L’interessante proposta del PD sulla scuola:
promessa costosa

di Stefano Stefanel ScuolaOggi 17.1.2013

E’ uscita da pochi giorni una interessante e organica proposta del Partito Democratico sulla scuola dal titolo L’Italia giusta si prepara a scuola, stilata dalla candidata al Parlamento Francesca Puglisi. Certamente molti contenuti della proposta riguardano l’opinione della Puglisi, anche se sarebbe interessante comprendere in che modo il Partito Democratico si posiziona in riferimento ad alcuni punti cruciali del documento. Proprio perché la proposta è interessante e il PD pare avviato a governare l’Italia può essere utile analizzare tecnicamente alcuni passaggi controversi, che rischiano – se non approfonditi o confermati – di minare tutto il progetto. L’impressione è che la proposta tocchi alcuni punti nevralgici del sistema, ma si presenti come talmente onerosa e composita da essere impraticabile. La analizzerò in alcuni punti critici, dando per acquisita una positiva visione d’insieme.

Fase costituente. “Promuoveremo una “fase costituente” con una grande consultazione nazionale e riporteremo gradualmente l’investimento almeno al livello medio dei Paesi OCSE (6% del PIL), tagliando altrove la spesa statale.” La proposta non dice qual è l’altrove. Il problema che si pone in questo passaggio del testo è collegare la fase costituente al graduale (anche qui non viene però detta la gradualità) aumento dell’investimento sulla scuola. Il rischio è di ricevere solo proposte che espandano la spesa.

“Tempo pieno e modulo a 30 ore con le compresenze” alla scuola primaria. Questa è certo una scelta legittima e che la scuola gradisce. Garantire tempo pieno e compresenze dappertutto significa comunque lievitare i costi per il personale in modo sensibile, rispetto a quanto avvenuto finora.

Allungamento del tempo scuola nelle scuole secondarie di primo grado. “Per la scuola media, punto critico per l'abbandono scolastico, dobbiamo reclutare una leva di insegnanti specializzati per preadolescenza e adolescenza, e allungare il “tempo scuola” (scuole aperte anche al pomeriggio con sport, tecnologia, studio in gruppo, laboratori, classe aperte ecc).”. Qui si aprono due fronti piuttosto critici. L’allungamento del tempo scuola nelle scuole secondarie di primo grado oltre ad essere un elemento da valutare perché ha delle ricadute diverse da regione a regione. In molte parti d’Italia il pomeriggio dei ragazzi è già molto pieno e quindi una generalizzazione delle aperture potrebbe risultare costosa e poco proficua. Complesso è invece il passaggio relativo all’assunzione di docenti specializzati. L’idea in sé è interessante ma si scontra contro il precariato, cui viene promessa l’assunzione in massa. Promettere, come fa il documento, di assumere 200.000 precari e poi contemporaneamente creare una nuova figura di professore senza aver ancora niente di attivo, mi pare un modo per confondere più che per chiarire. Mettiamo anche che questi corsi di laurea o di specializzazione per insegnare alle medie partano oggi: prima di cinque anni niente va a regime. Però l’emergenza è oggi e oggi gli studenti possono avere solo precari “storici” che attendono il loro turno in graduatoria.

Biennio unitario. “Per il ciclo superiore, il Pd propone un primo biennio unitario, così che la scelta a quale scuola iscriversi non sia fatta in 3° media, troppo presto, ma maturi dopo i primi due anni della secondaria.” Il documento sostiene in alcuni punti che non ci saranno nuove riforme nella prossima legislatura. Questa però è una riforma non da poco, anche perché il biennio liceale e quello degli istituti professionali non sono la stessa cosa. Credo che il pericolo più grande sia quello di trasformare la scuola “media” in una scuola quinquennale. Ed è una scelta strana, perché tutti unanimemente riconoscono che quello è il segmento più critico del sistema. Tenere quindicenni e sedicenni insieme dopo la media in assenza di scelte significa creare un grande caos e stabilire mescolanze inutili alla fine della scelta triennale. Il grosso rischio è di diminuire le potenzialità dei Licei, che sono l’unico segmento delle scuole secondarie non in crisi. Mi pare un’idea piuttosto contestabile.

