per il danno patrimoniale, biologico, morale ed
esistenziale (oltre a 1.700 euro per le spese processuali) causato
al segretario, vittima di un “attacco sferrato sotto il profilo
della personalità morale, con minacce di punirlo con sanzioni
disciplinari, addebiti di responsabilità insussistenti, anche con
formali contestazioni e ripicche”. Polibio ripete la stessa domanda:
si tratta di un caso isolato?
Mobbing, in un
istituto tecnico commerciale, in un comune della provincia di
Catania, nei confronti di un professore, con rimproveri verbali
rivoltigli anche all’ingresso oltre che all’interno della scuola, da
parte di un preside-padrone, con richiesta di apertura di un
procedimento disciplinare e di invio di un ispettore. Il
preside-padrone continuava irriducibilmente a “pretendere” da quel
professore comportamenti e decisioni in contrasto con le norme di
legge e con il contratto di lavoro. Da parte sua, il professore non
intendeva affatto “obbedire” e pertanto continuava a svolgere
puntualmente la sua attività didattica e quant’altro a essa
collegato, pur subendo le aggressività verbali e le violenze
psicologiche messe in atto dal preside-padrone. Quel preside,
indecorosamente e con prepotenze scritte e verbali, certo di poter
godere di un’ampia “protezione”, intendeva imporre al docente, tra
tant’altro, anche la firma su un registro pubblicamente collocato
nell’atrio della scuola.
Durante la fase
ispettiva, dopo la presenza del preside soltanto per la consegna dei
documenti di sua pertinenza, ma poi allontanato dall’ispettore
quando si trattò di sentire il docente e di sapere dallo stesso
docente se aveva qualcosa da dichiarare e se aveva da indicare
documenti da acquisire agli atti, risultarono evidenti irregolarità
macroscopiche. Per questo la presenza del dipendente durante la fase
ispettiva, anche assistito da rappresentanti del sindacato al quale
è iscritto o al quale ha conferito mandato, oppure da un avvocato, è
importante; anche, e non soltanto, perché in definitiva il preside
potrebbe consegnare all’ispettore “soltanto” ciò che “decide” di
consegnargli e “occultare” il resto. Al contempo, il dipendente
sottoposto a indagine ispettiva può legittimamente chiedere e
ottenere l’accesso a documenti da visionare, da ottenere in copia e
da consegnare all’ispettore.
Tra le anomalie,
tali da rendere già a prima vista evidenti le irregolarità che
caratterizzavano quella scuola e il comportamento del preside, c’era
quella dello “smembramento” del fascicolo personale di quel docente,
e soprattutto della parte riservata, tra documenti seppure
disordinatamente presenti e altri documenti riservati trovati del
tutto sparsi in più posti esterni al fascicolo personale.
Addirittura con numeri di protocollo diversi. Aspetto che, avanzata
specifica richiesta, portò al registro di protocollo, nel quale, in
molte pagine, c’erano caselle, ed erano molte, lasciate vuote. Il
procedimento disciplinare venne archiviato. Polibio conserva ancora
la puntuale e corretta relazione di quell’ispettore, il quale,
durante la presenza in quella scuola, confermò con assoluta
chiarezza che l’unico posto nel quale il docente è obbligato a
firmare, per quanto concerne la sua presenza a scuola, è il registro
di classe (quindi, il registro di ciascuna delle classi nelle quali
svolge in quel determinato giorno l’attività didattica di sua
competenza).
Mobbing e
illegalità in una scuola particolarmente allegra in Sicilia, in
provincia di Catania. Due gli assistenti amministrativi “presi di
mira”. Non intendevano, uno dei due con maggiore determinazione,
stare in silenzio di fronte a comportamenti in violazione di norme
di legge, ed entrambi sottoposti a procedimento disciplinare. Quello
attivato, su richiesta del preside, nei confronti dell’assistente
amministrativo che ripetutamente segnalava le irregolarità esistenti
e ripetute non ebbe seguito e, di fronte a quanto documentato e
relazionato, in sede di difesa, dal delegato del sindacato al quale
l’assistente amministrativo ingiustamente “incolpato” dal preside
era iscritto, venne archiviato.
L’altro
procedimento disciplinare ebbe inizio con un’ispezione. L’assistente
amministrativa era stata “incolpata” dal preside con l’accusa di
avere lasciato vuote, in diverse pagine del registro di protocollo,
molte caselle. L’assistente amministrativa aveva agito sotto la
“pressante” richiesta della dsga, e il preside – anche perché nelle
caselle lasciate vuote diversi mesi prima si trovavano inserite note
di acquisti vari avvenuti in tempi successivi e relative fatture per
ottenere il pagamento – non poteva non esserne a conoscenza.
