Accoglienza e integrazione degli Alunni stranieri

Nota di sintesi, riflessione e proposte elaborata nel corso di formazione
per l’accoglienza e integrazione degli Alunni stranieri.

Arezzo, maggio 2012

Domenico Sarracino e Lorenzo Luatti Educazione & Scuola 16.1.2013

Alunni Stranieri: il 37% viene “fermato” alla fine del primo anno di scuola superiore e l’11% abbandona. Che cosa possono fare la scuola e le istituzioni locali?

 

Premessa

Nella presente Nota riportiamo le riflessioni e le proposte emerse dal corso di formazione “Gli alunni stranieri: le criticità nel passaggio dalla scuola secondaria di 1° grado alla scuola secondaria di 2° grado e i miglioramenti possibili”, tenutosi ad Arezzo nell’anno scolastico in corso (2011/12), al quale hanno partecipato docenti referenti e/o funzioni strumentali per gli alunni stranieri e per l’orientamento scolastico appartenenti ai due cicli scolastici.

Il documento è rivolto ai dirigenti scolastici, ai collegi dei docenti e a tutto il mondo della scuola affinché la complessità del fenomeno sia presa in carico non solo dai docenti referenti – che costituiscono comunque i punti di riferimento e i coordinatori delle iniziative – ma dalla intera comunità dei docenti, sia per l’aggiornamento-formazione professionale che si rende necessario per tutti, sia per gli interventi che ciascuno è chiamato a realizzare in classe e nelle singole discipline. Il documento è posto all’attenzione delle amministrazioni e delle istituzioni locali e del mondo associazionistico, affinché vi sia una presa di coscienza collettiva su tale problematica e una visione lungimirante nel prospettare le azioni di inclusione e di inte(g)razione

 

Alcune criticità

Nella variegata problematica dell’integrazione e della riuscita scolastica degli alunni con cittadinanza non italiana, tra i punti di criticità che permangono – nonostante il cammino percorso e i molti passi in avanti compiuti – assume particolare rilievo quello che il “Dossier Statistico Immigrazione 2010” di Caritas/Migrantes ha chiamato “integrazione subalterna”, intendendo con questa espressione l’insieme dei fattori che connotano come particolarmente svantaggiata la frequenza della scuola degli alunni stranieri e in particolare di quelli neo-arrivati.

I dati nazionali che evidenziano questa condizione sono noti da tempo, ciò nonostante essi sono rimasti sostanzialmente immodificati. Il ritardo scolastico che aumenta nel corso degli studi – un alunno straniero che frequenta la terza media, ad esempio, ha un’età più elevata di uno, due o più anni nel 54% dei casi, mentre fra gli italiani è in ritardo alla fine della scuola secondaria di I grado meno del 10% del totale –; la forte canalizzazione delle scelte scolastiche verso l’istruzione professionale (oltre il 40%) e tecnica (il 38%); i tassi di ripetenza che insieme agli abbandoni crescono lungo gli anni del percorso scolastico e toccano punte di particolare acutezza negli anni di passaggio e soprattutto nel primo anno delle scuole superiori (Miur, 2011).

Queste cause sono tra loro strettamente collegate e disegnano una sorta di “circolo vizioso”: inserimento penalizzante in ingresso (uno/due anni indietro rispetto all’età anagrafica) che colpisce soprattutto i neo-arrivati; maggiore probabilità di riportare esito negativo soprattutto alla fine del primo anno di ogni ciclo di scolarità; marginalità sociale che diventa anche solitudine relazionale nel tempo extrascolastico; mancanza di adeguate figure di riferimento in grado di aiutare lo studente nello studio/compiti a casa; difficoltà della famiglia ad accompagnare i figli nel momento delle scelte scolastiche (spesso orientate “al ribasso”) e a sostenerne motivazioni e progetto.