Reclutamento. La proposta del PD non chiarisce se qualcuno ha fatto i conti per la Puglisi o i conti se li è fatti da sola. Mettiamo insieme i tre canali della proposta:

  1. “nuovo piano pluriennale di esaurimento delle graduatorie per stabilizzare i precari”; “metter mano a graduatorie dove ci sono 200 mila persone non è semplice, ma lo faremo e certamente non saràattraverso leggi finanziarie con tagli e smantellamenti”;

  2. “la nostra proposta prevede la selezione attraverso concorso dei migliori laureati per l’accesso alla formazione iniziale per ottenere l'abilitazione, un anno di prova attraverso tirocinio e supplenze brevi e firma del contratto a tempo indeterminato”;

  3. “sarebbe invece preferibile assumere, tramite un apposito concorso, una leva di insegnanti specializzati nella didattica per quella specifica classe di età (preadolescenza e adolescenza).”

In questo passaggio la proposta della Puglisi non tiene conto degli attuali ordinamenti in materia di reclutamento, non si occupa dei costi nel momento in cui una simile proposta diventa una promessa, non indica in quanti anni si assorbono i 200.000 precari, mentre si assumono i migliori laureati con i concorsi e mentre si specializzano e si assumono gli insegnanti per le scuole medie. Dico da osservatore tecnico: impossibile sostenere questo tipo di costi.

Edilizia scolastica. La proposta propone di agire attraverso due strumenti:

  1. allentamento del patto di stabilità per l’edilizia scolastica;

  2. 8 per 1000 all’edilizia scolastica.

Il problema sorge se si allenta il patto di stabilità per l’edilizia scolastica e non per le infrastrutture o gli ospedali. In realtà si demanda a enti locali e privati l’azione sulle scuole.

Da 0 a 6 anni. Il documento propone cose utili e condivisibili, con costi esorbitanti e investimenti statali tutti e solo per la scuola, che dovrebbe non solo assumere personale, ma anche costruire o comprare nuovi edifici.

Scuole aperte. “Vogliamo scuole aperte tutto il giorno, tutto l’anno e per tutta la vita.” Al di là degli slogan tutto questo impone progetti, soldi, personale. “Immaginiamo la scuola come luogo fondante di comunità, dove oltre ai necessari insegnamenti curricolari ci si può fermare il pomeriggio per studiare, da soli o in compagnia, trovando libri e computer che a volte gli studenti non hanno a casa, dove si può fare sport, suonare, recitare, imparare le lingue”. La Puglisi sottovaluta il problema della sorveglianza dei minori a scuola, che non esiste nei sistemi nordici o anglosassoni, dove anche bambini e ragazzi possono stare da soli senza essere sorvegliati con rapporti numerici precisi nelle scuole. Le procedure richieste per mettere a regime quanto proposto non aprirebbero solo questioni contrattuali ed economiche, ma anche questioni penali (sorveglianza) e organizzativa (i ragazzini non si autogestiscono in forma semplice e automatica se non nelle scuole secondarie di secondo grado).

Organico funzionale. L’idea è corretta e interessante, ma anche in questo caso espansiva. Non è chiaro se nella proposta del PD l’organico è funzionale in riferimento al curricolo scolastico o a questa apertura tutto il giorno, tutto l’anno, tutta la vita. Questa incertezza va a toccare il punto sull’orario degli insegnanti, che viene disegnato in maniera molto confusa dalla proposta: “Con il prossimo contratto nazionale di lavoro, vorremmo consentire agli insegnanti di scegliere fra due opzioni: la prima è quella attuale di 18 ore settimanali di lezione; la seconda è un orario per cui le attività svolte oggi a casa, come la correzione dei compiti, la ricerca didattica, ecc. vengono svolte direttamente a scuola nel pomeriggio. Ovviamente chi sceglie la seconda opzione dovrà essere retribuito maggiormente, avvicinandosi ai migliori livelli europei, e dovrà avere accesso esclusivo agli sviluppi di carriera (come le funzioni obiettivo o la posizione di dirigente scolastico).” Mi pare che così la questione dicenti ancora più confusa. Se ci sono insegnanti a 18 ore e insegnanti a (poniamo) 40 ore dove va a finire la collegialità? E come si integrano le ore? Inoltre nella proposta della Puglisi c’è una evidente progressione di carriera dei docenti, che dovrebbe essere esplicitata in forma un po’ più organica e omogenea e non in forma così implicita.