Durante
l’ispezione, assistita l’assistente amministrativa dal delegato del
sindacato di appartenenza, risultarono evidenti le numerosissime
caselle del registro di protocollo, “destinate” a una futura
utilizzazione, lasciate vuote dalla persona che aveva sostituito
l’assistente amministrativa ingiustamente “accusata”. E c’era anche
di più: a riempire una parte delle caselle lasciate vuote anche
dall’assistente amministrativa che aveva sostituito la persona
ingiustamente accusata era stata, in caselle di giorni precedenti
anche di sei la sua assunzione, un’assistente, con propria
scrittura, che appunto era stata assunta in servizio da appena un
mese. Per esempio, assunta a gennaio, l’assistente amministrativa
supplente, oltre a lasciare vuote caselle del registro di
protocollo, “colmava” alcune delle molte caselle dei mesi dell’anno
precedente, lasciate vuote dall’assistente amministrativa che da
almeno sei mesi aveva sostituito la collega ingiustamente accusata
Qualche mese
dopo l’archiviazione anche di questo procedimento disciplinare (ma
non sembra che siano stati presi provvedimenti nei confronti del
preside-padrone, né della dsga), la polizia finanziaria individuò,
documentò e denuncio, e la stampa ne diede ampia informazione, la
“libera uscita” di un folto gruppo di dipendenti da quella “scuola
allegra”, durante l’orario di lavoro, a “disperdersi” per negozi e
per altri ambienti, vicini e lontani.
E magari ci sono
presidi-padroni che addirittura si arrabbiano nei confronti di
Polibio, al quale inutilmente tentano di imporgli il “bavaglio”, che
ha esercitato il diritto-dovere di portare a conoscenza della
pubblica opinione e delle autorità interessate episodi e
comportamenti lesivi della corretta gestione delle istituzioni
scolastiche.
Interessante
l’articolo di lallaorizzonte (8 febbraio 2011) pubblicato su
orizzontescuola.it, col quale l’UGL Scuola Emilia Romagna
evidenziava “una problematica che persiste nel mondo della scuola,
ma che ormai è diventata una piaga”. Parlava di dirigenti scolastici
“che arrivano a minacciare e a ricattare il personale attraverso un
utilizzo distorto dei famosi ‘ordini di servizio’ oppure attraverso
‘cordiali inviti’ a cambiare circolo, perché “ha osato ribadire i
propri diritti”, oppure “arrivano a strumentalizzare le famiglie con
telefonate denigratorie nei confronti di docenti ‘scomodi’, facendo
in modo che siano gli stessi genitori a procedere contro i docenti”.
In Calabria, nel
mese di maggio del 2010, indagine della Guardia di finanza, su
disposizione della Procura della Repubblica di Crotone, estesa anche
alle province di Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia, che “ha
effettuato decine di perquisizioni in vari istituti scolastici della
Calabria e nelle abitazioni di dirigenti scolastici e di titolari di
società private che sarebbero coinvolti in una truffa da due milioni
di euro nella fornitura di materiale informativo e arredi per
ufficio”. Va detto che andrebbe prestata particolare attenzione, in
tutte le regioni e in tutte le province, alle associazioni e ai
consorzi di scuole autonome, alle attività in corsi di preparazione
a concorsi di diversa tipologia dietro pagamento di quote che
variano da 100 a 800 euro e anche per quanto concerne i bilanci, la
fiscalità, il coinvolgimento di dirigenti scolastici (sempre gli
stessi), l’utilizzo delle scuole (sempre le stesse), il
raggruppamento in determinate scuole (anche soltanto in una scuola
di una grande città) di una vasta serie di corsi di formazione a
pagamento da parte degli iscritti e frequentanti. Attenzioni e
controlli anche al settore delle “gite scolastiche” e a quello delle
merendine.
Su “la
Repubblica” dell’11 gennaio del 2010 (Palermo), Fabio Ruscello ha
pubblicato un breve articolo nel quale è scritto che un vicepreside
era stato arrestato “perché avrebbe chiesto il pizzo sulle
merendine”, “finito in carcere per concussione dopo essere stato
colto in flagrante mentre incassava trecento euro da un commerciante
che aveva l’autorizzazione a rivendere le merendine della scuola
durante la ricreazione”.
