Se anche la sinistra dimentica la scuola di Marina Boscaino da MicroMega, 16.1.2013 Abbiamo sperato – o forse ci siamo illusi – che qualcosa sarebbe cambiato. Dopo alcune settimane di pre-campagna elettorale Gruber - Formigli - Santoro - Vespa - Floris - Annunziata e compagnia, nessuno ha pensato di dedicare non dico una trasmissione, ma almeno qualche spazio di approfondimento al tema della scuola. A riprova che – in una sequenza di interventi (e di promesse elettorali) tarati intenzionalmente sul primato della mediaticità (Berlusconi docet) – un argomento di così scarso appeal continua a non avere diritto di cittadinanza. Il dramma reale (e non virtual-digitale) è che la scuola non pare avere nemmeno alcuna importanza concreta – quella che meriterebbe se considerarla una priorità non fosse un ricorrente esercizio retorico – nei programmi dei partiti politici e delle coalizioni che si stanno candidando a governare. I motivi di questa disattenzione sono molteplici. Certamente un ruolo fondamentale lo ha avuto il trattamento che la scuola ha subito nel corso degli ultimi lustri. Una campagna artatamente concepita e poi amplificata sin dai primi anni del 2000 (“contro” la scuola in generale; sottovalutando programmaticamente la funzione dello Stato nel settore dell'istruzione; delegittimando intenzionalmente i docenti tutti, senza cautela e con arroganza) da parte di governi ed editorialisti soloni-grilli parlanti, aedi del neoliberismo, (una campagna che si è sviluppata a parole, ma anche nella grossolanità degli atteggiamenti politici e nella sottovalutazione – quella davvero trasversale – di quanto l'istruzione sia strategica per la crescita e il progresso del Paese) hanno convinto definitivamente una gran parte di italiani del fatto che fosse non solo necessario, ma anche giusto ridurre il sistema di istruzione. Modificandolo da istituzione con finalità di promozione socio-culturale della comunità nazionale nel suo insieme a servizio individuale; e quindi – il passo è stato davvero breve – indicandolo come una delle fonti di risparmio primarie in epoca di vacche magre, contravvenendo peraltro ad una tendenza inversa, configurata da quella stessa Europa al cui esempio ricorriamo solo quando implica risparmio e contrazione. Ci sono riusciti. Oggi la scuola non solo non è ai primi posti delle agende dei partiti e delle coalizioni. Ma soltanto Landini e il vicepresidente di Confindustria, Lo Bello, le hanno dedicato uno spazio di riflessione diffuso in Tv, a evidente dispetto della volontà degli intervistatori. Una coincidenza significativa, su cui occorre riflettere. Altrettanto responsabile del disinteresse, dell’incuria, è l'atteggiamento di molti insegnanti, purtroppo la maggioranza. Sono quelli che continuano in astratto a mugugnare contro i test Invalsi, e poi eseguono diligentemente il compito concreto; quelli che non hanno mai detto una parola contro lo scempio (anche culturale) configurato dalla "riforma" Gelmini, di cui non si sono scomodati nemmeno a leggere i regolamenti; quelli che – catturati prima e soddisfatti poi dall'ondata di indignazione post proposta indecente delle 24 ore – hanno pensato di aver "portato a casa il risultato" solo perché la protesta – organizzata e sostenuta, spendendo tempo, studio, fatica, energie, da altri, tutt’ora mobilitati – è riuscita a scongiurare il peggio e a ripristinare uno stato di pseudo-normalità: il contratto collettivo di lavoro è scaduto da anni e probabilmente altri ne dovremo aspettare perché venga rinnovato. Sono quelli che hanno prestato assistenza al recente Rischiatutto fai fuori precari e di innescare l’ennesima guerra tra poveri (il concorso di Profumo) per la quale molti di noi avevano chiesto la rinuncia senza se e senza ma; sono gli stessi che afferrano spezzoni di cattedre per aumentare il proprio salario, danneggiando irreversibilmente gli stessi precari, che così non vengono chiamati. Sono, infine, gli stessi che ritengono che la "politica" non attenga alle nostre funzioni, alla nostra professione, al nostro essere cittadini e insegnanti. E invece il nostro – nel senso etimologico del termine e in quello della partecipazione consapevole – è certamente il mestiere più politico che esista. Perché a costoro – non interlocutori, non proponenti, non esigenti, non attraenti – politica, partiti dovrebbero dedicare risorse, attenzione, interlocuzione che non siano di maniera? Parlare di scuola, mondo della scuola, insegnanti come sede di corporativismo – lo ha fatto Monti da Fazio – è totalmente sbagliato: l’inerzia prevale; vigilanza e mobilitazione sono affidata all’energia e alla cultura democratica di relativamente poche persone, che da anni si spendono. All'appello girato in rete anche attraverso MicroMega per discutere – e magari convergere – su una piattaforma di 10 punti sulla scuola e per riservare alla scuola una specifica rappresentanza in Parlamento nella prossima legislatura tutti hanno fino a ora risposto con un silenzio che gronda significato; anche le coalizioni nelle quali ci sono partiti che – precedentemente – si erano detti favorevoli ai 10 punti. Il fatto che solo Francesca Puglisi, responsabile scuola del Pd e candidata al Senato, abbia esplicitato intenzionalità sulla scuola (che analizzeremo e monitoreremo, sperando che all'apprezzabile attenzione pre-elettorale seguano chiare intenzioni e azioni e provvedimenti precisi; ma registriamo, al contempo, una intervista ad Italia Oggi che scoraggia la speranza) fa sospettare che il tema scuola sarà gestito dalle prossime Camere – per quanto riguarda il centro-sinistra – in modo marginale, senza dialettica e posizioni motivate da studio, ricerca, esperienza. Temiamo una riedizione peggiorata del già inefficace “cacciavite” di Fioroni, del timoroso rifiuto di abrogare i provvedimenti del centro-destra; in questo caso dei cosiddetti “tecnici”. Mentre scrivo, mi giunge la notizia che Maria Coscia, Pd, in un convegno di Proteo, ha rilanciato il concetto di autonomia statutaria (ex Aprea e dintorni): nessuna battaglia è definitivamente vinta. Esistono ancora margini per invertire questa tendenza? E, soprattutto, esiste davvero, ancora, una genuina, spontanea, sincera attenzione nella sinistra italiana nei confronti della Scuola? |