I dati sopra menzionati – alto ritardo scolastico, forte canalizzazione nei percorsi di studio professionalizzanti e più brevi, esiti negativi e abbandoni – esprimono con nettezza la condizione di svantaggio degli alunni figli dell’immigrazione, rispetto alla quale la scuola deve riuscire a mobilitare vecchie e nuove energie se vuole operare per rimuovere gli ostacoli, realizzare pari condizioni di partenza, creare le condizioni per il successo scolastico, essere inclusiva ed accogliente. L’obiettivo è alto: partire dal “basso” consente sempre di costruire con gradualità percorsi e strumenti condivisi.

 

Il passaggio alla scuola superiore: un momento delicato per tutti

Tra quelli citati, il dato che richiede maggiore attenzione da parte delle comunità scolastiche, riguarda l’altissimo tasso di ripetenza nel passaggio dalla scuola secondaria di I grado alla secondaria di II grado. Si tratta di un momento “cruciale” nella storia scolastica di ogni studente, nel quale vengono “al pettine” molteplici fattori di criticità.

Alcuni dati riferiti all’a.s. 2010/11, elaborati dalla Sezione Immigrazione dell’Osservatorio Sociale Provinciale in collaborazione con l’Osservatorio scolastico della Provincia di Arezzo, possono aiutarci a capire quanto andiamo dicendo. Nel 1° anno delle scuole superiori il 36,5% degli alunni stranieri iscritti è “fermato”, e un altro 11% si ritira in corso d’anno (questo dato di “abbandono” riguarda interamente gli istituti professionali). Il passaggio dalla scuola secondaria di I grado alla superiore si rivela “delicatissimo” per tutti gli studenti: per gli alunni stranieri nati in Italia, ovvero le cosiddette “seconde generazioni” in senso stretto che presentano tassi di ripetenza poco inferiori agli alunni stranieri ricongiunti (pari al 35%), ma al contrario di questi ultimi hanno un tasso di abbandono pari allo zero (da qui emerge lo stretto rapporto tra ritardo scolastico e abbandono); e per gli alunni italiani che “bocciano”, nella classe 1^ delle superiori, con una percentuale molto elevata (pari al 16%), la più alta di tutto il ciclo di istruzione secondaria.

È su questo momento di passaggio che abbiamo voluto indagare, utilizzando contemporaneamente, forse per la prima volta, i punti di vista, le esperienze e le conoscenze di docenti diversi per compiti (referenti per gli alunni stranieri e per l’orientamento), appartenenti a scuole del 1° e del 2° ciclo, provenienti da diversi contesti territoriali della nostra provincia.

L’antico e più alto compito della scuola italiana – essere agente della promozione sociale, rimuovere gli ostacoli allo sviluppo delle potenzialità, creare le condizioni per le pari opportunità – che nel passato ha riguardato le differenze interne al nostro Paese, ritorna in forme nuove e si allarga a comprendere le “disparità” e contraddizioni che la rapida evoluzione mondiale trascina con sé. È per questo che abbiamo bisogno di più scuola, più attenzioni concrete alla scuola, più cura delle sue professionalità; e occorre ripeterlo, più risorse in organici, in tempo scolastico, in formazione, in figure professionali collaterali, in servizi; e più collaborazioni interistituzionali e con le risorse del territorio.

 

Come curare i “passaggi”: alcune proposte

Nel nostro percorso abbiamo messo da parte importanti rivendicazioni (che ciascuno potrà rappresentare in altre sedi e nei modi e tempi che riterrà opportuno) e ci siamo concentrati sul “qui” e “ora”, cioè su cosa è possibile fare fin da ora nel quadro della situazione esistente. Siamo partiti da domande semplici ma centrali, relative alle cause del fenomeno, chiedendoci su quali di esse sia possibile intervenire e, soprattutto, quali azioni coordinate e cogestite tra ordini di scuole possono essere intraprese sul piano didattico, organizzativo, relazionale e della continuità.

In particolare la discussione-ricerca si è concentrata sulle proposte – strumenti, azioni, iniziative – credibili, incisive ed efficaci, ma anche praticabili, da elaborare e sottoporre all’attenzione delle scuole. Ci siamo chiesti perciò che cosa debba avvenire (in termini di dispositivi, procedure, documentazione) nell’ultimo anno della scuola di I grado; che cosa nel primo anno delle superiori e, soprattutto che cosa si deve costruire nella “terra di mezzo”, nella fase di attraversamento del “confine” tra ordini di scuola, affinché in questa fase intermedia l’alunno non sia lasciato solo, e si eviti l’oscuramento del cammino fatto e della prospettiva di sviluppo tracciata, dei punti di partenza, degli adattamenti compiuti e delle potenzialità su cui si è fatto leva.