C’è anche il
caso della dirigente scolastica di una scuola della Calabria che ha
vietato a un ragazzino affetto dalla sindrome di Down di partecipare
a un viaggio d’istruzione con finalità didattiche della scuola. I
compagni di classe, in conseguenza di quel divieto, hanno rifiutato,
per solidarietà, di andare in gita, mentre i genitori dell’alunno
discriminato hanno fatto ricorso all’autorità di Polizia per fare
rispettare il diritto allo studio del proprio figlio.
In Sicilia, il
Tar ha condannato il Miur anche al risarcimento (sentenza del 5
dicembre 2012, depositata in Segreteria il 10.12.2012), perché il
dirigente scolastico aveva attribuito a un alunno con disabilità
grave un insegnante di sostegno per un numero pari a 8 ore per il
corrente anno scolastico 2012-2013, quando invece, perché affetto da
“disabilità derivante da patologia irreversibile (Sindrome di Down),
aveva il diritto ad essere assistito da un insegnante di sostegno
per tutte le ore (32) della frequenza scolastica, o almeno, in
subordine, per n. 18 ore settimanali in deroga, secondo il rapporto
1/1”. Il Tar per la Sicilia, sezione prima, ha annullato i
provvedimenti impugnati nella parte in cui all’alunno indicato era
stato assegnato un insegnante di sostegno per un numero di ore
settimanali inferiore a quello necessario; ha dichiarato il diritto
dell’alunno ad essere assistito da un insegnante di sostegno per n.
32 ore settimanali, condannando la resistente amministrazione
all’assegnazione, a favore dell’alunno, di un insegnante di sostegno
per n. 32 ore settimanali. Inoltre, ha condannato il Miur al
risarcimento del danno (quantificato, in via equitativa, in 1.000
euro per ogni mese di mancanza dell’insegnante di sostegno nel
rapporto 1/1) e al pagamento in favore della parte ricorrente delle
spese del giudizio, liquidate in complessivi 1.500 euro, oltre oneri
accessori come per legge.
In Puglia, un
dirigente scolastico, rinviato a giudizio per avere diffamato in
atto pubblico un professore, ha subito, il 3 novembre 2011, una
condanna penale a 400 euro di multa, oltre al pagamento delle spese
processuali, e al risarcimento dei danni nei confronti della
costituita parte civile, liquidati, in via equitativa, in 1.000 euro
più iva.
In Sicilia, a
Messina, il Tribunale ha condannato una dirigente scolastica a dieci
mesi e a 400 euro di multa. Secondo l’accusa (la notizia è apparsa,
oltre che sul sito Antonio Mazzeo Blog il 19 gennaio 2012 e su altri
siti, anche sul “Corriere della Sera”, a firma di Gian Antonio
Stella, il 4 febbraio 2012), la preside che, “con più azioni
esecutive del medesimo disegno criminoso” e “con artifizi e
raggiri”, avrebbe consentito che un collaboratore scolastico
(condannato contestualmente a sette mesi e 300 euro di multa)
“fuoriuscisse dal luogo di lavoro senza avere mai chiesto ed
ottenuto alcun atto autorizzativo e senza essere in congedo”.
Sarebbe risultato che “molteplici riscontri dimostrano che la
permanenza” del collaboratore scolastico “all’esterno dell’istituto,
lungi dal trovare giustificazione nell’espletamento dei servizi
affidati, si dovesse piuttosto all’esigenza di curare
(prevalentemente e non esclusivamente) gli interessi personali
propri della dirigente scolastica, secondo una prassi non
circoscritta ai tre episodi acclarati dai servizi di appostamento
della polizia giudiziaria, se non addirittura pressoché costante nel
tempo”. In un comunicato del coordinatore nazionale della Gilda,
Rino Di Meglio “sottolineava scandalizzato”, così nell’articolo di
Gian Antonio Stella, che “la preside e il bidello”, questi usato
“come autista e cavalier servente per la spesa al supermercato”,
erano “ancora al loro posto”.
C’è anche il
caso in cui il collaboratore scolastico è stato inviato dal preside
all’ufficio postale per la spedizione di lettere niente affatto
pertinenti alla propria attività lavorativa di d.s. e all’istituto,
bensì di interesse personale dello stesso d.s. E la dsga che faceva
“notare” al d.s. l’irregolarità da lui commessa, e anche altre
irregolarità, invitandolo a non operare nello stesso modo, è stata
costretta a subire gli arbitrari comportamenti messi in atto da quel
preside-padrone nei di lei confronti. Una sequenza di comportamenti
arbitrari.