Decentramento. La proposta qui è forse volutamente abbozzata. Si conoscono i problemi del PD col DDL 953 (Aprea) sulla riforma degli organi collegiali e dunque la scorciatoia è probabilmente d’obbligo. Ci sono però un paio di passaggi che vanno comunque evidenziati: “Una strada possibile è quella di svuotare il Miur e decentrare verso le Regioni: il rischio di aumentare ulteriormente i già enormi divari territoriali è però molto elevato.”. La posizione è legittima, ma anti costituzionale, in quanto il Titolo V riformato della Costituzione dice di fare proprio quello che il PD non vuole fare. “La soluzione preferibile, è quella di realizzare pienamente l'autonomia delle singole scuole in campo didattico, finanziario, amministrativo e gestionale, rafforzando al contempo la verifica dei risultati dal parte del centro. Il centro rinuncia quindi ai compiti di autorizzazione amministrativa a priori, ma mantiene il ruolo di valutatore a posteriori, oltre a fissare le indicazioni nazionali (i programmi) e le competenze richieste al termine di ogni ciclo scolastico. E' chiaro che gli organi interni alle 8127 istituzioni scolastiche (di cui 1.500 ancora prive di dirigente scolastico) dovrebbero essere adattati alla maggiore autonomia decisionale delle scuole: il dirigente scolastico non può rimanere senza un controllo efficace da parte del consiglio di istituto, in modo da garantire una verifica di qualità.” La Puglisi nel testo fa confusione palesemente in due punti:

  1. o sono “Indicazioni” o sono “Programmi”: tertium non datur;

  2. il dirigente scolastico deve essere valutato per legge (d.lgs 165/2001, d.lgs 150/2009) e pertanto il “controllo efficace” del Consiglio d’istituto si dovrebbe applicare su un soggetto già controllato dallo stato, che gli fornisce gli obiettivi contrattuali da raggiungere: come fa un dirigente ad avere due controllori non necessariamente in armonia tra loro?

 

Catastrofe scuole medie. E’ interessante leggere il passaggio del documento in cui si dipinge la catastrofe che incombe sulle scuole medie:

  1. “il problema è che il passaggio da un modello di scuola accogliente come quello della scuola primaria a uno strutturato rigidamente come quello della secondaria di primo grado”,

  2. “l'eccessiva frammentazione delle materie (11-12)”,

  3. “le tecniche didattiche obsolete”,

  4. “l'età avanzata dei docenti si scontrano con un'età pre-adolescenziale (11-14 anni), che richiederebbe un'attenzione esclusiva e una didattica specializzata.”

Davanti a questa totale catastrofe con docenti vecchi e che utilizzano tecniche obsolete non credo la soluzione migliore sia immettere in quel segmento di scuola nuovo precariato. Se poi le materie sono troppe vanno tagliate. Ma questa è una nuova e pesante riforma, non un semplice passaggio programmatico.

Valutazione. “Solo un ente terzo può indicare punti di forza e di debolezza della singola scuola in modo oggettivo”. “Un serio meccanismo di valutazione delle scuole è quindi un elemento necessario per migliorare la qualità e l'equità della scuola”. “La valutazione deve servire a far raggiungere a ciascuna scuola, il massimo del proprio potenziale, accompagnandola verso il miglioramento con l’istituzione di un unico Istituto Nazionale per la Valutazione e la Ricerca Educativa”. Non è chiaro se questo ente è un nuovo ente o è l’Invalsi trasformato. Anche perché nella proposta della Puglisi l’Invalsi non viene citato mai. La valutazione è fondamentale, ma tutti i tentativi di imporne una esterna alle scuole con una valenza di qualche genere incontra ostacoli insormontabili.

8 milioni di tablet. Anche nella proposta della Puglisi si dà per scontato che la tecnologia collegata alla didattica debba passare da una spesa statale. Non si prende cioè in considerazione l’utilizzo di tecnologie di proprietà per svolgere attività didattica. “Dotare insegnanti (adeguatamente formati) e alunni di materiale tecnologico anche in comodato gratuito”. “La dotazione per insegnanti e alunni del materiale tecnologico anche in comodato gratuito per le attività di didattica in piccoli gruppi.” Stiamo allora parlando di circa 8 milioni di tablet che lo stato dovrebbe comprare e dare in comodato. Così studenti e docenti avrebbero due strumentazioni: una privata (che ormai hanno tutti) e una di proprietà della scuola.