La proposta è costruire un “ponte” che, partendo dalla continuità del progetto didattico-educativo, evolva senza cesure e gradualmente nella discontinuità della nuova fase formativa. L’elemento di novità è che il “ponte” sia il frutto di un accordo tra le scuole, realizzato in condivisione e cogestione; che ci sia un momento – la fase iniziale del nuovo anno scolastico – in cui l’alunno fa ingresso nella scuola superiore accompagnato dai suoi docenti (e dunque dalla sua storia, dalle sue caratteristiche, dal suo percorso scolastico) al nuovo Consiglio di classe, che lo accoglie facendosi carico del raccordo sia per gli aspetti socio-relazionali sia per l’organizzazione in termini di gradualità dei nuovi apprendimenti.

La proposta appena enunciata, specificatamente rivolta agli alunni che presentano una situazione di maggiore vulnerabilità/problematicità, può essere così schematizzata.

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Scuola secondaria di I grado e scuola secondaria di II grado

Nella fase delle iscrizioni alla nuova scuola (da febbraio in poi) gli insegnanti referenti/funzioni strumentali per l’Orientamento scolastico e per gli Alunni stranieri prendono contatti con i lori colleghi della scuola di arrivo, verificano insieme le possibilità di accoglienza e integrazione, di prosecuzione e sviluppo del percorso personalizzato, gettano le basi per i successivi contatti e scambi di informazioni.

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Scuola secondaria di I grado

Nel terzo anno si compila una scheda di presentazione dell’alunno, del suo percorso scolastico, degli adattamenti previsti e delle potenzialità, che si conclude con la motivazione della promozione ed indicazioni per il raccordo didattico-educativo.

Nell’Allegato 1 presentiamo un modello di scheda condiviso dai docenti dei due ordini di scuola che hanno partecipato al percorso formativo. Una scheda da sperimentare ed eventualmente migliorare per renderla più funzionale agli obiettivi posti. È riferita agli alunni stranieri, ma può essere adattata anche agli alunni autoctoni.

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Scuola secondaria di I grado e scuola secondaria di II grado

Nei primi giorni dell’anno scolastico, durante la fase di programmazione, i docenti della classe di provenienza, insieme ai docenti referenti degli alunni stranieri e dell’orientamento scolastico incontrano i loro colleghi della scuola di II grado per presentare l’alunno sulla base della scheda di accompagnamento da essi predisposta.

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La scuola secondaria di II grado,sulla base del materiale fornito dalla scuola di provenienza e dell’incontro con i suoi docenti elabora una propria scheda di accoglienza e integrazione nella quale stabilisce gli adattamenti del percorso di studio in continuità e sviluppo con quello della scuola di provenienza e ogni altro accorgimento volto a facilitare l’inserimento-accoglienza nella nuova realtà scolastica e promuovere la riuscita scolastica.

Come azioni di sistema è importante prevedere che:

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al termine di ogni anno scolastico, e almeno per il primo biennio, la scuola secondaria di II grado comunichi alle scuole secondarie di I grado da cui sono giunti i propri alunni, gli esiti scolastici (e l’eventuale abbandono) dei medesimi, affinché la scuola secondaria di I gradosia informata sull’andamento di tutti gli alunni che ha avuto in terza media, al fine di non perderli di vista e così sviluppare maggiormente una dimensione di autodiagnosi rispetto a ciò che la scuola fa e “produce”;

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periodicamente i docenti delle scuole secondarie di I e II grado, referenti per gli alunni stranieri e per l’orientamento, si incontrano per scambiarsi i punti di vista, le esperienze e le conoscenze, e per monitorare i passi in avanti compiuti nel percorso di “continuità” qui proposto. Questi incontri potrebbero essere promossi e coordinati dall’UST di Arezzo (ex Provveditorato).