Un altro caso,
già oggetto di denuncia alla magistratura penale, è quello di un
d.s. (quindi, altrettanto preside-padrone) che avrebbe utilizzato le
buste della scuola (e magari altro) per un uso (individuale o altro
che possa essere stato) non consentito.
Un caso
particolarmente anomalo e paradossale si è verificato il 31 agosto
2011 in Calabria. Un’insegnante è stata “sospesa cautelarmene dal
servizio …, poiché indagata in un processo penale”, dal dirigente
vicario dell’Usr (direzione generale, ufficio 1, procedimenti
disciplinari). “Sospensione comminata fino alla definizione di tale
procedimento, con la contestuale disposizione della sospensione del
trattamento economico e del riconoscimento dell’assegno alimentare
nella misura del 50% dello stipendio”.
L’insegnante si
è rivolta, con ricorso d’urgenza ex articolo 700 c.p.c., al
Tribunale di Vibo Valentia, in funzione di giudice del lavoro, che
ha ritenuto il ricorso fondato e meritevole di essere accolto.
Nel suo ricorso,
l’insegnante aveva sostenuto l’invalidità del provvedimento di
sospensione dal servizio per incompetenza dell’organo emanante e per
violazione dei principi generali e correttezza e buona fede di cui
agli articoli 1175 1375 del codice civile, lamentando altresì,
quanto al periculum, “gli effetti gravemente pregiudizievoli del
citato provvedimento sulla sua immagine professionale, nonché sulla
sua vita di relazione”.
Da parte sua, il
“Ministero convenuto” sosteneva, tra l’altro, ma non suffragato dal
decreto legislativo n. 150 del 2009, la legittimità del
provvedimento di sospensione, considerato il clamore sociale
suscitato dalla vicenda nonché l’imminente avvio dell’anno
scolastico”. Tuttavia, senza produrre gli atti connessi al “decreto
di sospensione citato e dei quali non c’era traccia nel fascicolo di
costituzione del Miur, né gli stessi erano stati prodotti in seguito
ad apposito ordine giudiziale in tal senso disposto in una udienza.
Peraltro, nel parere a firma della d.s. già depositato risultava che
“nessun provvedimento giudiziario è pervenuto alla scuola in
relazione ad eventuali responsabilità attribuibili all’insegnante” e
che l’insegnante “non figura nell’elenco delle persone per le quali
il sostituto procuratore ha ritenuto di dover emettere
l’informazione in merito all’esecuzione di misura cautelare
custodiale, per come avvenuto per altre quattro maestre, né ha
ritenuto di dover fornire ulteriori informazioni in merito, quando
richiesto dall’Articolazione Territoriale Provinciale di Vibo
Valentia”.
Pertanto, il
Tribunale di Vibo Valentia accoglieva il ricorso dell’insegnante e
per l’effetto annullava la disposizione dirigenziale del 31 agosto
2011, condannava il Ministero convenuto a reintegrare la ricorrente
in servizio e al pagamento delle spese di lite liquidate in
complessivi 800 euro.
In Toscana, a
Prato, un’ex preside e un’insegnante sono state condannate (la
notizia è stata diffusa da Paolo Nencioni il 12 novembre 2011)
perché “riconosciute colpevoli di una specie di complotto ai danni
di una loro collega per farla trasferire”. “Per raggiungere lo
scopo” – così nell’articolo di Nencioni – “avrebbero falsificato il
verbale del consiglio di classe, un consiglio di classe che fu una
specie di processo alla professoressa”. E ci sarebbe anche altro. La
sentenza, nei confronti della quale è stato annunciato appello dagli
avvocati difensori delle persone condannate, ha fissato, a carico
delle persone condannate, la corresponsione di 10.000 euro alla
professoressa, mentre per eventuali danni si discuterà in sede
civile.
In Lombardia, il
giudice del lavoro di Monza ha stabilito, con la sua sentenza del 23
marzo 2012, che sia reintegrato nel suo posto di lavoro, e che venga
retribuito per il periodo intercorso fra il licenziamento e il
processo, un collaboratore scolastico che era stato licenziato dalla
dirigente scolastica in seguito a una visita medica richiesta dalla
stessa dirigente scolastica di un istituto di Cologno Monzese,
dirigente che peraltro “non aveva fornito alla Commissione medica
stessa tutta la documentazione dovuta”. Sostanzialmente, la d.s.