Rileviamo, inoltre, che gli elementi di accompagnamento e di accoglienza presenti in questa proposta – che hanno come segni di novità la condivisione e cogestione della difficile fase di passaggio – possono costituire indirettamente anche un modo per realizzare sul campo una migliore conoscenza reciproca tra i livelli scolastici, stimolata dalle possibilità di scambi di esperienza, di punti di vista, di compiti e finalità che possono dimostrarsi utili ai fini della costruzione di un sistema scolastico che, pur nelle differenze dei diversi stadi di sviluppo, sia più coeso e unitario in modo che ogni sua parte sia più consapevole e partecipe delle finalità complessive del singolo progetto nel contesto del sistema educativo nazionale.

 

Altre proposte, altre attenzioni

Dal proficuo interrogarsi e dall’impegno di ricerca per i miglioramenti possibili sono emerse altre proposte che riteniamo utili, e realisticamente percorribili. Esse fanno riferimento, nello specifico, al piano della continuità tra i due livelli di istruzione secondaria, nonché ai piani organizzativo, didattico e relazionale.

- La figura dello studente mentore/tutor. È stata rilanciata la proposta di sperimentare, ed eventualmente “istituzionalizzare”, nelle scuole superiori la figura del “compagno più grande” che aiuta, sostiene, consiglia ed è punto di riferimento per l’alunno straniero o italofono che sia, quando questi è in difficoltà o perche isolato o perché non capisce ancora le “cose” della nuova scuola (comportamenti dei compagni, abitudini e funzionamento della scuola. organizzazione). Quella del “compagno più grande”, il compagno accogliente, è naturalmente un’idea da approfondire e definire meglio, pensando anche ad una preparazione al compito e a forme di valorizzazione.

Si può prevedere anche, in accordo con la vicina sede universitaria, l’utilizzo di studenti universitari stranieri o di origine straniera, ma anche autoctoni, che accompagnino come tutor e “fratelli maggiori” i minori non italiani, anche per due anni: in terza media aiutando nella preparazione all’esame di terza, e durante il primo anno delle superiori. Così inteso, il tutor si presenta come una figura per la “continuità”.

-  Scheda di auto-narrazione prodotta dall’alunno. È stata segnalata l’opportunità di utilizzare una scheda di auto-narrazione nella quale l’alunno al 1° anno delle superiori (o, adattandola parzialmente, al 3° anno di scuola media), sulla base di uno schema guida, presenti se stesso, la sua storia scolastica e la sua prospettiva di futuro; una scheda – di cui presentiamo esempio nell’Allegato 2 – che sia di supporto alle scelte di chi la riceve, ma anche di aiuto all’alunno stesso che la produce perché gli permette di avere una migliore conoscenza di sé e una maggiore consapevolezza circa gli impegni e le sfide che lo riguardano.

E inoltre, sono emerse alcune indicazioni/raccomandazioni più generali che fanno riferimento alle tematiche dell’orientamento e dell’aiuto scolastico (dare più scuola a chi ne ha bisogno).

- Figure di prossimità. A supportare i passaggi e le scelte scolastiche vi sono anche figure di prossimità come i mediatori linguistico-culturali che possono informare, spiegare, dare voce ad aspettative e desideri altrimenti silenziosi, accompagnare in una fase iniziale. In particolare, l’intervento del mediatore può rivelarsi utile quando vi è uno scarso raccordo/comunicazione con la famiglia.

- Opuscoli plurilingui. Per superare o attenuare il vuoto informativo che possono avere i genitori immigrati e anche i ragazzi stranieri che arrivano in Italia direttamente dai Paesi d’origine, si rende opportuno disporre di uno schema (opuscolo) agile ed essenziale sul sistema di scuola secondaria, con il suo funzionamento e le principali caratteristiche delle diverse scuole secondari di II grado tradotto nelle principali lingue (una guida essenziale di questo tipo è già stata prodotta per le scuole del I ciclo).

- Attività di dopo scuola/aiuto allo studio. In collaborazione con i vari soggetti del territorio occorre aumentare il tempo dedicato agli studenti bisognosi anche nel pomeriggio per integrare la conoscenza della lingua italiana con attività varie.

- Laboratori linguistici per l’italiano delle discipline. La questione della complessità linguistica dei libri di testo e dell’italiano per studiare nelle superiori è di particolare rilevanza. Occorre rafforzare la lingua per lo studio con azioni didattiche mirate che accompagnino l’alunno in modo sistematico e continuativo per più lunghi periodi, nella consapevolezza che un buon controllo e uso della lingua passano necessariamente per la cura di lessici specifici e di esplicite esercitazioni.

Nel pensare e organizzare questi interventi occorre, da un lato, avere una visione chiara dei fattori di vulnerabilità che non consentono a molti giovani stranieri di progettare il proprio futuro con pari opportunità rispetto ai loro coetanei italiani; dall’altro, occorre riconoscere e valorizzare le risorse e le abilità di cui sono portatori i giovani migranti, i loro genitori e l’associazionismo etnico, affinché ciascuno possa dare, da protagonista, il proprio personale contributo, come attore di cittadinanza attiva e non soltanto beneficiario passivo.

 

L’importanza del “clima” scolastico

Per concludere, un’indicazione di lavoro che deve costituire lo sfondo di ogni contesto scolastico e educativo: il clima scolastico.

Un tempo nuovo è già tra noi, e ci impone di rivedere gli schemi e le coordinate con cui sinora abbiamo pensato ed agito e che hanno guidato il nostro stare insieme nella scuole e nella società.

Nel documento “La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri” (Miur, 2007) è contenuta un’importante considerazione: la presenza di alunni stranieri non è il “problema”, ma soltanto la spia di quanto stia cambiando il mondo e di quanto sia importante ed urgente aggiornare la nostra scuola.

L’ultima indicazione, perciò, riguarda l’importanza di lavorare sul “clima” scolastico complessivo. Essa è un’indicazione “aperta” nel senso che ciascuna scuola, valorizzando le proprie esperienze e potenzialità, è chiamata a dedicarsi esplicitamente alla cura e allo sviluppo di quegli elementi che favoriscono aggregazione, inclusione e socializzazione.

È a tutti noto quanto lo star bene con sé e con gli altri agisca sulla riuscita scolastica degli studenti ed in particolare di quelli più vulnerabili per la non regolarità del percorso scolastico o per quelle situazioni di solitudine e spaesamento che si producono quando si passa a nuovi contesti e a più difficili compiti.

Determinante, a questo fine, è che l’impegno per l’accoglienza-inte(g)razione sia tradotto in iniziative e forme organizzative capaci di permettere a tutti di esprimere le proprie potenzialità aprendo gli spazi e i tempi delle scuole alla partecipazione, alla responsabilità e all’autorganizzazione nella prospettiva dell’intercultura e della cittadinanza attiva. Pensiamo, cioè, a scuole che realizzino l’educazione alla cittadinanza (legge 168/2009) configurandosi anche come centri di vita culturale e sociale, aperte al nuovo, capaci di creare motivazione e voglia di impegnarsi, scoprire e fare: pensiamo ad attività teatrali, dibattiti, gruppi di studio, incontri con autori e personalità della cultura, giornali di Istituto, forme di volontariato e di solidarietà, gruppi musicali e sportivi, uso di nuove tecnologie e nuovi linguaggi artistici e comunicativi (filmati, cortometraggi, spot…).

È nel “fare insieme” che le persone si avvicinano e si “scoprono” facendo cadere steccati e barriere e costituendo gli spazi comuni della nuova cittadinanza.

 

Nuove prospettive di impegno e di lavoro sono indicate in questo documento e si aggiungono alle tante altre, ne siamo consapevoli. Ma i dati da cui siamo partiti non ci possono lasciare inerti o indifferenti.

Si ringraziano i docenti che hanno partecipato al corso, i quali con la loro esperienza e le loro competenze hanno contribuito alla realizzazione di questo documento

La stesura del testo è stata realizzata da Domenico Sarracino e Lorenzo Luatti.