“aveva taciuto alla commissione la circostanza che il ricorrente
fosse stato assunto in quanto invalido civile e che quindi fosse
titolare dei diritti di cui alla legge 68/1999 ‘norme per il diritto
al lavoro dei disabili’, anzi rispondeva negativamente alla
richiesta di chiarimenti”. Così scrive il giudice nella sentenza:
“Com’è noto, la Pubblica Amministrazione ha la possibilità di
esaminare il fascicolo personale dei propri dipendenti e quindi ben
avrebbe potuto verificare agevolmente tale fatto”.
Tra i docenti
c’è chi, con sofferenza, trova la forza di manifestare di sentirsi
vittima di mobbing (gravissima forma di violenza morale o psichica),
di essere “in questo momento” il “bersaglio” di un “dirigente”,
“molto conosciuto il Lombardia, Milano, definito Brunetta di turno”
(chissà perché?), e – mentre comunica a Polibio un “potrei
raccontarle quello che definisco il mio incubo” (e pertanto Polibio
resta in attesa di conoscere quell’incubo nei particolari, corredato
di documenti) – riferisce che subito dopo le vacanze natalizie “c’è
stato un ennesimo collegio dei docenti che sembrava un b…….”. Non
sono mancati in Sicilia, per esempio a Catania, “fenomeni” di tal
fatta, con riferimento ai quali sono conservati nell’archivio
personale di Polibio relazioni e documenti “sconvolgenti” ed
“esilaranti” al tempo stesso.
In provincia di
Pordenone c’è anche il caso – reso noto a Polibio da Ass. Cult.
MusicArte (musicarte59@teletu.it),
che gli ha inviato il testo di un articolo di Fabio Frabetti, nella
cui premessa ha evidenziato che si tratta di “una vicenda che
scoperchia il fenomeno del mobbing nella scuola: si calcola che lo
subiscano circa 75.000 docenti, spesso in silenzio per paura di
ritorsioni”, con “conflitti che sfociano in casi di vero e proprio
mobbing a danno dei docenti” e a danno del personale Ata – del
licenziamento di un docente, Gianni Favro, di una scuola di San Vito
al Tagliamento. Un caso al quale appare necessario che venga
dedicata particolare attenzione da parte dello “specifico comitato
paritetico del mobbing” per accertare se c’è stata “una forma di
violenza morale o psichica nel contesto lavorativo” attuata da
chicchessia nei confronti del docente, nonché con ispezione tecnica
(finalmente, sembra che il concorso bandito cinque anni fa stia per
giungere alla sua conclusione, anche se, pur se i 79 candidati
ammessi alla prova orale entreranno in servizio, rimarranno scoperti
in tutto il Paese 220 posti di ispettore tecnico).
Polibio non
entra nel merito concernente il “caso Favro”, consapevole com’è che
i documenti sono assolutamente essenziali, e quindi fondamentali. Ma
è rimasto sbigottito nel leggere, nell’articolo di Fabio Frabetti,
che “l’insegnante licenziato per assenteismo senza tener conto della
giustificazione presentata” si reca “ogni giorno nell’atrio della
scuola”, nel quale ha “appeso vari cartelloni”, e attende che gli
“siano inviati il verbale delle audizioni degli addebiti
disciplinari per poterlo contestare, il certificato completo ed
esaustivo delle presenze presso il Conservatorio e la documentazione
al fine di difendersi dalle accuse e dai licenziamento” che Gianni
Favro qualifica con gli aggettivi “vile” e “infamante”.
“Telefonini,
registrazioni e diffide per difendersi dalle offese e dalle violenze
dei presidi-padroni”.
“Il registratore
per smascherare i dirigenti-padroni”.
“Violazioni dei
diritti dei lavoratori. Sanzionati dai giudici del lavoro i
comportamenti antisindacali di presidi-padroni”.
Polibio
Polibio informa i suoi lettori che presto sarà attivato il sito
http.//www.polibio.net. Si sta provvedendo a inserire in archivio
tutti gli articoli da lui scritti dal 10 luglio 2010 al 31 dicembre
2012. Nel sito saranno postati, oltre a essere postati nei siti che
attualmente li accolgono, tutti gli articoli personali, di volta in
volta successivi, e quelli di chi, avendo fatta richiesta, ha avuto
il permesso di postarli. |